Klaus Schwab è un filantropo tedesco, ideatore delle teorie conosciute come “La quarta rivoluzione industriale“ e “The Great Reset“, fondatore e presidente del World Economic Forum, più comunemente noto come ‘Davos’, luogo nel quale si tiene il celebre meeting sovranazionale. I tentacoli di questo Forum e del suo fondatore appaiono, alla luce delle nostre ricerche, molteplici, infiniti e vanno analizzati uno alla volta.
Esistono una lunga serie di organizzazioni create con il solo scopo di manipolare le sorti del pianeta e la vita di persone come me e te. Sono associazioni filantropiche, think tank e fondazioni impropriamente denominate “indipendenti”. Alcune hanno nomi di spicco, altre si nascondono dietro il velo della manipolazione mediatica.
Uno di questi è Brookings Institution: un centro di ricerca senza scopo di lucro, fondato nel 1916. La sua sede centrale si trova a Washington D.C. negli Stati Uniti. Al suo interno personaggi come Mario Draghi, Paolo Gentiloni e molti tra i membri di altre altisonanti fondazioni.
Oggi iniziamo a conoscere questa ennesima aggregazione di “demiurghi“ attraverso il documentario d’inchiesta realizzato da MePiù.
Abbiamo messo ordine e trovato i collegamenti della fitta ragnatela di società filantropiche e centri di potere globale. Abbiamo potuto constatare come queste sigle collaborano e i loro percorsi si intrecciano verso intenti comuni. Lo abbiamo visto con il servizio di cui è protagonista Giorgia Meloni con l’Aspen Institute, come anche nel mini documentario sulla premiazione di Mario Draghi a Statista dell’anno.
Oggi prendiamo il caso della Brookings Institution, che raccoglie intorno a sé, l’intera galassia di società, Think tank e fondazioni che regolano i processi della globalizzazione.
Cos’è la Brookings Institution? Ho bisogno di qualche minuto per parlartene e soprattutto della tua attenzione fino alla fine di questo articolo. La faccenda è molto complessa. Stai attento.
Cos’è la Brookings Institution?
Iniziamo con l’analizzare la natura e l’origine di quella che appare come un’organizzazione no-profit di politica pubblica con sede a Washington. La missione della Brookings, ad oggi, sarebbe quella di condurre ricerche approfondite per sviluppare nuove idee al fine di risolvere i problemi della società a livello globale. L’organizzazione riunisce più di 300 esperti di spicco in ambito politico-governativo e non solo. I temi di ricerca su cui si concentra riguardano la politica estera, l’economia, lo sviluppo e la governance.
Il suo principale fondatore fu Robert Somers Brookings, importante filantropo statunitense proveninente dal War Industries Board, vale a dire l’agenzia governativa degli Stati Uniti che aveva il compito di coordinare gli acquisti di materiale bellico durante la prima guerra mondiale. Proprio presso questa agenzia, Brookings ricoprì i ruoli di Commissario per i prodotti finiti e Presidente del comitato per la fissazione dei prezzi, tanto da divenire il collegamento tra il governo e centinaia di industrie belliche.
Ma ancora non è nata la Brookings Institution. Infatti, per “aiutare” i Governi nelle decisioni, nel 1916, il filantropo, insieme ad altri riformatori, creò la prima organizzazione privata dedicata allo studio delle politiche pubbliche nazionali: l’Institute for Government Research.
Oltre a questo, Robert crea altre due organizzazioni: nel 1922 l’Institute of Economics e, nel 1924, la Graduate School of Economics and Government. Nel 1927 gli istituti e la scuola, fondendosi, danno vita all’attuale Brookings Institution.
Finanziatori: i soliti Rockefeller BlackRock, Facebook, Bill & Melinda Gates e gli altri.
Oggi i finanziatori della Brookings sono numerosissimi. Tra i nomi più celebri troviamo anche in questo caso: la Rockefeller Foundation, il Rockefeller Brothers Fund, la Bill & Melinda Gates Foundation con ben due progetti di finanziamento12 differenti, Facebook, Mastercard Foundation, Google, Ford Foundation, Amazon, Microsoft, BHP Foundation, Carnegie Corporation of New York, BlackRock Financial Management, Visa e moltissime altre sigle. Tutte informazioni consultabili nei documenti “The Brookings Institution’s Contributors List”, presenti sul sito ufficiale.
1 https://www.gatesfoundation.org/about/committed-grants/2021/10/inv036705
2 https://www.gatesfoundation.org/about/committed-grants/2020/11/inv006344
Quanto detto finora, può aiutare a farci un’idea di chi controlla veramente Brookings. Se non dovesse bastare, diamo un occhio ai curricula dei membri dirigenti.
Dirigenti e nomi noti nella Brookings Institution.
