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Documentari

La mostruosa influenza della Fabian Society in Italia (Documentario d’inchiesta – Parte 2)

La Fabian Society controlla buona parte della politica occidentale e l’Italia ne è il più lampante esempio. In questo breve documentario analizzeremo i rapporti di alcune importanti personalità politiche italiane con il mondo fabiano. Un viaggio nel globalismo più sfrenato tra filantropi, fondazioni, restrizioni e attacchi alla proprietà privata.

La mostruosa influenza della Fabian Society in Italia (Documentario d’inchiesta – Parte 2). In un servizio precedente abbiamo parlato della Fabian Society, illustrando la storia e la natura dell’organizzazione. Agli albori fautrice dell’eugenetica, promossa come scienza di purificazione razziale e controllo della popolazione, è stata caratterizzata da velati principi socialisti e imperialisti, propagandati attraverso una strategica infiltrazione riformista interna alle istituzioni. Ma non è tutto. Abbiamo deciso infatti di approfondire le dinamiche che legano numerose personalità politiche italiane al mondo fabiano. Per farlo dobbiamo partire dalla London School of Economics and Political Science come punto di riferimento. Proprio da lì, si dilaga a macchia d’olio in tutto l’occidente una visione socialdemocratica che da sempre condiziona la politica, compresa quella nostrana.

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Con la fondazione della LSE (London School of Economics and Political Science) nel 1894, i primi fabiani diedero vita ad un istituto scolastico che avrebbe indagato sui problemi sociali ed economici della tarda Gran Bretagna vittoriana e propagato le idee della Fabian Society di generazione in generazione. 

Dal 1895, la London School si sviluppò rapidamente attraverso sovvenzioni private e donazioni, l’edificio ad esempio fu finanziato anche dalla famiglia Rothschild. Non è un caso che tra i nomi associati all’istituto, troviamo Sir Evelyn Robert Adrian de Rothschild, in passato governatore della London School. Tutto riportato dallo stesso sito “ The Rothschild Archive ”. In ogni caso con il tempo l’istituto divenne un vero e proprio centro di influenza del socialismo fabiano e tutt’oggi rappresenta il cuore di una precisa visione socialista-democratica.

Tra le personalità di spicco associate alla LSE, ritroviamo noti volti italiani:

-L’ex Primo ministro italiano Romano Prodi. Dopo essersi laureato in giurisprudenza all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha perfezionato i suoi studi presso la LSE. 

-l’ex Direttore dell’Ufficio finanziario del Fondo monetario internazionale dal 2008 al 2013, Carlo Cottarelli. Ha conseguito un master in economia presso la LSE, che fin da subito gli ha spalancato le porte della Banca d’Italia e dell’ENI. Nel novembre 2014, su nomina del Governo Renzi, è diventato direttore esecutivo nel Board del Fondo Monetario Internazionale. 

Probabilmente non un caso la nomina data a Cottarelli da parte dell’ex Presidente del Consiglio. Renzi infatti si rifà esplicitamente a ‘La Terza Via’, ideologia di cui è ideatore un importante fabiano, il sociologo Anthony Giddens e adottata da un esponente politico anch’egli dichiaratamente fabiano, ovvero l’ex Primo Ministro del Regno Unito, Tony Blair.  Tale dottrina ha trovato terreno fertile anche nella sinistra americana a guida Clinton e nei democratici di sinistra italiani del PD.

A calcare il suolo della prestigiosa scuola inglese è stato un altro big della politica italiana, vale a dire: l’ex Premier Mario Monti. Nel 2012 tenne proprio lì una conferenza dal titolo “The EU in the global economy: challenges for growth”. Anche lui, come Prodi, proveniente dal Bilderberg. Il fabianesimo in Italia ha però radici molto più profonde. 

Una corrente di pensiero ispirata ai principi fabiani è stata quella di Carlo Rosselli. Giornalista, filosofo e storico, dichiaratamente antifascista, Rosselli fu il teorico del “socialismo liberale”, un socialismo riformista non marxista, ispirato dal laburismo britannico. Proveniente da un’agiata famiglia ebraica, diplomatosi all’Istituto tecnico, si iscrisse a Firenze al corso di Scienze sociali, laureandosi a pieni voti il 4 luglio 1921 con una tesi sul sindacalismo. 

