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Intervista a Corrado MALANGA. La Vita e le Ricerche su: UFO, Alieni, Abduction, Universo, Coscienza.

Corrado Malanga è stato ricercatore universitario presso il dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’università di Pisa, dove ha insegnato per più di 35 anni Chimica Organica, Green Chemistry e Chimica dei Composti Elementorganici. Nei corsi di Laurea in Chimica, Chimica Industriale e Scienze Biologiche, ha pubblicato più di 50 lavori su riviste internazionali di Chimica.

PARLAMI DI UNIVERSO E ALIENI COSÌ CHE IO POSSA CAPIRE - Eugenio Miccoli intervista Corrado Malanga

Corrado Malanga è stato ricercatore universitario presso il dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’università di Pisa, dove ha insegnato per più di trentacinque anni Chimica Organica, Green Chemistry e Chimica dei Composti Elementorganici. Nei corsi di Laurea in Chimica, Chimica Industriale e Scienze Biologiche, ha pubblicato più di cinquanta lavori su riviste internazionali di Chimica.

Nel tentativo di comprendere il funzionamento dell’Universo si è imbattuto nello studio dei fenomeni ufologici, da lì in poi ha organizzato la ricerca per il CUN in qualità di responsabile del Comitato Tecnico Scientifico, proseguendo poi il suo lavoro come fondatore del Gruppo Stargate Toscana. Il suo percorso l’ha portato a concentrarsi sul fenomeno dei rapimenti alieni o abduction2 con tecniche di ipnosi regressiva e Pnl3.

L’indagine sulle abduction lo ha portato a imbattersi in quella che lui chiama Anima che, insieme agli altri due membri della Triade, compone la parte più intima dell’essere umano. Questa scoperta ha completamente rivoluzionato l’oggetto e la prospettiva dei suoi studi. Oggi il Professore si occupa di approfondire la consapevolezza di chi siamo e del perché siamo al mondo attraverso le lenti di una Coscienza integrata. In questo contesto ha sviluppato tecniche di meditazione come il Triade Color Test Dinamico Flash che, sostiene, sono in grado di permettere l’accesso a quei livelli di consapevolezza necessari alla comprensione della realtà umana.

Grazie ai contributi della matematica e della fisica quantistica, le ricerche del prof. Corrado Malanga vertono sulla descrizione dell’Universo Olografico e Frattalico, quale realtà virtuale, non locale e sul rapporto tra scienza, Coscienza e consapevolezza di Sé. Il risultato è una delle più innovative teorie sulla nascita, il funzionamento e lo scopo dell’Universo stesso.

Nell’intervista di Eugenio Miccoli realizzata in esclusiva per MePiù, Corrado Malanga racconta la sua storia e i passaggi chiave che lo hanno portato a definire quella che lui chiama “la chiave armonica dell’Universo”, fattore che determina il “succedere” della coscienza e dell'”Universo Olografico Evideonico a 432 Hz”.

L’intervista, settembre 2019

Miccoli: Professor Malanga, lei ha fatto il chimico per una vita, vero?

Malanga: Ho fatto il chimico per una vita ed ho cominciato a fare il chimico quando avevo quindici anni e mezzo quando mi regalarono, perché lo chiesi, Il Piccolo Chimico. Fu l’istante in cui questo grande scatolone rosso si aprì e c’erano questi profumi di materie, di cui alla gente di solito disgustano gli odori, che invece a me piacevano. E feci saltare un paio di cose in casa: subito due o tre incendietti… Così… Però già da allora, ho capito che avrei dovuto fare il chimico, poi da chimico magari sono passato ad alchimista.

Per un po’ ho fatto i geometri, ma la scuola dei geometri… Io volevo andare a fare il chimico: il perito. Il mio babbo mi disse: No, a La Spezia (abitavo a La Spezia) non c’è l’istituto, bisogna andare a Massa. Massa non è un bell’ambiente… Allora gli dico: Va bene! Allora faccio il geometri! Il mio babbo era geometra, mio nonno era geometra, quindi: Diventerai ingegnere! Dico: Guarda, faccio il geometri ma quando ho finito i cinque anni di geometri, mi iscrivo a chimica. E così ho fatto: appena diplomato sono andato dal mio babbo e ho detto: Ora vado a Pisa e m’iscrivo a chimica. Il mio babbo è rimasto male perché pensava che me lo fossi dimenticato. No, no, io no!

Miccoli: Come mai l’interesse nel capire come interagiscono le molecole e come avvengono le reazioni?

Malanga: Come è costruito l’Universo! Perché a me piaceva costruire l’Universo, mi piaceva capire come era fatta la materia, come erano fatti gli atomi, cos’è un atomo. Non mi sono mai accontentato di quello che c’è scritto sul libro. Poi i libri, oggi si vede benissimo, più belli sono, più colorati sono, più privi di contenuti sono. Invece una volta c’erano poche figure ma c’era tanto scritto, e c’era la difficoltà di comprendere. Volevo capire come era fatto l’Universo. Perché c’erano i pianeti? Quanto è profondo l’Universo? Boh, chi lo sa?! I giornalisti scientifici riempiono di parole le cose… A me le parole non mi bastavano. Volevo capire a colpi di pi-greco come era fatto l’Universo, quindi mi toccava studiare.

Miccoli: Adesso arriviamo al pi-greco e come, secondo i suoi studi, una serie di valori, di numeri storicamente conosciuti, si incastrano in quello che lei chiama Evideon a 432 Hz.

Malanga: Sì. La mia è un’idea maturata nel tempo. Non è che una mattina mi sono svegliato e ho avuto un colpo di genio. No! Piano piano, ho cercato di capire come era fatto l’Universo e a un certo punto scopro, o credo di scoprire, che sostanzialmente l’Universo è molto più semplice di quanto uno non si possa immaginare.

Miccoli: Vorrei arrivare progressivamente: è un argomento complesso. Prima, sono curiosissimo di capire come lei è passato da essere un professore di chimica a responsabile del Comitato Scientifico del CUN.

Malanga: In realtà la cosa è inversa! Sono diventato docente di chimica mentre ero iscritto al CUN: che era il più grosso, e sicuramente il più importante, organismo che studiava gli UFO1. Mi iscrivo a questo centro: perché volevo capire come era fatto l’Universo.

E una delle vie poteva essere: Chiediamolo direttamente agli alieni. Gli alieni ci sono, ci saranno da qualche parte. L’Universo è così grande. Studiamo la possibilità di metterci in contatto con gli alieni e, siccome gli alieni saranno sicuramente più evoluti di noi, chiediamo a loro le cose che non sappiamo. Esiste Dio? Oh, perché non si chiede agli alieni e vediamo cosa ci rispondono loro. Io credevo che avremmo potuto fare così: la realtà dei fatti mi ha portato in una direzione completamente diversa.

Mi iscrivo al CUN. Però, vedevo che a loro mancava qualcuno che avesse fatto degli studi tecnico-scientifici: c’era qualcuno che faceva lo storico, qualcuno che faceva l’archivista, qualcuno che faceva il giornalista. Sì, ma un fisico, un chimico dove sono? Erano quelli che, secondo me, dovevano studiare, o anche loro, il problema degli alieni. E così mi… mi sono iscritto.

Mi sono presentato un bel giorno, la prima volta a Milano, tanti anni fa, al convegno nazionale interno del CUN e ho detto: Sì, io studio chimica. Loro: Ah sì! Studi chimica?! Ah bene, allora… interessante. potresti collaborare con noi. E io: Eh, sono qui apposta! Così, al primo convegno che, in realtà, era il primo convegno a cui io partecipai, ma era il secondo Convegno Internazionale del CUN. Si fece a Cesano Maderno. Presentai una relazione che stravolse tutti perché era sull’Utilizzo della trasformata di Fourier e della risonanza magnetica nucleare e della spettroscopia infrarossa e spettrometria di massa nello studio dei fenomeni ufologici:

La gente non capì nulla! Ma qualcuno capì che, forse erano cambiati i tempi e che bisognava fare due più due, che non era mai stato fatto nella storia della ricerca dell’ufologia, almeno in Italia, per capirci… se volevamo comprendere veramente ’sto fenomeno, du’ carcoli andavano fatti! Ecco, allora io entrai nel CUN perché la gente pensò che c’era bisogno di qualcuno che facesse i conti. Ci sono rimasto trentacinque anni!

Miccoli: Come si passa da fare i conti a trattare un argomento molto più, potremmo dire, umanistico-psicologico.

Malanga: Negli Stati Uniti d’America alcuni autori, quattro o cinque nel mondo, avevano scritto dei libri e pubblicato dei lavori, sullo studio di quelli che chiamavano abduction, cioè fenomeni di rapimento dovuti, presumibilmente, a razze aliene, che venivano su questo pianeta per prelevare esseri umani e farci qualcosa.

Gli esseri umani, solitamente, non si ricordavano queste esperienze. I traumi che però avevano lasciato, a livello psicologico, in questi soggetti, venivano fuori a caso ogni tanto, perché magari qualcuno si andava a curare. In America, sapete, in quegli anni la psicologia, la psicanalisi, era molto di moda quindi: quando uno aveva il dolore a un piede, un callo, andava dallo psicanalista invece di andare dal dottore, come avremmo fatto noi in Italia.

Quindi, alcuni soggetti, sottoposti a ipnosi regressiva, cioè ipnosi profonda che fa ricordare il trauma inconscio nel ricordare questo trauma, parlavano di esperienze dimenticate di adduzioni aliene. Alieni che erano entrati nell’abitazione, nella vita di questi soggetti, li avevano presi, li avevano portati fuori nelle loro macchine volanti, nelle loro basi sotterranee.

Erano ricordi allucinanti, sembravano racconti di fantascienza. Ma questi racconti avevano tutti la stessa base: succedeva a tutti la stessa cosa. Noi, in Italia, arriviamo venti anni dopo. Ci arriviamo con un caso, quello di questo ragazzo che si chiamava Valerio Lonzi, che, siccome aveva aperto un locale a Genova, per farsi pubblicità, quando i giornalisti andarono ad intervistarlo, racconta che a quindici anni, lui era stato sottoposto a delle strane attenzioni da esseri non di questo pianeta. Il Presidente del CUN legge questo articolo, e mi chiede di andare a Genova a vedere di cosa si tratta.

Nasce tutto da lì, perché parlo con questo ragazzo. In due anni e mezzo quasi tre, di lavoro, insieme al Dottor Moretti2, che era un noto ipnologo italiano, cerchiamo di ricostruire, con le stesse basi metodologiche degli americani, quello che Valerio Lonzi aveva, in qualche modo, seppellito nella sua Coscienza.

Ne viene fuori una relazione che io consegno ai membri del Consiglio Direttivo di cui io facevo parte. E il Presidente del CUN e mi dice: Ah, ma questo è importante, bisogna farci un libro sopra! Dico: Guarda, leggilo bene, perché ci sono scritte delle cose molto gravi lì sopra. Il fenomeno è reale. Sta succedendo questo. Come dicono gli americani, da noi in Italia sta succedendo la stessa cosa. Non abbiamo dubbi: ci sono le cicatrici sul corpo che lo dimostrano. Ci sono i microchip incastrati nel corpo di questo ragazzo. Ci sono le analisi che possiamo fare con gli strumenti – quelli che avevamo a disposizione allora –.

Miccoli: Avete trovato il microchip all’interno del corpo di questo ragazzo?

Malanga: Abbiamo trovato il microchip all’interno del corpo di tutti gli addotti che abbiamo studiato.

Miccoli: E avete mai studiato i microchip?