Tutti hanno legami con i massimi centri del potere mondiale. L’attuale Presidente ad interim è Amy Liu, subentrata a Ted Gayer, un economista americano, presidente del Niskanen Center, altro Think Tank americano di cui ci occuperemo in un prossimo servizio. Anche Strobe Talbott, ex Vicesegretario di Stato degli Stati Uniti d’America, ne è stato presidente dal 2002 al 2017.
Ad oggi i suoi co-presidenti sono due:
Glenn Hutchins: già nel team di Bill Clinton e nel CdA della Federal Reserve Bank di New York, un passato nel Center for American Progress, altro Think Tank finanziato da tutte le entità globaliste citate in precedenza. Ci torneremo.
Suzanne Nora Johnson: una delle donne più potenti al mondo, per 21 anni è stata vice-Presidente di Goldman Sachs Group. Attualmente è nel CdA di Pfizer, dell’Aspen Institute e di numerosi Consigli per l’agenda Globale del World Economic Forum.
Insieme al Council on Foreign Relations.
Entrambi, sono nel CFR, Council on Foreign Relations. Ce ne siamo già occupati nel servizio sulla premiazione di Mario Draghi come ‘Statista dell’anno‘. L’intreccio col CFR risulta anche dalla collaborazione del 2008, che ha prodotto il rapporto riguardo l’area saudita “Towards a New U.S.-Middle East Strategy“, con un’attenzione particolare riservata alle pressioni esterne, principalmente USA, e al “dinamismo delle vicine società del Golfo”.
Da notare la notizia di questi giorni dello scontro a distanza tra Ryad e Washington, con l’OPEC+ che taglia la produzione di petrolio sulla scia di Mosca e i sauditi che adducono “motivi puramente economici“. Mentre la Casa Bianca minaccia di non vender loro più armi. Ma torniamo a Brookings e in particolare a come questo Think Tank penetra anche l’Italia con i suoi tentacoli.
C’è anche Mario Draghi!
Tra le personalità al suo interno non poteva mancare l’italiano Mario Draghi, ex Goldman Sachs e BCE, eletto nel 2003 insieme ad altri tre nuovi membri del CdA. Inoltre l’onorevole Paolo Gentiloni è un suo illustre membro in congedo, nel programma di politica estera.
Non occorre dilungarsi su ogni singolo dirigente o socio dell’organizzazione, ma con alcuni esempi possiamo comprendere come essa sia saldamente connessa a tutto l’universo mondialista.
Come potrebbe mancare la Open Society di Soros?
Ci sono legami con Open Society di Soros. Uno di questi è Vanda Felbab-Brown, Direttore dell’Iniziativa sugli attori armati non statali, Co-direttore dell’Iniziativa per la sicurezza in Africa, Senior Fellow dello “Strobe Talbott Center for Security, Strategy, and Technology” nel programma di politica estera della Brookings.
Troviamo la Brown anche sul sito ufficiale di Open Society.
I legami con Aspen e WEF: l’agenda transumanista.
Abbiamo dedicato un intero servizio all’Aspen Institute, altro celebre think tank americano. Non ci stupiamo di trattarne anche qui.
Nel 2011, l’Aspen Strategy Group e la tavola rotonda Brookings Blum hanno organizzato insieme un convegno dal titolo “Lo Sviluppo come sicurezza Nazionale”. All’evento parteciparono anche molti membri dell’élite, tra questi Sylvia Mary Burwell, allora dirigente della Bill & Melinda Gates Foundation, e Susan Schwab, ex rappresentante commerciale degli Stati Uniti, habitué del WEF di Davos.
Ancora, nel 2018, Aspen Institute Germania ha organizzato una riunione con Amanda Sloat, ricercatrice senior presso il Center on the United States and Europe della Brookings.
Tra le altre figure di spicco che collegano le due realtà, c’è anche Ben Bernanke, membro dell’Aspen Economy Strategy Group e ricercatore senior del programma di studi economici presso Brookings institution.
Diverse personalità della Brookings hanno partecipato al World Economic Forum, ideato e presieduto dal teorico della quarta rivoluzione industriale, il transumanista Klaus Schwab.
Tra questi: Lynn Kuok, membro presso il “Center for East Asia Policy Studies” della Brookings e del “Global Future Council on International Security” del WEF; John W. McArthur direttore del “Center for Sustainable Development” di Brookings, ha preceduto i “Global Agenda Councils” per il WEF; stessa cosa Daniel Kaufmann, ricercatore senior nel “Global Economy and Development Program della Brookings” ovvero il programma per lo sviluppo economico globale.
Il 5 ottobre 2015, inoltre, il “Brookings Global Economy and Development Program” e il “World Economic Forum” diedero vita ad una conferenza dal titolo “Come possiamo creare una crescita inclusiva?”, in cui veniva mostrato un nuovo modello economico per il futuro del pianeta.
Ma cosa vuole da noi Brookings Institution?
Finora abbiamo constatato come l’entourage globalista sembri un’unica entità composta da varie sigle con visioni simili e, presumibilmente, con gli stessi intenti. Quali?