Tramite il fratello Nello, conobbe Gaetano Salvemini, professore dell’Università fiorentina e frequentatore della LSE, il quale lo iniziò al socialismo liberale. In questo periodo, Rosselli si avvicinò al Partito Socialista Italiano, prediligendo la corrente riformista di Filippo Turati, per il quale scrisse anche sulla rivista ‘Critica Sociale’.  Nel 1923 conobbe Giacomo Matteotti, segretario dell’appena fondato Partito Socialista Unitario, al quale aderì insieme a molteplici riformisti espulsi dal PSI. Nel febbraio dello stesso anno, a Firenze, il gruppo dei socialisti liberali facente riferimento a Salvemini inaugurò il ‘Circolo di Cultura’. 

Il 9 luglio, Carlo si laureò in giurisprudenza all’università di Siena, con la tesi ‘Prime linee di una teoria economica dei sindacati operai’. Partì così per Londra, desideroso di conoscere il cuore del laburismo, di frequentare gli ambienti della London School of Economics e seguire i seminari della Fabian Society. Proprio in Inghilterra completerà la sua formazione venendo a contatto con molti esponenti di rilievo fabiani.

Tornato in Italia in ottobre proseguì la sua collaborazione con ‘Critica Sociale’ di Turati. Nel mese di novembre pubblicò un articolo importante, in cui invitava il Partito socialista a rompere con il marxismo, da lui stesso considerato come un ormai superato e cieco dogmatismo. Pose come alternativa “un sano empirismo all’inglese”.

La dottrina fabiana in Italia proseguì il suo corso con la fondazione del movimento libeal-socialista ‘Giustizia e Libertà’. Sigla fondata a Parigi nell’agosto del 1929 da diversi esponenti esuli antifascisti in contrasto con il regime italiano. Tra costoro si distinse proprio Rosselli, il quale ne divenne leader. 

Dopo la morte dei fratelli Rosselli, uccisi in Francia nel 1937 da sicari riconducibili all’estrema destra, l’eredità di ‘Giustizia e Libertà’ fu raccolta in seguito da altre sigle come il ‘Partito d’Azione’, fondato nel 1942 e disciolto nel 1947. Ad oggi il socialismo liberale non è assolutamente morto, in quanto tra coloro che si rifanno apertamente a questa ideologia c’è anche l’attuale Presidente del Consiglio, Mario Draghi

In una intervista del 2015, concessa al settimanale tedesco ‘Die Zeit’, Draghi fece chiarezza sulla sua visione politica: “ Le mie convinzioni rientrano in quelle idee che oggi verrebbero definite del socialismo liberale, quindi non proprio collocabili in raggruppamenti estremi”. Anche dal sito dello storico giornale socialista l’’Avanti’, sbuca un breve articolo targato febbraio 2021, dove viene messa in risalto la natura social-liberale dell’attuale Premier. Un’ideologia, a detta dello stesso articolo, abbracciata anche da Carlo Calenda, Matteo Renzi ed Emma Bonino. 

Non a caso, quest’ultima, una storica amica di George Soros, il filantropo americano sostenitore del movimento liberal del Partito Democratico degli Stati Uniti d’America, nonché finanziatore, attraverso la Open Society Foundation, di tutte le cause ultra-progressiste, come le ONG per l’immigrazione. 

Ebbene, sia il filantropo che sua moglie Tamiko Bolton, in vista delle elezioni politiche italiane del 2018, finanziarono il partito ‘+Europa’ della Bonino. Lei stessa lo ammise in una dichiarazione alla stampa nel 2019: “Da Soros abbiamo ricevuto 200mila euro l’anno scorso”.

La Bonino rivendica un’amicizia con l’uomo noto come colui che ha guadagnato con la vendita di valuta a pronti contro termine, una terminologia finanziaria per descrivere un contratto nel quale una banca cede in cambio di denaro un titolo ad un acquirente. Le sue speculazioni più importanti sono state quando il mercoledi nero (16 settembre del 1992) vendette 10 miliardi di sterline costringendo la banca d’inghilterra a svalutare la sterlina, così facendo guadagnando una cifra stimata di 1,1 miliardi di dollari. Operazione analoga fu da lui effettuata contro la lira italiana col risultato che questa fu svalutata del 30%

Sempre il magnate americano, in vista delle elezioni Europee del 2019, supportò 13 suoi uomini di fiducia all’interno delle liste del Pd. Tra i nomi anche l’ex ministro Cecile Kyenge e l’attuale sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. Non è certamente un caso che anche Soros proviene dalla London School of Economics, dove è stato allievo del filosofo e sostenitore della “società aperta”, Karl Popper. Dunque è la perfetta espressione della dottrina fabiana.