Malanga: I microchip sono stati studiati, in parte in Italia, con tecniche indirette. Per fare un esempio: non sono stati estratti, come hanno fatto alcuni studiosi americani sottoponendo questi oggetti ad opportune analisi, come la risonanza magnetica nucleare ma, soprattutto, la spettrometria di massa a struttura fine, abbiamo visto chiaramente che la percentuale isotopica di questi componenti, di questi oggetti, non è una percentuale isotopica di componenti terrestri.

Miccoli: Cosa vuol dire?

Malanga: Vuol dire che hanno dei neutroni in più nel nucleo. La percentuale dei neutroni nei nuclei, che so?!… di magnesio, di nichel, di ferro, sul nostro pianeta ha un certo valore, ma su un altro pianeta potrebbe avere un valore differente. Siccome i neutroni pesano ma non hanno carica, è plausibile che ci siano percentuali isotopiche differenti su altri pianeti: è una questione statistica. Trovare un magnesio che, invece di pesare ventiquattro, pesa venticinque, dimostra che c’è un neutrone in più. Pertanto, non è un magnesio terrestre! Ecco, gli americani stabilirono questo: la percentuale isotopica era diversa, quindi quello che avevano trovato non veniva da questo pianeta.

In Italia, abbiamo fatto cose un pochino più modeste, quando mi occupavo di questo, e sono passati già tanti anni. Per esempio, con la risonanza magnetica nucleare si possono evidenziare alcuni parametri che mettono in evidenza la densità dei microchip che compaiono nelle analisi. La Scala Hounsfield3. Attraverso una fotodensitometria, la potremmo chiamare così, si riescono a identificare, questi pallini, questi microchip, questi piccoli oggetti che sono posti sempre all’interno del corpo dell’addotto, sempre nelle stesse posizioni e sono fatti di materiali molto particolari. Come, per esempio, gli stessi materiali che noi utilizziamo per fare i microchip sul nostro pianeta.

È evidente, quindi, che queste analisi confermavano, in qualche modo, i risultati che gli americani, a casa loro, avevano ottenuto. Ottenemmo questi risultati e scrissi questo libro, perché il Consiglio Direttivo del CUN, mi disse: Sì, scriviamoci un libro. Il Presidente del CUN scrisse anche la prefazione: bontà sua! E così pubblicai questo libro4, che credo abbia venduto trentacinquemila copie, allora: grande successo!

Il problema fu che tanta gente, almeno trentacinquemila persone, han comprato il libro, l’hanno letto e mi sono ritrovato seppellito da telefonate, da lettere, da avvisi di persone che si riconoscevano nella storia di Valerio Lonzi: questo ragazzo che raccontava le esperienze vissute, ricordate, ritirate fuori dall’ambiente dell’ipnosi regressiva con l’aiuto del dottor Moretti. E dicevano: Ma anche a me è successo questo! Io credevo d’aver sognato! Anch’io ho queste cicatrici sul corpo e nelle stesse posizioni in cui le ha Valerio! Anch’io… ma allora anch’io… anch’io… anch’io…. E, alla fine, dopo ventiquattro o venticinque anni, avevo analizzato tremilacinquecento casi.

Miccoli: E tutti mostravano dei punti in comune?

Malanga: Tutti quanti avevano una sovrapposizione, non solo di cicatrici sul corpo, ma di microchip al loro interno, nelle stesse posizioni, degli stessi ricordi, delle stesse patologie. Una vita, in cui si poteva studiare questo fenomeno, da un punto di vista chimico e fisico… Sì, si potevano studiare le cicatrici sul corpo, le composizioni chimiche di questi oggetti che il soggetto aveva dentro il corpo, ma dovevamo trovare un sistema per comprendere la psicologia di questo fenomeno. L’unico modo che avevo a disposizione per cercare di comprendere questo, era la programmazione neurolinguistica.

Cioè, attraverso le tecniche di PNL5. Se uno va a leggere un libro di programmazione neurolinguistica, ogni pagina è pura matematica; attraverso questa strana matematica riuscivo a descrivere il fenomeno della situazione psicoanalitica in cui il soggetto si trovava: cercavo di rendere scientifico il peso di un ricordo, il peso di un comportamento psicoanalitico.

Era evidente che, alla fine di tutto ciò, il fenomeno delle abduction esisteva, era importantissimo ed era gravissimo quello che si scopriva, perché, a quel punto, dovevamo porci delle domande… e che questo pianeta è assoggettato alla volontà di esseri che vengono da un altro pianeta e che vogliono da noi qualche cosa che noi non sappiamo di avere.

Miccoli: E lei, a tutt’oggi, è convinto di questo?

Malanga: Non convinto…Certo!

Miccoli: Certo di questo?

Malanga: Al cento per cento!

Miccoli: Quindi lei oggi me lo conferma: dopo tutti gli studi che ha fatto riguardanti la creazione dell’Universo, l’Universo olografico, la proiezione esterna della nostra realtà interiore, comunque mi conferma di essere certo che quanto scoperto sia realtà a tutt’oggi?

Malanga: Sì.

Miccoli: Mi conferma che, secondo lei, sulla Terra vengono esseri, provenienti da altri pianeti, che vogliono qualcosa da noi?

Malanga: Esattamente!

Miccoli: E che cosa vogliono da noi?

Malanga: Quello che avremmo scoperto ci procurò uno stato di insicurezza personale perché era talmente strano…

Miccoli: Si immagini lei, adesso, quanto io possa sentirmi sicuro.

Malanga: Esattamente!

Miccoli: Sta dicendo con certezza che lei, ricercatore con oltre quarant’anni di esperienza, ha la certezza che sul pianeta Terra vengono degli alieni perché vogliono qualcosa da noi.

Malanga: Sì, esatto!

Miccoli: E operano in una determinata maniera.

Malanga: Certo! Il problema è seguire la logica! Se noi seguiamo la logica, essa ci porta, partendo da presupposti che sono le condizioni al contorno del problema fisico e usando quelle che sono le formule che noi conosciamo, ad un risultato finale. Funziona così! Ai tempi, il presupposto delle condizioni al contorno era: questi esseri vengono. Non abbiamo più dubbi! Se vengono qui, e fanno sempre le stesse cose all’addotto, che non se le ricorda ma poi, in ipnosi regressiva, le racconta sempre allo stesso modo, ci deve essere un motivo.

Miccoli: Quali sono questi ricordi?

Malanga: Il soggetto viene preso. Viene portato in un ambiente alieno. Viene sbattuto su un tavolo e viene operato chirurgicamente. Gli vengono inseriti dei microchip. Nelle femmine viene utilizzato l’apparato genitale per introdurre un ovulo che, dopo tre mesi, viene ripreso. Questo ovulo, sotto forma di blastula, un esserino piccolo, una volta ripreso, viene messo in una specie di contenitore, che sembra una piccola bottiglietta di vetro, e portato dentro una stanza dove ci sono tante bottigliette di vetro; dentro queste bottigliette ci sono tutti questi esseri. Queste bottigliette, che sono sostanzialmente delle placente artificiali, cambiano di forma mano a mano che il soggetto ci cresce dentro, fino ad ottenere forme di cilindri di vetro alti due metri e quaranta, due metri e cinquanta riempiti di uno strano liquido trasparente e dentro si vedono, sempre, sia esseri umani che esseri alieni con fattezze completamente diverse.

Miccoli: Diversi tra di loro, gli alieni?

Malanga: Diversi tra di loro gli alieni, si. Ci sono diverse razze, non tantissime ma ce ne sono, cinque, sei, sette, otto, dieci. Venivano raccontate sempre le stesse, stesse descrizioni. Questo era ciò che accadeva. Tutti raccontavano esattamente la stessa cosa.

Quindi da un punto di vista statistico, dato che la statistica è una scienza esatta sui grandi numeri, dobbiamo dire che questi racconti acquisivano un alto indice di credibilità. Allora, da questo punto di partenza dovevamo chiederci: Ma perché loro fanno così? L’idea primaria era: Ma probabilmente perché loro sono sterili e utilizzano noi, in qualche modo. Fanno prelievo di sperma nei maschi (ed era vero). Fanno innesti di ovuli nelle femmine (ed era vero). Quindi loro sono sterili e usano noi senza che noi ne sappiamo nulla. Sì, questa era in parte la verità, ma c’era una verità ancora più strana e stravolgente di cui ci accorgemmo per puro caso, ovviamente.

Lavorando, in quel momento storico, con tre gruppi di ricerca diversi, che facevano le ipnosi regressive su gruppi sempre differenti di soggetti. Poi i dati venivano raccolti e venivano paragonati: ognuno dei tre gruppi aveva gli stessi identici risultati. Quello che successe la prima volta è la seguente cosa: si prese il soggetto, si mise in ipnosi profonda.

Raccontò di vedersi dall’alto mentre è steso su una specie di lettino metallico, sempre lo stesso, descritto nello stesso modo: con un’unica gamba al centro, un po’ svasata. Anche i piccoli particolari erano uguali. Vedeva dall’alto due se stessi: uno disteso su un lettino metallico e l’altro dentro uno di questi grandi cilindri. Uno uguale a lui, una copia.

A questo punto, la tecnica di ipnosi prevedeva di fare delle domande di controllo che tentassero di stabilire se il soggetto stesse ricordando veramente qualcosa, rivivificando6 oppure si stesse inventando delle cose. Senza entrare nei particolari, l’ipnosi regressiva è una tecnica che prevede che, se uno fa bene il proprio lavoro, il soggetto non inventa niente. Non è in grado di inventare niente.

L’affidabilità dei ricordi in ipnosi, nell’ipnosi corretta, scientificamente fatta, è perfetta. I ricordi sono assolutamente credibili. Il soggetto si vedeva dall’alto. Per dare un’idea più chiara al lettore, descrivo brevemente la procedura.

L’operatore chiedeva al soggetto: Guardati le mani!

E il soggetto in ipnosi rispondeva: Ma io non ho le mani, non vedo le mani.

L’operatore: Guardati il corpo!

Il soggetto: Ma io non vedo il corpo.

L’operatore: Come ti chiami?

E il soggetto rispondeva: Ma noi non abbiamo nome. – al plurale.

Poi, dopo trenta secondi di pausa, diceva: Io so come si chiama lui. Quello che vedo laggiù, in basso. Si chiama Giuseppe: è il mio contenitore, io ci abito dentro. Sono venuto lì dentro per fare l’esperienza.

E noi: Strano! Ma, allora, definisciti. Chi sei?

La risposta era: Io sono la vita, una matrice di punti di luce.

Ancora più incredibile! Domande. Risposte. Tutte sempre uguali. Fatte su trecento persone, tutte e trecento rispondevano nello stesso modo. Sai cosa vogliono? – allora chiedevo – Sai cosa vogliono quegli esseri strani che vengono a prenderti?Eh, loro non vogliono il mio contenitore! Va, anche lui! Ma vogliono soprattutto me – Perché?Perché io sono la vita! E loro non vogliono morire! Queste risposte ci lasciarono con la bocca aperta perché pensammo: Ci deve essere qualche cosa che stiamo sbagliando.

Alla fine, dopo tremilacinquecento casi analizzati, abbiamo capito che non ci stavamo sbagliando. Questa era qualcosa che rispondeva, che aveva una propria Coscienza, che abitava all’interno del nostro corpo a cui noi demmo un nome convenzionale: la chiamammo Anima. Ma, in realtà, è un gruppo di tensori e di vettori, da un punto di vista fisico e geometrico, che ha la caratteristica di avere l’asse dell’energia, l’asse dello spazio, ma di vivere il tempo in modo non locale, come direbbe la fisica quantistica moderna. Cioè di vivere il tempo in un unico momento: vivere totalmente il tempo passato, presente, futuro come se fosse non locale.

