“1984”- l’opera di George Orwell – fa parte di una lista di romanzi identificati come “offensivi e sconvolgenti”. Sembra assurdo ma è quanto avviene presso la Northampton University in Inghilterra, dove gli studenti vengono messi in guardia dal personale dell’università, attraverso un modulo chiamato “Identity Under Construction”, su qualunque libro affronta questioni impegnative relative a “violenza, genere, sessualità, classe, razza, abusi, abusi sessuali, idee politiche e linguaggio offensivo”.
Ma il libro di Orwell è solo una delle tante vittime sacrificali cadute nel rogo della nuova inquisizione. Altri romanzi sconsigliati, presenti nella lista “offensiva”, sono le opere di Samuel Beckett, Alan Moore, David Lloyd e Jeanette Winterson. Addirittura anche il romanzo di Mark Haddon del 2003 – “The Curious Incident Of The Dog In The Night-Time” – sarebbe inappropriato perché contenente “morte di un animale, abilismo e disabilità e linguaggio offensivo”.
Quanto avvenuto non segna altro che l’evolversi costante della cosiddetta “cancel culture”, fenomeno ormai dilagante in tutto l’occidente. A pagarne le conseguenze è la base fondante delle nazioni, le radici culturali dei popoli: libri, opere d’arte, monumenti e chi più ne ha più ne metta.
L’episodio avvenuto conferma inoltre che il capolavoro di Orwell – “1984” – non è un semplice romanzo, ma un pilastro della distopia, capace di guardare oltre il suo anno di realizzazione, ovvero il 1948, e prevedere un futuro caratterizzato da una società deteriorata e impregnata da un costante controllo maniacale dell’individuo, soprattutto psicologico. L’opera infatti pone al centro della storia una società piegata ad un terribile totalitarismo moderno, in cui vige un regime promosso dal partito unico con a capo il ‘Grande Fratello’, entità misteriosa. Questa figura possiede un controllo tecnologico h24 sulla società, attraverso i suoi occhi che sono dei teleschermi, televisori forniti di telecamera, installati per legge in ogni abitazione. Elementi particolarmente importanti nel romanzo sono: la “psicopolizia”, organo di vigilanza creato per reprimere ogni pensiero divergente e la “newspeak”, la neolingua, ovvero un linguaggio controllato con grammatica semplificata e vocabolario ristretto per limitare nell’individuo la capacità di porsi domande e articolare pensieri.
Forse è proprio questo ciò di cui qualcuno ha paura? Che tali contenuti possano suscitare una presa di consapevolezza? Che possano indurre gli studenti a sviluppare quella capacità critica, ormai sempre più scarseggiante negli ambienti accademici, sempre più corrotti dal conformismo dominante? Dopotutto la stessa cultura della cancellazione attuata dall’Università in questione è l’esempio più lampante di quanto Orwell avesse ragione attraverso i suoi contenuti. Vero, Orwell affronta temi relativi a “violenza, genere, sessualità, classe, razza, abusi, abusi sessuali, idee politiche e linguaggio offensivo”, ma lo fa ad uno scopo, quello di aiutare a comprenderli e prevenirli. Noi di MePiù, in alcuni documentari d’inchiesta in merito alla Fabian Society, avevamo infatti posto l’attenzione, sulla base di numerose fonti, su come in realtà “1984” fosse un vero e proprio avvertimento per gli scenari futuri. Orwell era un importante conoscitore delle logiche di determinate società occulte, che da sempre agiscono all’interno delle istituzioni occidentali, tra cui il sistema scolastico, e conosceva bene i loro reali intenti.
In ogni caso, quanto avvenuto presso la Northampton ha allarmato anche il deputato conservatore Andrew Bridgen, il quale ha dichiarato: “C’è una certa ironia sul fatto che agli studenti vengano ora emessi avvertimenti di innesco prima di leggere Nineteen Eighty-Four. I nostri campus universitari stanno rapidamente diventando zone distopiche del Grande Fratello in cui la neolingua viene praticata per diminuire la gamma del pensiero intellettuale e cancellare gli oratori che non si conformano ad esso. Troppi di noi, e da nessuna parte è più evidente delle nostre università, hanno liberamente rinunciato ai nostri diritti per conformarsi invece ad una società omogeneizzata governata da un’élite liberale che ci ‘protegge’ da idee che credono siano troppo estreme per la nostra sensibilità“.
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