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Adesso però è arrivato il momento di attualizzare, di scoprire qual è stato il ruolo della Fabian nella gestione dell’emergenza Covid e più in generale in tutto lo scenario attuale. Per farlo bisogna partire da un big della sinistra: Massimo D’Alema, ex Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana ed ex Ministro degli affari esteri del Governo Prodi. 

Inizialmente anche lui fautore della Terza Via e dagli anni 90’ molto legato al fabiano dichiarato Tony Blair (colui che nel 2006 inaugurò il restauro della Fabian Window presso la LSE), D’Alema è stato sempre centrale nel mondo della sinistra social-democratica.

Nonostante ormai fuori dal Parlamento e soprattutto fuori dalla grande casa della sinistra del PD, D’Alema rappresenta ancora un punto di riferimento per una certa area politica. Questo è possibile grazie ai rapporti internazionali cuciti nel tempo, poiché ad oggi è il Presidente di ‘Italianieuropei’, una fondazione di cultura politica di area riformista, di cui fa parte anche l’attuale Ministro della salute, Roberto Speranza.

Ma non è finita qui, perché  è stato anche presidente, dal 2009 al 2017, del massimo pensatoio del progressismo europeo: la FEPS (Foundation for European Progressive Studies). Una fondazione affiliata al PSE, quindi all’area dei socialisti europei, e finanziata dal Parlamento europeo (addirittura si parla di una cifra di 4,5 milioni di euro l’anno). 

Tra la fondazione in questione e la Fabian Society ci sono buoni rapporti. D’Alema, nel 2016, in qualità di leader della FEPS è intervenuto alla Summer Conference della Fabian Society, sul tema “Britain’s Future, Labour’s Future”, “Il futuro della Gran Bretagna e del Partito laburista”. Al centro del dibattito l’allora referendum sull’uscita dall’Europa. Come abbiamo già visto, l’attuale Ministro Speranza è sempre stato vicino a Massimo d’Alema. Oltre ad essere membro della sua fondazione ‘italinieuropei’, con l’ex Premier condivide anche lo stesso partito, ‘Articolo1’.

Da un’inchiesta portata avanti dal giornalista e scrittore Davide Rossi nel suo libro ‘La Fabian Society e la pandemia’ emergono collegamenti molto interessanti sul Ministro. Attraverso un’analisi condotta da Rossi sul curriculum di Speranza, apprendiamo che quest’ultimo nel 2005 ha frequentato la Summer London School. 

A conferma di ciò, in un post facebook del 2015 tutt’oggi reperibile, il Ministro racconta infatti la sua esperienza di studio in Inghilterra: “il mio quarto giorno a Londra. Sto seguendo un corso intensivo di International economics alla London School of Economics, la scuola di economia diretta da Antony Giddens”.

Poi i toni si fanno più cupi e spiega come quel giorno si verificò l’attentato di stampo islamico alla metropolitana di Londra, che comportò 56 morti e circa 700 feriti. Speranza nel testo passa poi a parlare del discorso in diretta di Tony Blair, che ascoltò direttamente dalla LSE: “L’impatto è molto forte. Io, guerra in Iraq a parte, ho sempre avuto un debole per Blair. E molto strana e difficile da descrivere la sensazione di sentirlo parlare, in un giorno così difficile, dentro la Lse”. Nei vari passaggi successivi, continua a mostrare forte ammirazione per Blair. Questo dimostra ulteriormente una forte vicinanza di Speranza a quel preciso mondo politico.

La domanda che sorge spontanea è come fa un personaggio come Speranza, privo di particolari carismi e di preparazione in campo medico, a ricoprire la carica più importante in questo contesto. Una risposta a tale quesito non si trova neanche nel partito di appartenenza, poichè ‘Articolo 1’ è una sigla completamente ininfluente sullo scenario politico attuale, che non possiede la minima rilevanza in alcun sondaggio.

Prima di lui, nel governo giallo-verde, il ruolo di Ministro della Sanità era stato affidato alla deputata pentastellata Giulia Grillo, laureata in medicina e chirurgia. Sicuramente una persona specializzata nel campo e un’espressione popolare, in quanto figura appartenente al partito più votato in Italia nelle elezioni del 2018. Improvvisamente, con la fine del Governo M5s-Lega, concluso con delle dimissioni a dir poco misteriose di Matteo Salvini, nasce il Governo Conte 2 formato dal M5s, il Pd ed altri gruppi minoritari di sinistra come lo stesso ‘Articolo 1’. Alla Grillo succede Speranza.