Nel contenitore umano c’erano altre due parti: una mentale ed una spirituale. La parte mentale era fatta di spazio e di tempo, la parte spirituale era fatta di energia e di tempo, ma non di spazio. Vedete, in ognuna di queste tre parti, mancava un vettore: allo spirito mancava lo spazio, all’anima mancava il tempo e alla parte mentale mancava l’energia. All’alieno interessava la parte animica, cioè quella parte senza tempo. Perché? Perché l’alieno non voleva morire! Il non voler morire era…in qualche modo, si cercava di bypassare questa voglia di non morire, utilizzando un pezzo che non avendo, la parte animica, l’asse temporale, era immortale. Scoprimmo, in quel momento, che gli esseri umani sono immortali. Scoprimmo che avevamo, dentro di noi, una parte immortale che non aveva l’asse del tempo.

Ma allora – ci dobbiamo fare sempre delle domande – come mai moriamo? Noi abbiamo una parte immortale e moriamo? La risposta venne piano piano, ma era l’unica risposta possibile: noi moriamo perché dobbiamo fare l’esperienza della morte. Siamo qui per acquisire la consapevolezza del cominciare, fare l’esperienza della vita e della morte. Cominciare e terminare. Fare esperienza della dualità. Cioè un istante in cui noi dobbiamo comprendere chi siamo. E l’unico modo per comprendere chi siamo, è metterci alla prova: vivere in una realtà solida in cui ci sono le esperienze. Le esperienze della vita, le esperienze della sofferenza, della gioia, del bene, del male, del duale: buono-cattivo, acceso-spento. Ma perché tutto doveva essere duale?

L’idea fu quella di utilizzare ciò che veniva fuori dalle ipnosi regressive, e ciò che veniva fuori dall’esperienza che la parte animica riportava. Perché la parte animica, non avendo l’asse del tempo, c’era dall’inizio dei tempi, c’era sempre stata e diceva le cose com’erano: noi siamo qui, entriamo in questi contenitori, che sono i corpi umani, per fare l’esperienza della vita. Lo diceva lei, non avevamo bisogno di elaborare noi una teoria.

All’inizio c’era la Coscienza. La Coscienza, non sapendo chi era, per caso si divise in due e, nell’istante in cui si divise, nacque la dualità. In quel momento nacque l’Universo virtuale così come lo conosciamo oggi. Virtuale non vuol dire finto, virtuale vuol dire modificabile. L’Universo virtuale è quel punto e quell’istante in cui c’è la separazione: io-l’altro, io credo che l’altro sia un altro. Invece l’altro sono sempre io.

Tutto è stato creato da un’unica cosa che, però, vive esperienze diverse. È come se noi fossimo un polpo con tantissimi tentacoli e ognuno dei tentacoli è una piccola Coscienza, una piccola telecamera che guarda l’interezza dell’Universo per fare la sua piccola esperienza. Dopodiché, tutto si richiude e torna a essere uno. Ma non è l’uno di partenza, è un uno che ha fatto esperienza di sé.

Quindi è un uno che capisce che cos’è l’unità, l’unicità, perché ha fatto l’esperienza del contrario: cioè della separazione, della dualità. Noi siamo qui per imparare a vivere e a morire: perché solo attraverso l’esperienza si impara e, solo attraverso l’esperienza della morte, si capisce che la morte non esiste. Ecco!

E l’alieno che c’entrava in tutto questo? Bè, l’alieno non aveva la parte animica! L’alieno aveva una mente, aveva un corpo e aveva uno spirito: gli mancava l’hardware della parte animica. Non avendo l’hardware della parte animica, non sapeva che la morte non esiste. Non solo, questo portava l’alieno ad avere paura della morte, proprio perché non la conosceva. E, per evitare di morire, l’alieno ha installato dentro di sé l’idea che deve prendere la vita a qualcun altro, perché lui non vuole fare l’esperienza della morte.

Noi, invece, siamo venuti qui pur avendo tutte le parti, tutte le coscienze di anima, di mente, di spirito: che sono tre cose che si comportano con tre coscienze differenti. Tre rematori che remano, sovente in questo mondo, non avendo neanche consapevolezza l’uno dell’altro, in tre direzioni diverse. Ci troviamo a fare l’esperienza della morte perché siamo venuti qui volendola fare, questa esperienza, e non ha senso allungarci la vita in eterno, diventare immortali.

Come nel mito del Ritratto di Dorian Grey che fa, nell’omonimo romanzo, e poi film, il patto col diavolo e invecchia la propria anima che è il quadro, ma lui non invecchia. Nel Ritratto di Dorian Gray c’è scritta la realtà: a un certo punto Dorian Gray, questo personaggio che ha fatto il patto col diavolo, capisce che vivere in eterno è una cosa tremenda, è una uno sforzo allucinante e, soprattutto, non fa quello che deve fare e cioè l’esperienza della morte!

Attraverso l’esperienza della morte si comprende che la morte non c’è! Benissimo; quindi, la dobbiamo fare questa esperienza. Non ha senso allungarci la vita: ha senso soffrire di meno, ma questo è un altro particolare.

L’alieno, non avendo la parte animica, è come un computer che non ha la scheda hardware: non capisce neanche che cosa vuol dire vivere o morire e pensa che può utilizzare quello che abbiamo noi, prendendolo, utilizzandolo, per vivere in eterno.

Ed ecco che scoprimmo cosa stava succedendo: l’alieno veniva, ti prendeva, ti metteva, non solo su un tavolo operatorio ma, anche, dentro uno di questi strani cilindri da cui, con una tecnica che sembrava ricordare l’equalizzazione di un suono cioè faceva vibrare il corpo a una certa frequenza, la parte animica si staccava e, in ipnosi, raccontava esattamente quello che stava succedendo.

Dopo che si era staccata, la parte animica veniva posta, attraverso una specie di corridoio, tipo un tubo, dentro il corpo di un alieno: in quel momento il ricordo del soggetto in ipnosi, diveniva il ricordo di un alieno. Si guardava le mani: aveva sei dita – di solito ne aveva cinque.

Diceva: Come mai queste non sono le mie mani? Come mai sono palmate le dita? Come mai c’ho la pelle colorata di verde? Come mai c’ho gli occhi con le pupille verticali? Come mai sono alto due metri e quaranta? Come mai? Come mai? Come mai?

In quell’istante, la nostra parte animica ridonava la vita all’alieno che stava per morire. Dopodiché la parte animica veniva ripresa e rimessa nel contenitore originario: l’unico posto dove si sarebbe potuta ritrovare, riprendere, una seconda volta.

Miccoli: Secondo quello che sta dicendo, è una trasposizione momentanea.

Malanga: Sì, una trasposizione, una migrazione momentanea della parte animica, cioè questo gruppo di vettori e di tensori che noi chiamiamo convenzionalmente parte animica perché, nel mito sostanzialmente, viene identificata come tale. Ma ciò denuncia anche il fatto che l’alieno non è in grado di conservarla e, quindi, non è in grado di ingabbiarla: la deve rimettere dove l’ha trovata altrimenti la perde.

Miccoli: È incredibile.

Malanga: Folle.

Miccoli: Facendo finta che sia vero, come mai l’alieno non ha l’esigenza di fare l’esperienza della morte? Secondo quello che mi sta dicendo, loro hanno paura della morte, che li limita perché non gli fa fare quell’esperienza che, per noi come per loro, è fondamentale per comprendere come funzionano le cose.

Malanga: È un problema legato alla divisione e alla paura. In realtà, la paura non esiste, esiste solo come momento in cui noi vediamo l’Universo sotto forma di un Universo diviso. Se io sono separato, la vita e la morte sono due cose diverse. Allora è chiaro che, siccome credo di vivere, ho paura di morire perché, nel morire, ho paura di perdere la mia identità. Ma la vita e la morte non sono due cose diverse, perché la morte non esiste e, quindi, la vita e la morte sono due aspetti di un processo di acquisizione di consapevolezza.

In questo contesto, la paura si vive solo perché si crede di vivere in un mondo duale, separato da qualcosa: ho paura di invecchiare, paura che il mio amore mi lasci, paura di non riuscire a studiare questa cosa, paura di prendere un brutto voto.

Miccoli: Ho paura che mi chiudano il canale, dopo questa intervista.

Malanga: Certo! Questo è vedere l’Universo in modo separato e, quindi, la paura è una misura della separazione dall’altro. Nell’istante in cui capisco che non c’è nessuna separazione, che noi purtroppo, o per fortuna, siamo tutti una cosa sola, non posso aver paura di perdere niente perché l’altro, che sto credendo di perdere, sono sempre io. Non posso perdere la mia consapevolezza: sono io. È impossibile fare questo! La paura nasce dall’idea che io sia separato, che a me manchi qualcosa. Ma l’idea fondamentale, alla fine di tutto questo discorso, ed è, forse, la cosa più tremenda, è che noi siamo i creatori del nostro Universo! Noi siamo la Coscienza, noi siamo quei pezzettini di Coscienza primordiale che si sono divisi in tante coscienze più piccole.

Quindi, noi siamo la creazione, creiamo le cose. Non lo sappiamo. Non ce lo ricordiamo. Non ne abbiamo consapevolezza. Ed è giusto che sia così perché, per fare l’esperienza, ci dobbiamo dimenticare chi siamo sennò l’esperienza non ha nessun valore. Ipotizziamo di essere il ricco del film americano, a New York, che vuol fare l’esperienza di essere povero, nel Bronx: per una settimana, questa esperienza la si può fare, solo se dimentichiamo totalmente che fra una settimana torneremo ad essere ricchi. Sennò non la si può fare questa esperienza, la si vive in un altro modo. Siamo venuti qui, a fare l’esperienza della divisione e della inconsapevolezza ma, una volta che cominciamo a comprendere e ci ricordiamo che le tre sfere, le tre parti luminose, le tre essenze – anima, mente, spirito – le abbiamo chiamate così, le quali hanno tre coscienze separate, si possono riunificare, noi torniamo a essere i creatori dell’Universo. Nel contesto in cui siamo, abbiamo paura di non essere i creatori dell’Universo, perché siamo separati.

Miccoli: Qual è la paura dell’alieno?

Malanga: La paura dell’alieno è superiore alla nostra un milione di volte, perché l’alieno, invece di avere tre pezzi: un’anima, una mente, uno spirito; da un punto di vista vettoriale, tutte le componenti, gliene manca una. Vivono questo rapporto di separazione con la parte animica, con quello che è l’Universo archetipale femminile, direbbe uno psicanalista come Jung o come Hillman, restando in tempi ancora più moderni: il non riconoscersi totalmente nella parte femminile. Tremenda la paura che questo pezzo, che gli manca, non gli permetta di comprendere che la morte non esiste neanche per loro.

Perché dico questo? Perché, mentre la parte animica è sostanzialmente immortale, cioè non ha l’asse del tempo, la parte spirituale e la parte mentale, nostra e anche dell’alieno, ha comunque una coscienza, che non è immortale, ma eterna.

Miccoli: Quindi fuori dal tempo.

Malanga: Fuori dal tempo! Assolutamente, noi tutti. Anche l’alieno fa parte di una cosmogonia in cui, questo uomo cosmogonico, è una cosa sola. Solo che l’alieno non lo sa, non ne ha consapevolezza. Anche noi non ne abbiamo consapevolezza ma, avendo le tre parti, riusciamo ad avere una Coscienza superiore, nel senso di più allargata, e comprendere cose che l’alieno non può capire. L’alieno ha la tecnologia, è nato milioni di anni prima di noi, ma non può capire.

Miccoli: Secondo quello che mi sta dicendo, l’alieno queste cose le ha capite.

Malanga: Un conto è capirle, un conto è farne l’esperienza. L’esperienza è una cosa fondamentale perché, attraverso la comprensione, si intuisce che le cose stanno in un certo modo. Ti posso raccontare cosa vuol dire aver preso una martellata sul piede ma, per quanto te lo racconti, non ha niente a che fare con l’aver preso veramente, la martellata sul piede.