Mostriamo ora alcuni esempi di come queste organizzazioni vorrebbero determinare l’andamento delle nostre vite attraverso una certa “educazione”.
Leggendo tra le ultime pubblicazioni sul sito brookings.edu, possiamo notare un certo grado di interesse delle nostre questioni nazionali italiane, vi è riservato addirittura un topic dedicato.
Soluzioni non richieste a problemi programmati da tempo.
“Cosa succede se la destra di Giorgia Meloni vince le elezioni italiane?”, titola uno degli ultimi articoli dove si paventano alcuni scenari di politica estera ed economica con al governo la coalizione capitanata da Giorgia Meloni.
Dal testo si evince un certo scetticismo riguardo le capacità della Meloni e di Fratelli d’Italia di portare a Palazzo Chigi i temi e i toni usati in campagna elettorale. Né la si ritiene credibile come voce dissonante in seno all’Unione Europea, insieme a Polonia e Ungheria. Del resto, puntualizza l’articolo, “i soldi dell’UE sono accompagnati da vincoli democratici”, qualsiasi cosa voglia dire “democratico” a questo punto, e la Meloni non può permettersi di perdere quei soldi: ne va la tenuta del Paese, dice un vecchio adagio.
Lo scritto si conclude agitando lo spettro della crisi economica, l’ennesima, che renderebbe “più forti” le richieste (di chi?, ci chiediamo noi), di riportare Draghi alla Presidenza del Consiglio. Come se gli italiani non avessero capacità di creare scenari differenti da quelli già in agenda alle congreghe globaliste.
E ancora, nell’ottobre del 2022, in collaborazione con il Financial Times (FT), Eswar Prasad di Brookings e Aryan Khanna di Cornell hanno costruito una serie di indici compositi che tracciano la ripresa economica globale: il TIGER34: Tracking Indexes for the Global Economic Recovery. Il Financial Times ha prodotto la mappa interattiva che appare sul sito Web FT.
3https://www.brookings.edu/research/october-2022-update-to-tiger-world-economy-battered-by-high-inflation-and-stalling-growth/
4https://www.brookings.edu/research/tiger-tracking-indexes-for-the-global-economic-recovery/
Pesi e metri su misura per Biden.
In un altro recente articolo si sottolinea come, nonostante svariati errori strategici dell’amministrazione Biden, il track record del presidente in materia di sicurezza nazionale è migliore di quanto ampiamente percepito. Il motivo è questo: il paese è ancora ragionevolmente sicuro. Questo è il metro con cui giudicare qualsiasi grande strategia e le prestazioni di qualsiasi presidente. Un ragionamento che ricorda molto da vicino un salumiere con una bilancia truccata. Secondo Brookings, Biden ha ereditato un mondo turbolento nel 2021; evitare conflitti su larga scala in quel mondo dovrebbe essere considerato un risultato importante.
Sempre secondo Michael E. O’Hanlon, Direttore della Ricerca di Politica Estera per l’Istituzione ed autore dell’articolo sul conflitto in Ucraina, Biden ha giustamente deciso che gli Stati Uniti non dovrebbero entrare direttamente nel conflitto e rischiare la terza guerra mondiale per una parte dell‘Europa che, sebbene importante, non è vitale per gli interessi nazionali degli Stati Uniti. Ed infine sulla Cina, il team di Biden rischia di strafare, in retorica, messaggistica e diplomazia.
Educare non è informare.
Altri lunghi articoli su brookings.edu dipingono chiaramente l’intento di educare (appunto) l’opinione pubblica ad un giudizio morbido, quando presente, nei confronti delle amministrazioni allineate all’agenda globalista e guerrafondaia che si vuole imporre in questa fase storica. Invece, su mepiu.it, puoi trovare molti altri articoli e servizi come questo per poterti orientare nel marasma di informazioni contraddittorie che trovi altrove. Per questioni di censura delle piattaforme, molte di queste informazioni le possiamo diffondere solo attraverso il nostro canale Telegram @mepiu. Ti invito quindi ad iscriverti subito!
Cos’altro bisogna sapere, cosa c’è da capire.
Nell’intricato ginepraio fatto di gruppi, centri e associazioni a vario titolo in cui andiamo di volta in volta addentrandoci, non è difficile cogliere la natura omogenea di una certa visione del mondo. Impressione corroborata dall’eterno ritorno degli stessi volti e degli stessi cognomi.
Quella che può sembrare, sulle prime, una piovra dai molti tentacoli, assume sempre più le fattezze di un’idra dalle molteplici teste, tutte sacrificabili per la sopravvivenza della mostruosa creatura da cui esse traggono nutrimento. E dietro ciascuna di queste organizzazioni si staglia sempre, come un’ombra, un’unica, oscura volontà: il controllo totale.
Dal denaro fin dentro le coscienze di ciascuno di noi. La ricerca è l’antidoto.
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