La gestione della vicenda Covid da parte del Ministero della salute a guida Speranza è stata oggetto di attacchi da ogni fronte. Questo perchè, come chiarito da diverse inchieste, ha tentato in tutti i modi di non far accedere ai medicinali disponibili per curare a casa questa infezione. Persino il semplice cortisone non è previsto dal protocollo delle cure domiciliari. Solo tachipirina e vigile attesa. Tutto ciò ha causato diverse morti di persone anziane, panico e intasamento degli ospedali. Il tutto, sembrerebbe, allo scopo di creare focali per poter gridare all’emergenza sanitaria. Da qui deriva tutta la politica chiusurista che vede nei lockdown l’unica fonte di salvezza.

Con la fine del Conte 2 e la nascita del Governo unitario a guida Draghi, Speranza, nonostante tutto, viene riconfermato per lo stesso ruolo.

A primo impatto sembrerebbe che qualcuno abbia tutto l’interesse a far perdurare un discorso emergenziale in eterno, ma la conferma arriva proprio quando si ascoltano le parole profetiche del Premier Draghi: “ […] è necessario per prevenire epidemie, nuove pandemie. Soprattutto in generale per assicurarci una preparazione ai prossimi, purtroppo, inevitabili danni sanitari”. Non da meno quelle del Ministro Speranza rivolte alla pandemia e al vantaggio che la sua area politica potrebbe trarne: “dopo tanti anni controvento per la sinistra ci sia una nuova possibilità di ricostruire un’egemonia culturale su basi nuove”.

Basi nuove che prevederebbero un nuovo ordine, una riplasmazione della società, cominciata ufficialmente con il Green Pass, di cui l’Italia e il suo Governo sono stati promotori insieme alla Francia. Nello scorso servizio abbiamo parlato dei principi cardini della Fabian Society, uno su tutti l’abolizione della proprietà privata, elemento che ritroviamo nel modus operandi politico attuale. Innanzitutto, ciò che si può notare a primo impatto è un forte attacco al ceto medio. La piccola-media impresa è la più penalizzata da queste misure di restrizione, che sembrano invece favorire i colossi delle multinazionali. 

In secondo luogo c’è un costante attacco alla proprietà privata anche attraverso un linguaggio che gradualmente sta prendendo sempre più piede nella società. Sono molte le personalità socialisteggianti che tentano di imbastire i loro ideali in nobili cause. Un esempio  è il sindacalista Landini, il quale nell’ottobre 2021 ha dichiarato in merito alla violenza sulle donne: “Provate a pensare che danni può creare l’idea della proprietà privata: le persone non sono proprietà di nessuno”.

Addirittura dal primo numero del 2021 di ‘The Economist’, il settimanale degli Agnelli e dei Rotschild, si possono leggere queste parole: “La proprietà della casa è il più grande errore di politica economica dell’Occidente. È un’ossessione che mina la crescita, l’equità e la fede pubblica nel capitalismo”. Infine: “È urgentemente necessaria una nuova architettura”.

In un articolo di ‘Alma News 24’ dell’aprile 2021, firmato da Riccardo Pedrizzi, si parla di attacco alla proprietà privata. Si fa riferimento in maniera critica alle tasse sul patrimonio, come Imu e Tari, ma soprattutto all’ingiustizia per il continuo blocco degli sfratti, che consente anche ad un moroso incallito, che non paga l’affitto e le spese condominiali da anni, di non restituire la casa. Anche questa un’altra difficoltà di contorno alla narrativa emergenziale. Nello stesso testo viene posta l’attenzione sulla gravità delle affermazioni di ‘The Economist’, intese come la dichiarazione di guerra contro la proprietà immobiliare da parte dei grandi centri finanziari. Quanto espresso da ‘The Economist’ è esattamente il programma del Forum di Davos, che prevede la soppressione della proprietà degli alloggi e la loro confisca.

Al di là di come la si pensi, non si può negare che i principi fondanti della Fabian abbiano preso ormai il controllo di buona parte dell’occidente, a partire dall’Italia, che in tale situazione riveste sicuramente un ruolo di apri fila per le altre Nazioni.

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🔴 Acquista il saggio d’inchiesta “Fabian Society – L’organizzazione che ha rimodellato le società europee su presunte basi socialiste riformiste attraverso manipolazione e infiltrazioni politiche occulte spinte da propaganda mediatica globalista” di Francesco Mastrobattista, a cura di Eugenio Miccoli per Millimetro Zero Edizioni.

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