Miccoli: Non aver sentito il dolore.

Malanga: Bisogna sentire il dolore! L’alieno ha compreso questa cosa, ma ha il terrore di morire, di soffrire e di fare l’esperienza della vita. Non vuole farla, non vuole morire e, non volendo morire, si preclude l’esperienza di una eternità: perché solo attraverso l’esperienza della morte capisci che la morte non c’è. L’alieno, quindi, si castra con le proprie mani. Invece di scegliere un percorso di acquisizione di consapevolezza, decidendo di morire e quindi fare il suo percorso e la sua esperienza, ha deciso di prendere la parte animica a noi.

Nel mito c’è scritto: i demoni vogliono la tua anima. In tutte le storie del mito del mondo, c’è questo tipo di situazione. Va sottolineata una cosa importante: nel mito c’è scritto tutto; perché? Il mito non è la storia. La storia è storicistica cioè, a seconda di chi va al governo, si scrive un libro e si cambiano i parametri della storia. Il mito è un solo fotogramma: aspaziale e atemporale. Un fotogramma che riflette la fisica quantistica: nel mito c’è il passato, il presente, il futuro. È già scritto tutto, anche come andrà a finire questa storia.

Perché tutti i miti del mondo, per esempio quelli della creazione, sono uguali? Tutti uguali. Perché siamo i creatori dell’Universo e noi, del tutto inconsapevolmente, quando scriviamo una storia, la proiettiamo fuori di noi. Non conosciamo la realtà di questa storia, e solo estroiettandola possiamo avere la possibilità di guardarla dall’esterno e renderci conto che la storia che abbiamo creato, che chiamiamo mito, è quella vera. Nel mito c’è l’idea che noi siamo i creatori dell’Universo e c’è anche la fondamentale convinzione, da Platone in giù ma anche prima, che gli dèi abbiano fatto qualcosa per separarci, per staccarci, per dividerci, perché l’essere umano, cioè la Coscienza totale, era troppo potente, non si poteva manipolare. Capisci cosa vuol dire questo?

Vuol dire che se tutto questo, per un solo istante, per un solo secondo fosse vero, comprendo, ricordo, capisco che sono una Coscienza fatta di un’anima, una mente, uno spirito, che si sono divisi per fare l’esperienza della divisione. Ora sai cosa si fa? Si ritorna tutti e tre insieme. Vuoi vedere che siamo in grado di tornare ciò che la Coscienza era prima? Però con pieni poteri, avendo acquisito la consapevolezza di chi siamo e sapendo che cos’è la separazione. Questo, l’alieno non lo può fare perché il suo percorso di acquisizione di consapevolezza è un percorso differente: non può venire e prendersi la mia Coscienza, la mia consapevolezza e usarla. Non può rubare la mia esperienza. Questo, sostanzialmente, era quello che voleva fare l’alieno.

E lo fa distruggendoti la vita, cioè non chiedendoti il permesso, trattandoti come in una specie di fattoria, la Terra, in cui sei una delle mucche che gli sta dando il buon latte. Alla fine, queste mucche cosa fanno? Danno all’alieno la possibilità di sopravvivere, perché, in qualche modo, attraverso il nostro materiale biogenetico, facciamo in modo che la loro vita fisica, virtuale continui. In più ci succhiano questa parte dell’energia fondamentale che è la parte animica della Coscienza, dove si acquisisce l’esperienza della vita nel tentativo disperato di non morire, che è proprio la direzione sbagliata che loro stanno prendendo. Qui si capisce un’altra cosa fondamentale: la differenza che c’è tra l’alieno che viene e noi. Chi è l’essere più evoluto? L’essere più evoluto siamo noi.

Miccoli: Può dipendere dal punto di vista: si potrebbe definire l’alieno più evoluto, ad esempio a livello tecnologico.

Malanga: No, no, no, non è un problema di punto di vista, in quanto, ciò che sto per dire, ha la caratteristica, come alcuni aspetti della fisica quantistica, di essere uguale da qualsiasi punto di vista si guardi. Cioè, la velocità della luce è, da qualsiasi punto di vista dell’Universo, sempre la velocità della luce.

Miccoli: Quello che volevo dire è che un qualunque osservatore, valuta la situazione e vede, ipoteticamente, un alieno che arriva sulla Terra e un essere umano che ha dei limiti a uscire dall’atmosfera. Razionalmente, dice: l’essere più evoluto è quello più avanzato tecnologicamente.

Malanga:

Miccoli: Intendevo questo, con punto di vista.

Malanga: No, non è così! Non è così perché l’avanzamento tecnologico non è l’evoluzione. Questa è un’idea che abbiamo noi. L’evoluzione è quella della Coscienza, non della tecnologia. Se dovessi, con queste mani, rappresentare il percorso evolutivo degli esseri alieni, si vedrebbe che l’alieno è partito prima ed ha cominciato ad evolvere, poi è nato l’uomo e, rapidamente, ha superato l’alieno perché, avendo noi quel pezzo in più che loro non hanno, potremmo considerarli come le formiche e, comunque, anche le formiche stanno facendo la loro evoluzione. Certo, negli ultimi 600.000 anni, no. Nell’ultimo milione di anni, la formica è rimasta sempre la stessa mentre noi, dall’uomo di Pechino ad oggi, ci siamo evoluti molto rapidamente.

Questo cosa vuol dire? La formica, praticamente, è rimasta la stessa. Un po’ ha fatto la sua evoluzione anche la formica ma, nella nostra scala temporale, non ce ne siamo praticamente accorti. Ecco, l’alieno di seicento milioni di anni fa è l’alieno di oggi. L’uomo di seicento milioni di anni fa non è l’uomo di oggi: dal Neanderthal, dal Cro-Magnon ad oggi c’è stata un’evoluzione incredibile. Ma perché questa evoluzione a scheggia è partita così per l’uomo e per l’alieno no? Perché noi abbiamo la Coscienza di tre cose: anima, mente, spirito, loro solo due.

Miccoli: Prima di dire che siamo una specie evoluta, ci penserei un attimino.

Malanga: Il problema è legato al fatto che, sovente, in questo processo evolutivo che passa attraverso la non-consapevolezza di quello che stiamo facendo, noi stessi ci mettiamo i bastoni fra le ruote e scegliamo percorsi contro-termodinamici. Però, è dovuto anche all’alieno stesso, che non vuole noi si acquisisca la consapevolezza di chi siamo, altrimenti, rendendoci conto di questo, impediremmo loro di fare quello che ci fanno.

In concreto, faccio un esempio: io stesso mi metto i bastoni fra le ruote. Non so di essere il creatore dell’Universo ma, se qualcuno me lo dice, ci penso; allora, capisco che, quando mi ammalo, sono io stesso che produco su di me gli effetti della malattia: creo la mia malattia. Se questo è vero, visto che mi sono auto-ammalato, posso anche auto-guarirmi. Benissimo! Facciamo un loop. Schema a blocchi: sono qui e sono sano. Ad un certo punto mi ammalo e ad un certo punto capisco che sono stato io ad auto-ammalarmi.

Miccoli: Faccio il processo inverso.

Malanga: Capisco che posso fare un processo inverso e, quindi, auto-guarirmi. Per fare questo, comprendo che ci vogliono Coscienza e consapevolezza. Prima, però, serve che io capisca perché mi sono ammalato, qual è la ragione, cosa non ho capito. Voglio veramente capire qual è il trauma che ho subito e che ha costruito questa malattia? Voglio veramente passare attraverso una sofferenza cosciente? E qui, la risposta è quasi sempre: no, rimango malato. Perché? Se l’esperienza fosse un Sì, in quell’istante faccio qualcosa per guarire e guarisco. Questo ci dice qualcosa di fondamentale: siamo noi stessi che creiamo questo loop e, ad un certo punto, non ne usciamo più fuori perché crediamo che la cura sia più dolorosa della malattia. E, quindi, rimaniamo malati, intrappolati dalle nostre stesse false credenze, determinate da una bassa consapevolezza.

Che cosa fa l’alieno o, anche, l’alienato? Per intenderci, colui che conosce perfettamente tutta questa storia e non vuole che la popolazione acquisisca consapevolezza di sé. La consapevolezza di sé è legata al Secondo Principio della Termodinamica7, la quale dice: l’entropia aumenta sempre, nell’Universo. L’entropia si può mettere in relazione con la consapevolezza che è legata alla Coscienza: è una misura della Coscienza. E la Coscienza è l’entropia. Non lo dico io, ma altre duecento persone su lavori scientifici, che hanno pubblicato sui principali giornali scientifici del mondo. L’entropia è, peraltro, l’ordine del sistema. L’entropia aumenta quando la Coscienza aumenta e l’energia del sistema si abbassa, pertanto, tutto diventa più simmetrico.

Questo che cosa vuol dire? Che, a mano a mano che acquisisco consapevolezza di me, il sistema deve diventare più simmetrico. In parole povere: se ci sono due, tre, quattro, cinque esseri e questi si uniscono in un’unica essenza, l’entropia aumenta, la Coscienza aumenta, la simmetria aumenta. È importante comprendere questa cosa perché, chi governa, non vuole che la tua Coscienza aumenti: ti deve tenere separato. Cosa fa il potere politico, per esempio? Il potere temporale della Chiesa? Il Potere in generale?

Ti categorizza, ti dice: Sai, tu sei in democrazia: puoi fare quello che vuoi. Puoi scegliere: ci sono le elezioni. Puoi votare a Destra o puoi votare a Sinistra. Vedi, puoi scegliere. È una scelta falsa: sia la Destra e la Sinistra – come dico sempre sono, in realtà, due aspetti di una dualità che non esiste ma che appare duale. Se si analizza perfettamente, ed oggi come oggi non ho paura di essere smentito, sia la Destra che la Sinistra, da un punto di vista politico, sono due mani, due longa manus della massoneria, cioè di chi detiene veramente il potere e che finanzia sia la Destra che la Sinistra. Così, chiunque vada al Governo, vince sempre chi ha elargito i fondi sia ad una parte che all’altra. Adesso si capisce perfettamente, perché i programmi politici della Destra e della Sinistra sono, praticamente, quasi sovrapponibili.

Miccoli: O, comunque, c’è la stessa ideologia che fa da matrice.

Malanga: Esatto, c’è una stessa ideologia che fa da matrice! Si comprende, quindi, perché questi tipi di ipotesi di civiltà, di Destra o di Sinistra, stiano fallendo: una per una, falliscono tutte. Perché? Se noi stessi siamo i creatori dell’Universo, creiamo una realtà, anche ideologica, esterna ed è quella parte di noi che non abbiamo capito. È per questo che il mondo politico, in fin dei conti, non ci piace: sostanzialmente, è quella parte che noi non abbiamo capito, quindi, non ci piace. L’analisi storica, l’analisi sociale, l’analisi politica del perché certi modi di governare il popolo non hanno prodotto che danni, è determinata dal fatto che noi, dentro, viviamo separati: la nostra parte animica, la nostra parte mentale e la nostra parte spirituale – o, come potrebbe dire Hillman: la nostra parte femminile, la nostra parte maschile – non sono coesi insieme in quel matrimonio alchemico che rende l’uomo una Coscienza coesa, unita.

Oggi abbiamo una civiltà di Destra, quella del superuomo, del macho, del maschio. Una civiltà prettamente maschile, di chi comanda, e che usa la femmina solamente come suppellettile da utilizzare. No?! Prendiamo ad esempio la Chiesa cattolica, per esempio: non ammette, se non in figure di secondissimo piano, se così si può dire, la figura femminile. In politica le donne, più che altro femmine, scimmiottano l’atteggiamento del maschio, altrimenti non si darebbe loro il potere che hanno.

Miccoli: Qualche giorno fa discutevo con un mio amico, a questo proposito e lui diceva: Secondo me, una donna non può fare il Ministro della Difesa8.

Malanga: Assolutamente d’accordo!

Miccoli: Gli ho risposto: A parer mio, il problema non è che non possa fare il Ministro della Difesa, è che quel concetto di gestione della Difesa, ovvero guerrafondaio, è esclusivamente maschile. Se vuoi mettere una donna a fare quel lavoro, deve trasformarsi in uomo.

Malanga: Sì, esattamente! Questa è la rappresentazione del fallimento del ’68, del fallimento del Movimento Femminista, per esempio, dove vi era l’idea dell’eguaglianza. Ora, il principio di eguaglianza è una stupidaggine che Nietzsche mette in evidenza in modo preciso. Egli affermava che quell’idea l’hanno inventata gli stupidi, perché non hanno nessun’altra possibilità, se non sentirsi uguali agli altri, altrimenti rimangono stupidi. La femmina non può essere uguale a un maschio: la femmina è femmina, il maschio è maschio.

Ci sono strutturali percorsi neuronali differenti, ognuno con la propria visione. Il maschile e il femminile, pur essendo diversi, l’unica cosa che possono fare è ritornare una Coscienza integrata, in cui non si vede il mondo solo da un punto di vista maschile, o solo da quello femminile, ma si ha la possibilità di vedere le due facce della medaglia contemporaneamente. Ecco, l’integrazione! Non l’illusorio raggiungimento di un’ipotetica uguaglianza inesistente. Il modello, lo studio dell’alieno, ci aveva fatto capire come, la stessa chiave di lettura, che ci aveva fatto capire che noi siamo fatti di anima, mente e spirito, ci poteva permettere di utilizzarlo per analizzare un modello socio-politico-economico moderno. Incredibile! Non c’era più la dualità, non veniva vista la dualità.

Il maschio e la femmina sono la rappresentazione di una dualità. Nel mito è scritta tutta questa storia. Quando la si va a rileggere con la propria consapevolezza, si comprende esattamente che cosa ci racconta il mito. Nel mito c’è, per esempio, la figura dell’androgino: l’androgino è un maschio e una femmina attaccati insieme per la schiena. Il che vuol dire che non si vedono: la mia parte femminile sta dietro e non può guardarmi perché siamo legati per la schiena.

A un certo punto Dio dice: Questo uomo con due teste, quattro braccia e quattro gambe è troppo potente. Io non lo posso governare. – fate finta che Dio sia l’alieno di oggi – lo devo dividere. E allora chiama Ermes-Mercurio che divide l’uomo in due parti, che si staccano. Dopodiché l’androgino fa il suo percorso e il percorso è rotante, una rotazione: perché il tempo, per la fisica quantistica, è circolare e non lineare come diceva Sant’Agostino. Anche prima di Sant’Agostino si diceva che il tempo fosse circolare. Quando arriva Sant’Agostino e dice: Eh, l’uomo è stato perdonato dal peccato originale, quindi non è possibile che pecchi ancora – rotazione del tempo, cose che accadono ciclicamente – quindi il tempo da oggi sarà lineare! E così ha messo un bastone fra le ruote alla fisica quantistica, che si deve riappropriare del concetto di circolarità del tempo.

Miccoli: Quindi la linearità del tempo è un concetto cattolico?

Malanga: Assolutamente! È un concetto cattolico che ha fatto dire agli scienziati, e lo ha fatto scrivere sui libri di fisica, che il Secondo Principio della Termodinamica prevede che l’entropia sia una misura del disordine. No! È una misura dell’ordine! Questo la gente ancora non l’ha capito, ma sui libri veri c’è scritto per benino: – Δs, no +Δs! Cioè è una misura del meno disordine. Il meno disordine è l’ordine. L’Universo si sta raffreddando, sta omogeneizzando tutti i pezzi, i quali stanno andando al loro posto: quello è l’ordine.

A metà dell’Ottocento, quando si scoprì questo concetto fondamentale, la Chiesa non poteva ammettere che la creazione di Dio si sarebbe raffreddata, sarebbe morta, si sarebbe spenta: gli hanno dovuto dare un’accezione negativa. Per questo la scienza del 1800, obtorto collo, chiama il Secondo Principio della Termodinamica: ‘misura del disordine’, mentre, in realtà, è ordine! L’ordine aumenta e, mentre aumenta l’ordine, col passare del tempo, aumenta anche la Coscienza delle persone. La Coscienza aumenta sempre, non diminuisce mai: come l’entropia. Ecco perché la Coscienza e l’entropia sono una misura dello stesso tipo: vanno nella stessa direzione.

Miccoli: Sono un po’ disorientato da una cosa: ogni volta che l’ho sentita parlare di alieni, immaginavo lei si riferisse a una antropomorfizzazione di parti egoiche degli esseri umani. Mi pare di capire di essermi sbagliato. Secondo lei non è assolutamente così.

Malanga: No, non è così! Cerchiamo di chiarire questo concetto fondamentale, perché molte persone sbagliano, i discorsi vanno contestualizzati. Allora, gli alieni sono esseri solidi, come noi, che vengono da un altro posto. Alieno vuol dire che viene da fuori, quindi, non avrei potuto chiamare, identificare, con il nome di alieno qualche cosa di cui noi stessi siamo…

Miccoli: Portatori.

Malanga: Portatori!

Miccoli: O, anche, creatori.

Malanga: Sì! È vero che noi abbiamo creato l’Universo, ma non come esseri umani, Noi come Coscienza. Anche l’alieno, da questo punto di vista, è un creatore della Coscienza. Tanto è vero che, nell’istante in cui noi ci specchiamo, mi rifletto nell’alieno, il quale deve rappresentare qualche cosa che non ho capito. La stessa cosa vale per l’alieno che si specchia nei confronti dell’umanità. Gli specchi sono così: devo capire dall’alieno qualcosa, e lo uso per comprendere che sono fatto di tre parti che devono essere riunificate – anima, mente e spirito – mi devo ricordare, cioè, che sono il Creatore dell’Universo.

L’alieno che mi prende, mi guarda, mi usa, che mi schiavizza, in qualche modo, deve comprendere che io rappresento un percorso di Coscienza che lui sta rifiutando. Deve capire che non riuscirà mai a fare quello che lui vuole rubare a me. Non riuscirà mai a prendere la mia essenza. Non riuscirà mai a prendere la mia esperienza. Non riuscirà mai a schiavizzare la mia parte animica. Io sono l’immagine che rispecchia all’alieno il percorso di consapevolezza che lui ha sbagliato. E glielo ricordo tutti i giorni, quando ha difficoltà a prendermi e a farmi fare quello che vuole lui.

Da questo punto di vista, anche l’alieno è una parte della Coscienza e utilizza, a specchio, il suo modo di creare l’Universo: per capire all’esterno ciò che non ha capito di se stesso. Non siamo su due piani: uno meglio e uno peggio, che sono discorsi duali, ma su piani coscienziali differenti. Non c’è una coscienza positiva e una coscienza negativa. C’è la Coscienza che va da zero a infinito. La Coscienza non è duale, è numericamente sempre positiva: non c’è un più o un meno. L’aspetto fondamentale, che può far pensare che l’alieno sia finto, è perché affermo che il mondo è virtuale e che quando abbiamo creato questo mondo virtuale esso fosse un mondo fantastico, finto. Oppure, quando parlo di Universo olografico: l’Universo, secondo la fisica e l’astrofisica moderna, è un ologramma.

Quindi, quando si sente parlare di ologramma, è automatico dire: Mah, è qualcosa che, se ci metto la mano nel mezzo e passo da parte a parte, è finta! Come se fosse un’idea. No, virtuale vuol dire un’altra cosa, non finto. Virtuale vuol dire modificabile. Cioè, se mi muovo, prima sono in una posizione, poi sono in un’altra ho cambiato, lo spazio, il tempo e l’energia di me stesso. È questo che vuol dire modificabile! La realtà, invece, è che solo la Coscienza è immutabile, è sempre la stessa. Questo è il motivo fondamentale del perché non si può scrivere una formula matematica che descriva la Coscienza. Cinque uguale a cinque non ha nessun significato, da un punto di vista matematico. La Coscienza è indescrivibile solo perché è immutabile. Posso descrivere attraverso una formula: f(x) = y, qualcosa che cambia nel tempo, nello spazio, nell’energia. Questo concetto ci fa capire come noi possiamo vedere l’Universo nella sua manifestazione, poiché essa si manifesta nel fare. Perché se l’Universo non facesse, noi non vedremo niente. Pensate, semplicemente, alla luce: la luce è invisibile. È un concetto strano pensare che la luce sia invisibile. Ma ammettiamo che io sia un astronauta nello spazio profondo: si vede tutto buio. Vedo il sole e la luna. La luna è illuminata, il sole è illuminante. Nel mezzo non c’è niente. È buio. Perché?

Miccoli: Mi scusi, finché non mi levo questa domanda dalla testa non riesco a continuare a seguirla.

Malanga: Sì.

Miccoli: Ma che senso ha? A che cosa serve tutto questo?

Malanga: Serve solo a sapere chi siamo, non serve ad altro.

Miccoli: E lei che risposta si è dato?

Malanga: Chi sono?

Miccoli: Chi siamo.

Malanga: Ah, noi siamo, e nel dire noi siamo, è la stessa cosa che dire io sono perché noi siamo la stessa cosa.

Miccoli: Chiedo perché a sedici anni mi hanno detto che questa domanda era meglio se non me la facevo più.

Malanga: No, no, no. Invece questa domanda va fatta, ed è proprio nell’istante in cui si fa che dei due scalini se n’è fatto uno. Nella scala dell’evoluzione umana ci sono solo due scalini: uno è chiedersi chi siamo e poi chiedersi perché. Tutti i processi di acquisizione di consapevolezza, di qualsiasi tipo, nell’Universo hanno tre step: un inizio, una risoluzione interna e una fine. L’inizio è, per esempio, il malato, il sano che diventa malato e che poi torna sano. Sono tre step, no? Il primo: sono sano ma sono inconsapevole, nell’istante in cui mi ammalo, secondo step, è perché la malattia è un momento di acquisizione di consapevolezza.

Miccoli: Un’opportunità.

Malanga: Sì, un’opportunità per capire. È come se io mi facessi una domanda a cui non so rispondere: nell’istante in cui mi rispondo, guarisco e torno a essere sano, ma allora, al punto numero uno ero sano, al punto numero tre sono sano, quindi, perché devo fare tutto questo percorso per rimanere sano? Perché c’è l’entropia differente, dal primo punto al terzo punto. Nel primo punto sono sano ma coglione, nel terzo punto sono tornato sano perché ho capito chi sono.

Miccoli: Ma a cosa serve, secondo lei, questo processo?

Malanga: Eh, serve perché potremmo farci la domanda in un modo contrario.

Miccoli: Cosa succederebbe senza?

Malanga: Sì, cosa succederebbe senza? Ecco, non succederebbe niente. Nell’istante in cui dico: non succede niente, siccome nel succedere c’è il fare e nel fare c’è l’esistenza, se non faccio questo percorso, non esisto. In pratica, so di esistere solo perché so chi sono, altrimenti, non so di esistere. Il non sapere di esistere equivale al non esistere, quindi, in questo contesto, la Coscienza, per caso si è divisa in due nel primo istante, perché non poteva fare altro che questo: una cosa sola non può, non ha altre possibilità, da un punto di vista geometrico, che non dividersi in due, che è la cosa più semplice, dando origine alla dualità.

Pensate che l’Universo è fatto così: le cellule si dividono in due, le reazioni chimiche sono l’urto fra due molecole, non fra tre, non esiste una reazione tra tre molecole. Tutto è duale. Questo accade proprio perché l’Universo è – possiamo descriverlo – come un ologramma frattalico e il frattale prevede che tutto l’Universo, che è un grosso mattone, sia fatto di mattoncini piccoli piccoli, tutti uguali, quindi, nel grande e nel piccolo c’è la stessa visione delle cose: praticamente studiare un fotone o studiare tutto l’Universo è, per molti fisici, la stessa identica cosa. Il mattoncino piccolo, il fotone, con cui è fatto tutto l’Universo, l’Universo grande, ci permette di capire che è un frattale, cioè fatto con pezzettini piccoli che montati tutti insieme ci danno un pezzo grande uguale al pezzettino piccolo. Ecco, in questo contesto, tutto ciò ha un senso, vale a dire: se la Coscienza non si fosse divisa, noi non saremmo stati qui a discuterne e il problema non si sarebbe posto.

Miccoli: Quello che lei chiama processo di malattia, mi ricorda molto il momento attuale della civiltà contemporanea, ovvero una separazione a tutti i livelli. Su qualunque cosa.

Malanga: Assolutamente. Ha senso, questo.

Miccoli: Io ho sempre avuto un’idea: questo non può che essere un processo che, potenzialmente, porterà l’umanità a capire quali sono gli errori che sta commettendo, così da evitarli in un futuro.

Malanga: Sì, sì. Allora, premesso che non li chiamerei errori, perché nessuno sbaglia. Nell’Universo duale crediamo che ci siano gli errori, i percorsi giusti e i percorsi sbagliati, questo è duale, in realtà ci sono solo percorsi; come non ci sono le idee di sinistra e di destra, come ci vogliono far credere, ma ci sono solo le idee.

Miccoli: Ma, secondo lei, come facciamo a considerare, che so, la bomba atomica su Hiroshima, qualcosa che non è un errore.

Malanga: Non è un errore: è un evento. Questo evento, dopo che abbiamo scelto che accadesse, ci ha permesso di trarre delle conclusioni, dei risultati, che noi non avremmo potuto ottenere, se questo evento non fosse accaduto. Quindi, se noi vediamo l’evento come una probabilità di informazione, direbbe il teorema di Shannon – un signore che ha studiato queste cose da un punto di vista matematico – non ha significato considerare l’evento positivo o negativo, è un evento, cioè una serie di dati.

Miccoli: Però, lei stesso, nel suo libro Il mondo felice, descrive un mondo anti-entropico.

Malanga: Sì. Lo ridico in un altro modo: prendiamo un evento, per esempio come la Seconda Guerra Mondiale. Si potrebbe dire: Eh, ma la guerra, è una guerra. Certo, ma la Seconda Guerra Mondiale ha portato, in una scala duale, tutta una serie di eventi che vengono identificati come negativi ma, anche, tutta una serie di eventi che, nella stessa scala, vengono identificati come positivi. Che so: la ripercussione sulla scienza chimica, che ha fatto grande, nel mondo, la Germania.

Miccoli: Internet.

Malanga: Internet: l’evoluzione del pensiero stesso.

Miccoli: La Costituzione Italiana.

Malanga: Da quel punto di vista, la guerra, qualcuno ha detto, è stata un bene necessario. Tanto è vero, sempre nel mondo duale, non possiamo dimenticare che, grosse potenze come il Vaticano, pensano che le guerre siano brutte e cattive, ma poi si son fatte le Guerre Sante ritenute buone. O, ancora, in un mondo come l’America del Nord, le guerre sono cattive, però ci sono anche le guerre giuste, come quelle con Saddam Hussein. Questo è solo un problema di visione duale della realtà. Le guerre ci sono solo perché noi, nell’Universo che abbiamo creato, abbiamo scelto di percorrere, in quell’istante, in quel momento, quel tipo di percorso: è una scelta che abbiamo fatto noi, e la scelta non è né positiva, né negativa.

In questo contesto, ciò che succedeva nelle civiltà antiche, primordiali, dove c’era una idea di unificazione maggiore di quella che abbiamo ora, rispecchia esattamente, in modo entropico e frattalico, la vita di un bambino piccolo. Il bambino piccolo, nella sua vita, diventa grande e poi vecchio, ripercorre esattamente lo stesso percorso delle società antiche che sono diventate moderne e poi diventeranno future. Il bambino piccolo si trova con la sua Coscienza, la sua anima, la sua mente e il suo spirito separati, incastrati in un corpo. Lui non si ricorda assolutamente chi è ma, la cosa più vicina a quello che era prima, è l’integrazione totale. Il bambino, infatti, è totalmente egoico. Crede di essere l’unica cosa che c’è in questo Universo e noi diciamo: Eh, ma poi il suo pensiero evolverà e comprenderà che ci sono gli altri; sì, ma per tornare a essere unico, alla fine.

Il bambino è unico, crede di essere l’unica cosa a cui tutto il mondo circola intorno ed è un pensiero totalmente egoico, ma non è il pensiero unico che si ha alla fine, in quanto, quello, è un pensiero cosciente. Quale differenza c’è tra l’egoico ed il cosciente? Bisogna passare attraverso la vita, attraverso la vita del bambino che diventa vecchio, attraverso l’evoluzione delle società nel tempo: è la stessa cosa. Che differenza c’è tra l’egoico e il consapevole? Tutti e due fanno l’unica cosa che possono: fare tutto per sé stessi, solo che l’egoico crede di fare per gli altri, il cosciente sa che fa solo per se stesso. Ma allora, quando si deve aiutare la vecchietta ad attraversare la strada?

L’egoico lo fa, perché dice: Eh, così dopo vado in paradiso, quindi non vuole aiutare la vecchietta, vuole andare lui in paradiso. Il cosciente sa che non deve aiutare nessuno, perché tutti devono fare l’esperienza. Se io aiuto qualcuno ad avvitare una lampadina, come ho sempre detto tante volte, ogni qualvolta a questo tizio gli si fulmina la lampadina, mi chiamerà, perché vorrà che lo aiuti a cambiare la lampadina. In questo modo, in realtà, gli sto impedendo di acquisire la consapevolezza di avvitare lampadine. Lui è venuto su questo pianeta per acquisire la consapevolezza. Io non lo posso aiutare, deve fare da solo perché, se l’aiuto, faccio lo spregio più grande che gli posso fare: aiutandolo gli sto bloccando il processo di acquisizione di consapevolezza. Il consapevole sa che tutto quello che fa, lo fa per sé, perché gli altri sono sempre lui. L’egoico pensa che tutto quello che fa per gli altri, gli tornerà indietro con una ricompensa.

Eh no, io voglio essere consapevole, ma sono partito da bambino piccolo, egoico. Il bambino piccolo, all’età di tre, quattro anni, comincia a capire che ci sono anche gli altri, comincia a capire che c’è la dualità, si fa accompagnare dal fratellino nella sua stanza, perché deve attraversare il corridoio buio. Prima no. Prima attraversava il corridoio buio, non aveva paura di nessuno, perché c’era solo lui, era egoico al massimo. Noi dobbiamo passare attraverso il processo di acquisizione di consapevolezza, cioè vivere la separazione nella paura, perché la paura è uno strumento che misura la separazione, per arrivare a capire, che possiamo tornare ad attraversare il corridoio buio, perché non c’è nessuno che ci farà del male, perché noi siamo l’unica cosa che esiste.

Miccoli: Tranne gli alieni.

Malanga: Gli alieni sono quella parte di noi che ci serve a comprendere che torneremo a essere una cosa sola. L’alieno non deve far paura. Per l’alieno devi avere compassione, poverino; l’alieno ti fa del male solo perché tu glielo permetti, inconsapevolmente. Quando abbiamo compreso che ci sono gli alieni, mettiamo in atto anche un processo di acquisizione di consapevolezza per cui, il soggetto che ha capito tutto, dall’alieno non viene più preso, perché lo ferma con la propria consapevolezza. La tecnologia dell’alieno ci fa un baffo, se abbiamo Coscienza.

C’è un altro aspetto fondamentale. Dico, come qualsiasi altro relatore che dica una cosa, delle cose che possono apparire, come primo step: vera o falsa, credibile o incredibile. Di solito i relatori, soprattutto quelli nel mondo scientifico, si preoccupano di mostrare che quello che dicono è ben documentato nella letteratura scientifica, e questo è sicuramente un ottimo approccio, ma non basta.

Se dico una cosa in cui credo in primo luogo, siccome ci credo, per me è così, è vera, perché non esiste il vero e il falso, che sono concetti duali; esiste il fatto che, se credo che una cosa sia vera, te la dico in modo tale per cui non la ritengo una bugia. L’interlocutore, inconsapevolmente, poiché siamo una Coscienza unica, non se ne accorge, ma si rende conto che gli stai dicendo una fesseria, lo stai prendendo per i fondelli, oppure che gli stai dicendo quello in cui tu credi realmente.

La gente si accorge di questo fatto. Basta seguire un comizio politico per rendersi conto, dentro il nostro cosciente, che quel politico sta in realtà dicendo una cosa in cui non crede, si vede benissimo; quindi, se io non sono credibile in quello che dico, sempre da un punto di vista statistico ovviamente, perché ci sarà sempre qualcuno che a cui non piacerà quello che dico, vuol dire che dentro di me c’è qualcosa che non va, che io non ho capito.

La mia paura non è di dire una menzogna o di dire qualche cosa che è sicuramente sbagliata, quello che mi preoccupa, è vedere se le persone credono in quello che dico; è credibile quello che dico, oppure no? Può essere stranissimo, o incredibile, ma vero: tra la credibilità e la realtà non c’è nessuna relazione, una cosa può essere totalmente incredibile ma assolutamente vera, e viceversa.

Miccoli: Dal suo punto di vista, in tutto questo discorso, ponendo le basi su ogni elemento che ha descritto, come si incastra in questa storia quello che oggi chiamiamo il fenomeno del cambiamento climatico?

Malanga: Anche se risulta difficile comprenderlo, tutto quello che ci accade, durante la giornata dipende semplicemente da noi, perché noi lo abbiamo creato. Non è un caso, quindi, che io mi incontri con il signor Rossi e faccia con lui, oggi, questo discorso e non ieri o domani: ho bisogno di creare una situation comedy in cui il signor Rossi, con la sua realtà esterna, mi mostri qualcosa che a me serve. In questo contesto, tutto ciò che accade nel mondo, è qualcosa che l’umanità intera sta inconsapevolmente producendo.

Esempio: ci sono i tifoni, le mareggiate, i terremoti, cioè uno stato di instabilità planetaria che ci fa temere che qualche cosa di apocalittico colpisca questo pianeta dall’oggi al domani, e in effetti qualcosa di apocalittico sta, pian piano, accadendo. Possiamo osservarlo con i cambiamenti climatici, che non sono più quelli di una volta. Di riflesso, siccome noi siamo i creatori dell’Universo, questo lo stiamo creando noi.

Perché? Perché non ci rendiamo conto del disagio interno che la società moderna sta vivendo in questo momento, e abbiamo bisogno di un allarme esterno che ci dica: No, le cose così non vanno, non bisogna vivere così, bisogna vivere in un altro modo, con più armonia; allora l’aspetto di disarmonia interna che viviamo, viene automaticamente estroiettato e ributtatoci addosso, a specchio, sotto forma di disastri naturali.

Miccoli: Quindi noi stiamo sviluppando quelle manifestazioni, che palesano il fatto che abbiamo una carenza, a livello coscienziale, di consapevolezza

Malanga: Esattamente. E il concetto fondamentale, che credo di aver capito, è che abbiamo fatto tutte le rivoluzioni possibili e immaginabili: la rivoluzione storica, quella culturale, militare, economica, la rivoluzione…

Miccoli: L’informatica.

Malanga: Informatica, benissimo. L’unica rivoluzione che non abbiamo ancora fatto, perché le altre non hanno funzionato, è quella coscienziale, cioè costruire dentro di noi, quel matrimonio alchemico, tra parte animica e parte spirituale, tra la nostra parte femminile e la nostra parte maschile, direbbe lo psicanalista di turno. Pertanto, dentro, acquisiamo armonia nell’istante in cui torniamo ad essere chi eravamo una volta, la Coscienza integrata, questa volta consapevole e, automaticamente, fuori creeremo un mondo coerente con il nostro dentro e, quindi, armonico.

Cosa vuol dire questo? Che non c’è più il tempo di fare i girotondi davanti a Palazzo Madama, per far credere al governo di aver fatto una cosa giusta o una cosa sbagliata? Prima si fa la rivoluzione dentro, prima si acquisisce consapevolezza di sé e poi si vedrà che il mondo, senza bisogno di manifestazioni di piazza, andrà avanti, si correggerà da solo.

Miccoli: Siamo arrivati al punto più importante, perché è la parte che sta studiando adesso. Che cos’è l’Evideon a 432 Hz?

Malanga: Ecco. Da qui nasceva l’esigenza che avevo quando mi sono iscritto all’università, quando studiavo, tanti anni fa, il problema alienologico, cioè di cosa gli alieni venissero a fare, che è il punto da cui siamo partiti oggi, ma che ci porta al punto numero tre, cioè tornare alle nostre origini. In quel contesto, avevo la necessità di andare dagli scienziati e spiegar loro, oppure loro venivano da me, mi chiedevano ed io dovevo parlare il loro linguaggio, un linguaggio matematico, per fargli capire che l’Universo era fatto in un certo modo, per certe ragioni, quanto avevo capito.

Quel che ho capito ora è che quel sistema andava bene solo a metà. L’altra metà era costituita dal fatto che dovevo fare un discorso di natura sensibile, cioè non più un discorso basato sul lobo sinistro. Io faccio il ricercatore scientifico, ho una visione maschile dell’Universo, in cui tutto è categorizzabile e categorizzato. La parte femminile non vuole mai essere categorizzata, vuole fare un discorso di sensazione: secondo me, due più due potrebbe fare quattro, mentre il lobo sinistro dice, l’emisfero sinistro, due più due fa quattro. Ci sono, da una parte delle certezze e dall’altra parte delle sensazioni.

Ho provato, in questi anni, a fare anche il discorso sensibile, di sensazione; come dicevo prima, dire agli altri: Guardate che le cose stanno così, senza bisogno di fare una dimostrazione matematica, perché l’altro lo avrebbe sentito dentro, che le cose erano così.

Giungo ora, alla fine, al terzo punto dell’evoluzione, dicendo: No, ci vogliono tutti e due i discorsi, quelli del lobo destro e quelli del lobo sinistro.

Cosa ho fatto? Ho scritto una serie di articoli e una serie di ricerche, in cui si dimostra che l’idea, per esempio, di suonare la musica a 432 Hz, con il LA quinto a quella frequenza, ti dà una sensazione di armonia interna. Ma come? Questo è un discorso newagiano, si potrebbe dire. Da dove vengono fuori questi numeri? Ma chi se ne frega! Allora, ho dovuto dimostrare, con delle formule matematiche, con degli algoritmi precisi, che l’Universo, se è un frattale ed un ologramma, questo frattale olografico ha come indice di complessità un numero che si chiama D maiuscolo, uguale proprio a 4.32.

Ma che strano, come mai l’indice di frattalità dell’Universo ha lo stesso numero con cui, in qualche modo, si suona in modo armonico? E si suona in modo armonico a 4.32, perché 4.32 è proprio il numero con cui la complessità dell’Universo è stata fatta da noi stessi, quindi, inconsapevolmente, quando sentiamo una musica 432 Hz, ci sembra di essere tornati a casa.

Da una parte c’è la sensibilità del lobo destro, dall’altra parte ci sono gli algoritmi del lobo sinistro. Non l’aveva mai fatto nessuno, mettere, comprendere, come si usano i logaritmi in base due – perché l’Universo è duale. Non è un caso, le note musicali di un pianoforte, sostanzialmente calcolate da Pitagora, avevano ragione di essere. In realtà non è 432 ma è 431.8588 Hz, che è esattamente la frequenza con cui l’Universo, in qualche modo, si può descrivere, da un punto di vista frequenziale.

Miccoli: L’Universo e, quindi, anche tutti noi.

Malanga: Certamente, perché noi siamo l’Universo.

Miccoli: E noi vibriamo a 431.8588 Hz?

Malanga: Sì, ma non lo posso dire così, perché noi vibriamo ad una serie di frequenze, come tutto. Come diceva De Broglie, che era un fisico: Quando un corpo si muove, alla sua massa, può essere associata una frequenza e la sua equazione è: seno di omega T + Phi. Queste frequenze hanno una caratteristica fondamentale: siccome noi siamo in un frattale, siamo fatti di piccoli pezzettini che vibrano tutti alla stessa frequenza, dando origine a sovratoni e a sottotoni, che però dipendono tutti da quella frequenza lì. Ecco, 4.32 è una delle frequenze importanti a cui vibra tutto l’Universo. Non a caso, e lo dico proprio in modo molto semplice, se noi dividiamo 432 per Pi-greco, otteniamo lo stesso risultato che avremmo dividendo 360 per il quadrato della sezione aurea. Da questo si capisce chiaramente che i 360°, che descrivono tutto l’Universo in modo sessagesimale, sono legati alla sezione aurea, a Pi-greco e a 432.

Miccoli: Lei ha trovato altre correlazioni tra questi valori universali?

Malanga: Sì, ci sono moltissime correlazioni che possono essere prese in esame ed essere correlate con l’idea della fisica che descrive Planck9, con l’entropia di Planck. Planck sa perfettamente che ci sono degli oggetti nell’Universo, che sono gli oggetti più piccoli di tutti, questi oggetti, l’oggetto più piccolo di Planck, avrà una superficie di Planck, che, guarda caso, è un numero estremamente simile al quadrato della sezione aurea. Probabilmente è il quadrato della sezione aurea.

Quando si vanno a calcolare numeri talmente piccoli, un piccolo numero alla terza cifra dopo la virgola come centimetri o secondi – sono queste le unità di Planck – possono esserci differenze, quindi, credo proprio che l’area di Planck, sia veramente il quadrato della sezione aurea. Quest’area di Planck viene messa in relazione con la sezione aurea. C’è anche il concetto di entanglement: L’entanglement è quel fenomeno fisico misterioso, neanche più tanto misterioso ora, per cui la fisica quantistica dice che: due particelle, per esempio due fotoni, che sono a distanza intergalattica tra di loro, se al primo fotone gli pesti i piedi, il secondo sente il dolore. Subito, immediatamente! Sono collegati tra di loro in qualche modo.

Ciò accade perché c’è una probabilità di entropia, dicono i fisici quantistici. C’è un signore, che si chiama Hardy10, che ha calcolato l’entropia di entanglement di Hardy, si chiama così, che, guarda caso, è uguale alla sezione aurea elevata alla quinta. Si comprende, così, come tutti quei numeri che descrivono l’Universo in modo quantistico, secondo, per esempio, la teoria che si chiama E-Infinity Theory11, sono tutti i numeri che dipendono da Pi-greco e dalla sezione aurea.

I numeri dell’Evideon, cioè dell’idea di come l’Universo sia stato costruito, cioè su un asse dell’energia, un asse dello spazio e un asse del tempo, con dei numeri precisi, che sono gli stessi numeri di Hardy, della sezione aurea, gli stessi numeri, se vogliamo, tirati fuori da quella poco consapevole New Age americana degli anni ’50; sono gli stessi numeri che costruiscono e costituiscono l’Universo. Non poteva che essere così, perché la neurofisiologia moderna ha scoperto, per esempio, che i neuroni del cervello sono a distanze multiple del Pi-greco. Pi-greco e sezione aurea, quindi, sono di fatto i due numeri che regolano l’Universo e sono legati al 432 e al 360, che è l’angolo giro, in pratica. Tutto è calcolato su questi numeri.

Lo stesso DNA ha delle misure di lunghezza e di larghezza che sono esattamente la sezione aurea, perché tutto è un frattale e, quindi, una volta che capiamo l’equazione del frattale, capiamo come è fatto l’Universo. E non è vero che l’Universo è estremamente complicato! L’Universo ci appare tale, perché noi non ne abbiamo consapevolezza. L’equazione dell’Universo è un frattale, sicuramente complicatissimo, ma, man mano che lo comprendiamo, la formula diventa semplicissima. La formula rimane sempre la stessa, ma sono i nostri occhi e la nostra consapevolezza, a vederla, ora, estremamente esplicabile.

Miccoli: Lei, nell’ultima conferenza, ha fatto vedere un’immagine dell’Universo spiaccicato su un piano, praticamente. Il termine scientifico è spiaccicato, giusto?

Malanga: Sì, spiaccicato. Assolutamente.

Miccoli: Lì, ha evidenziato dei punti nell’Universo, dove ci sono delle anomalie particolari. Già questo, dice nella conferenza, le ha fatto capire che non ci può essere stato un Big Bang.

Malanga: No.

Miccoli: Altrimenti ci sarebbe un’unica frequenza di fondo, uguale ovunque, perché ci sarebbe stato un unico punto di innesco.

Malanga: Una totale isotropia e non una parziale anisotropia.

Miccoli: Sì, che per i comuni mortali vuol dire?

Malanga: Vuol dire che, il rumore di fondo dell’Universo, se uno avesse un orecchio sensibile, risulterebbe: mmmmhhhhh, quindi l’Universo che vibra, qualcosa che vibra, che fa rumore. Siccome il Big Bang è capitato dappertutto, in tutti i punti, nello stesso istante, dovrebbe essere un colore unico, avere una temperatura unica, invece ci sono dei buchi. Sono questi buchi a farci capire che l’Universo non è esploso in quel modo lì, quindi non c’è stato il Big Bang. Sarà esploso in un altro modo, ma il Big Bang non può esserci stato.

Miccoli: Inoltre, lei ha notato che ci sono due punti singolari?

Malanga: Ci sono due punti singolari sì. In realtà non l’ho notato io, ovviamente, ma l’ha notato chi ha studiato la radiazione di fondo e, tra questi, ci sono Penrose e Hawking. Penrose è ancora vivo e Stephen Hawking è morto l’anno scorso. Due grandi colonne della fisica, con il cervello un pochino più aperto, per vedere che cosa sta succedendo. Bene. Sostanzialmente, Penrose intravede in questi due punti, quelli che sarebbero stati, secondo la sua ipotesi, i residui di due buchi neri che, collassando tra di loro, avrebbero prodotto tutto l’Universo.

In realtà, queste due posizioni, geometricamente, rappresentano, secondo il mio modello sono sovrapponibili al mio modello – quelli che sono il punto della materia e il punto dell’antimateria, da cui materia e antimateria sarebbero sgorgate, di fatto.

Miccoli: In pratica, i poli dell’Universo?

Malanga: I poli dell’Universo. Certo. L’Universo ha un piano spazio-temporale fisso, non pieghevole, come diceva la vecchia teoria di Einstein, l’applicatore dello spazio-tempo, ricordate? Sembra assolutamente, invece, che l’Universo sia spazio-temporalmente rigido ma modificabile sull’asse dell’energia. Le assi dell’energia positiva e negativa, in qualche modo, allungandosi e accorciandosi, dando luogo, quindi, a questa vibrazione di fondo, produrrebbero l’idea della massa, che altrimenti sarebbe solo una cosa inesistente. Il nostro cervello, secondo il neurofisiologo Pribram, e un altro neurofisiologo che è Köstlin, è un lettore di ologrammi, quindi noi vediamo delle cose che, in realtà, ci appaiono così ma non lo sono. L’Universo sarebbe un piano spazio-temporale fisso, dove l’energia vibra. Questa energia che vibra, sia in alto che in basso, rispetto a questo piano, dà origine a fotoni ed antifotoni che sono interconvertibili tra di loro.

Cosa dice la fisica? La fisica dice: il fotone non ha un’antiparticella, perché l’antiparticella del fotone è lo stesso fotone. Cosa dicono altri duecentocinquanta lavori scientifici pubblicati negli ultimi quattro, cinque anni? Che non è vero! Che il fotone è massivo, cioè ha massa e, quindi, se ha una massa può avere anche un’antimassa, cioè avere anche una sua antiparticella. Ecco, il fotone e l’antifotone sono la rappresentazione dell’Evideon, cioè quel nome che ho dato all’Universo. Cosa vuol dire Evideon? Reso evidente dal fare qualcosa. Se stai fermo, non si vede niente ma, nell’istante in cui si alza e si abbassa l’asse delle energie, ecco che, come in una mappa di Google, vedi in tre dimensioni i grattacieli di New York; funzionerebbe così.

Questo ci dà l’idea proprio del fatto che la materia e l’antimateria, ahimè, sarebbero uguali nell’Universo. Solo che i conti non tornano, perché la fisica non ha compreso delle cose fondamentali: uno, che forse si intuisce, dai lavori a partire da De Broglie in giù, e, cioè, che il fotone ha una doppia identità: scrivono così le riviste scientifiche nelle review.

Questa doppia identità, forse questa doppia elicità, questa doppia simmetria – non si capisce bene – venti, trenta articoli che parlano della doppia identità del fotone; in realtà, essa si manifesta, nel mondo virtuale, con il fatto che il fotone non ha massa perché il fotone e l’antifotone, che vibrano e si interconvertono fra di loro, muovendo l’asse dell’energia, in modo talmente veloce da essere al di sotto del tempo di Planck, quindi, al di sotto dei secondi. Immisurabile! Quello che noi vedremmo è la media delle due cose, cioè solo il piano spazio-temporale, dove, non essendoci l’asse dell’energia, il fotone non avrebbe massa.

Miccoli: Sa, quando fa quel movimento con le mani12, mi fa venire in mente una pulsazione.

Malanga: Una pulsazione. Se il mondo è fatto a 431.8588 Hz, come mai scrivendo 1 diviso 2, moltiplicato la costante di Planck, per la velocità della luce, per 273.15, che è la temperatura assoluta, non viene 4.31855 per ? è un numero che ci permette di capire in che scala stiamo lavorando, ma perché proprio il 4.32? Lì si capisce che la costante di Planck, la velocità della luce e la temperatura, sono legate a diversi altri parametri, tra cui l’entropia, e sono la rappresentazione olografica dell’Universo che, quindi, vibra alle frequenze che abbiamo calcolato, che sono multipli di 432.

Miccoli: Le dico la verità: ho capito cosa ha detto adesso, ma non lo riesco a comprendere.

Malanga: Certo, perché c’è una differenziazione fondamentale tra il capire e il comprendere. Esempio: ho un libro di chimica davanti, lo leggo, capisco l’italiano, capisco tutto, chiudo il libro, ma non lo so ripetere. Questo vuol dire che io ho capito il significato delle cose, ma non sono ancora diventato quella cosa lì.

Miccoli: Non sto parlando di tutto, ovviamente, ma di questa formula di cui lei parlava adesso.

Malanga: Certo, certo, non sono diventato quella cosa lì. Questa formula, che deriva da tutta un’altra serie di elucubrazioni matematiche, mi fa capire come le principali costanti dell’Universo, che sono quella di Planck, la velocità della luce e la temperatura assoluta, oltre al numero due, che non è un numero ma una costante che indica che l’Universo è duale e che compare in tutte le forme della fisica quantistica, sono in stretta relazione col 4.31855. In strettissima relazione. Non può essere un caso che, il prodotto di questi numeri, dia quel numero lì.

Miccoli: Secondo lei, perché le sono qui davanti in questo momento?

Malanga: Perché lei si sta specchiando con me: le cose che le sto dicendo, le servono per acquisire consapevolezza su quella cosa che non ha capito.

Miccoli: E questo è il motivo per cui lei è davanti a me.

Malanga: Ovviamente.

Miccoli: Ma perché io sono davanti a lei?

Malanga: Per un motivo diverso che ognuno di noi ha dentro.

Miccoli: A seguito della conversazione che abbiamo avuto, secondo lei perché? Cos’è emerso dentro di lei, in questa conversazione? È questa la domanda che le sto facendo, in realtà.

Malanga: Diverse cose. Una di queste è il fatto che mi sento abbastanza sicuro di quello che ho detto, quindi l’ho riascoltato dalla mia stessa voce; i discorsi mi vengono chiari, quindi acquisisco fiducia nel fatto che non ho detto delle stupidaggini. E poi, la consapevolezza che ci stiamo avvicinando a un istante, a un momento storico, in cui la gente, pian piano, comprenderà, perché è giunto il momento che la comprensione non può più essere trascurata. Abbiamo raggiunto, probabilmente, il momento di non ritorno. In passato, questi discorsi, che sono sempre stati fatti in altri modi, con altri linguaggi, sono sempre stati ri-dimenticati.

Miccoli: Anche divulgati con altri mezzi.

Malanga: Con altri mezzi, sì. Tutto bene, però alla fine te li dimentichi e li devi riscoprire ancora una volta. Passano duecento, trecento anni e ritorna fuori lo stesso discorso, che faceva il filosofo Bacone ai suoi tempi, magari scritto in modo matematico. È la stessa cosa, ma ora detta in un modo diverso. La cosa importante, non è tanto il linguaggio che Bacone poteva utilizzare ai suoi tempi ed io, qui, ne utilizzo un altro, perché ora non si parla più come si parlava prima, ma il fatto è che ci siamo dimenticati il discorso e lo abbiamo dimenticato anche prima di Bacone, tante volte. Ora, credo sia giunto il momento che non lo possiamo più dimenticare, cioè siamo giunti al punto di non ritorno.

Miccoli: Questo, forse, è anche il motivo per cui, le persone che la stanno ascoltando, sono ancora davanti a questo video.

Malanga: Se ciò accade, è sicuramente perché, non ho fatto un semplice discorso alla gente, un discorso vocale che conta per il tre per cento. Quello che conta è il novantasette per cento di metacomunicazione, quella che la programmazione neurolinguistica dice arrivare molto più a fondo, all’interno della persona che ascolta. Ma ci metto di più, cioè una comunicazione coscienziale. Per quanto possa essere impreciso il linguaggio che abbiamo utilizzato, la Coscienza parla in modo nascosto, con parametri nascosti, ma in modo archetipale, quindi una formica capisce quello che dico e, viceversa, io posso capire il linguaggio della formica, senza esserne consapevole. Se la gente rimane ad ascoltare, dopo tanto tempo, quello che sto dicendo, è perché magari le orecchie si sono chiuse, ma la Coscienza è rimasta aperta.

Miccoli: E forse anche perché è un momento in cui bisogna ascoltare questo tipo di informazioni, come stava dicendo prima.

Malanga: I greci usavano tre tipi di tempo: il tempo atmosferico, il tempo cronologico – Chronos – e il Fato. È il momento in cui le cose possono accadere, perché prima, anche se accadevano, la Coscienza non avrebbe permesso uno sviluppo ulteriore.

Malanga: Voleva aggiungere qualcosa?

Malanga: Potrei dire questo: non so se ho fatto un lavoro fatto bene o fatto male, negli ultimi anni, che, comunque, mi è costato un sacco di fatica e non so se rifarei. Ho la sensazione che avevo da dire queste cose, da studiarle, da capirle, per me stesso.

Mi sono quindi imbattuto in questa realtà, per esempio dei fenomeni di adduzione, i quali ho voluto studiare proprio perché, specchiandomi, dovevo capire qualcosa. Nel contesto delle adduzioni, dovevo capire come funzionava la parte animica perché, la parte animica che mi interessava comprendere, era la mia, sostanzialmente, ed ho usato, quindi, il fenomeno dell’adduzione.

È da che lì veniva fuori veramente, il bisogno della parte animica strumentalizzata, utilizzata, calpestata, dalla parte maschile di questo Universo, che è il potere. Il potere su questo pianeta, il potere degli alieni, e non solo degli alienati. Non so se tutto questo sia stato un punto di non ritorno, però sono abbastanza contento, da una parte, di aver fatto questo tipo di lavoro, che si conclude ora; qualche altra conferenza, ma tutto quello che dovevo dire, l’ho detto. Non c’è altro, secondo me, da scoprire dopo.

Da una parte sono contento, dall’altra sono un po’ deluso e la mia Coscienza me lo dice: la delusione della illusione o la illusione della delusione. Sono deluso perché credevo che, su questo pianeta, la gente fosse un po’ più sveglia e capisse più velocemente le cose, ma mi devo assoggettare al fatto che ognuno ha i suoi tempi. Questo a me importa perché, siccome io sono anche l’altro, noi, io stesso, non potrò comprendere bene come stanno le cose, finché l’ultimo di noi, in questo Universo, compreso l’alieno, non avrà capito.

Miccoli: E noi pubblicheremo questo video, e questo libro, proprio per questo motivo. Le stavo per fare questa domanda, però mi ha già risposto: secondo lei, come mai è l’unico ad essere arrivato a queste conclusioni? E intanto, ancora prima di questa domanda, in questo momento sente di poter dire che sta dicendo la verità, o sta dicendo ciò a cui è arrivato lei? Cioè: possiamo prendere questa, o lei la vorrebbe far passare, come una verità assoluta o come delle conclusioni che, però, possono essere messe in discussione?

Malanga: Non credo che questa sia una verità assoluta. Credo che ci si avvicini per almeno l’ottanta per cento. Va anche detto che, a mano a mano che la Coscienza aumenterà, questa verità prenderà un’altra forma, verrà descritta con un linguaggio migliore, il quale non sarà più il linguaggio vocale, ma il linguaggio archetipale. Il nocciolo della questione, secondo me, è questo.

1 Oggetti volanti non identificati

2 Medico, chirurgo e psicoterapeuta, fondatore del CIMP (Centro Italiano Ipnosi Regressiva) di Genova

3 È una scala di unità di misura usata per descrivere quantitativamente la radiodensità. Prende il nome dall’ingegnere britannico Godfrey Hounsfield, inventore della risonanza magnetica nucleare e Premio Nobel per la Medicina.

4 Gli Ufo nella Mente ristampato nel 2016 da Spazio Interiore

5 Programmazione neurolinguistica: la rappresentazione del tentativo di scrivere una formula che descriva il comportamento umano.

6 Termine usato da Milton Erickson

7 Esistono molte formulazioni equivalenti di questo principio. Nella fisica moderna la formulazione più ampiamente usata è quella che si basa sulla funzione entropia: In un sistema isolato l’entropia è una funzione non decrescente nel tempo

8 Si parla del Ministro Elisabetta Trenta

9 Karl Max Planck, fisico tedesco e Premio Nobel cui dobbiamo la scoperta dei quanti d’energia e contributi fondamentali nella formulazione della teoria dei quanti.

10 Lucien Hardy, fisico teorico cui si deve l’esperimento mentale conosciuto come Paradosso di Hardy in cui una particella e un’antiparticella possono interagire senza annichilirsi a vicenda.

11 Una cosmologia frattale proposta da Mohamed El Naschie

12 Il Professore mima una pulsazione con un movimento delle mani. È visibile nel video di questa intervista al minuto 93.

PARLAMI DI UNIVERSO E ALIENI COSÌ CHE IO POSSA CAPIRE - Eugenio Miccoli intervista Corrado Malanga

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