Ecco qui, come vi avevamo promesso ieri, l’approfondimento di MePiù sulla lectio magistralis del Prof. Diego Fusaro, imbastita su una straordinaria e lucidissima analisi della contemporaneità, di cui in questo approfondimento andremo ad analizzarne, punto per punto, i suoi temi principali. Lectio che si apre con una famosa citazione di Antonio Gramsci “la storia insegna ma non ha scolari” che sottolinea la mancanza di consapevolezza dilagante nella popolazione nei confronti di ciò che sta avvenendo intorno a noi e nelle nostre vite.
Fusaro inoltre sottolinea l’importanza di una visione ermeneutica generale per potere di fatto cambiare veramente qualcosa. Il partito nella sua versione esclusivamente politica non basta per poter cambiare lo stato di fatto delle cose; ricalcando così, sulla scia di Scardovelli, la necessità di una rivoluzione culturale prima ancora che politica. Soprattutto all’interno della nostra epoca, l’epoca della contraddizione, l’epoca della globalizzazione che produce: sconfinamento e muri; post-verità relativistica, e poi al tempo stesso repressione delle fake news. Produce scienza rigorosa (o che si pretende tale) e superstizione parareligiosa, disincantamento e perdita degli ideali e al tempo stesso reincantamento magico legato ai modelli di iperproduzione capitalista. Ogni cosa porta con sé il proprio opposto nel nostro tempo. Il nostro compito in termini di rivoluzione culturale è un PLUS LAVORO CONCETTUALE per questo è necessario un esercizio ermeneutico costante cui tutti siao chiamati a fare.
Questo sforzo diventa ancor più necessario oggi, nell’era del neoliberismo, che si erge come unica ideologia e che definiremo estremismo di centro, che altro non è che la razionalità dei mercati a cui tutto deve conformarsi, ecco perché si parla di famiglia, parlamento e gestione della salute in termini aziendali. Il neoliberismo non scioglie lo Stato, lo rifunzionalizza dopo averlo de-svoranizzato, “lo Stato liberista non opera governando il mercato, ma opera per il mercato” Prevalentemente tale affermazione si concretizza, a parere di Fusaro, utilizzando risorse pubbliche per finanziare enti privati.
Il prof. passa poi a spiegarci la necessità di un nuovo partito a fronte del panorama partitico odierno, in cui vi sarebbero i partiti folklorici, divisivi della comunità e partiti di metamorfosi kafkiana, ovvero quei partiti eredi delle tradizioni novecentesche che oggi si sono trasformati nel loro opposto ideologico. Questa visione della politica è definita da Diego Fusaro alternanza senza alternative. Questi partiti mettono in scena un dibattito che esiste solo nominalmente senza essere supportato da alcuna ideologia proprio, poiché in quanto tutti neoliberisti, sono dominati dall’ideologia dei mercati.
L’orizzonte di senso della nostra epoca è la vittoria di senso del capitale nel nostro immaginario collettivo; parafrasando le sue parole, questa accettazione tacita del dogma do ut des é la triste condizione che meglio descrive la nostra epoca, e cito “Non avrai altro modello sociale all’infuori di me – il motto del Capitale” . Il pluralismo ha senso solo quando vi sono singolarità con identità proprie, ma laddove non esiste alterità, quindi non vi sia individuazione ma piuttosto comologazione, non vi può essere pluralità, a meno che essa non sia una pluralità fittizia. La nostra epoca è per questo l’eclissi del politico, la depoliticizzazione dello stato a favore delle istituzioni private, degli istituiti di credito; l’ordine finanziario interviene nella politica, senza che questa possa mai intervenire in esso.
Nella sua disamina filosofico-politica, il professore poi introduce attraverso un excursus storico, l’esigenza di un primo esercizio ermeneutico nei confronti di una data, il 1989, che ha segnato la fine della contemporaneità, e potremo aggiungere, la fine delle democrazie novecentesche. “Il 1989 non ha segnato la vittoria della libertà, ma quella del capitalismo”dice Fusaro.
Fino a questa data vi era autentica pluralità, in quanto il confine espresso dal muro, apriva uno spazio della relazione, perché il confine delinea dei limiti i quali tracciano un’identità, per cui il confine mi identifica come qualcosa di diverso dall’altro creando così le condizioni necessarie per una relazione. Abbattuto il muro sono spariti i confini, e quindi l’individuazione, dando luogo così ad un processo di omologazione diffuso che ha di fatto poi cancellato ogni forma di pluralismo autentico; costruendo le basi di quello che poi oggi è diventato il dogma del neoliberalismo, dove la democrazia è solo nominale, l’uguaglianza ne viene meno, distrutta, invero, da termini come: esperto, tecnico, specialista, etc…, termini che dietro di sé nascondono sempre un membro della classe dirigente. Il potere nelle mani dell’expertise significa che il popolo delega più o meno inconsapevolmente le decisioni che riguardano la sua nuda vita, privata e pubblica, ad esperti nominali, che non rappresentano gli interessi dei cittadini ma quelli del capitale.
L’esigenza sul piano politico e culturale sono: democrazia costituzionale e sovranità; da non confondere quest’ultima con il sovranismo, che è la degenerazione del concetto di sovranità, come il nazionalismo è la degenerazione del concetto di nazione. Senza sovranità non può esistere democrazia! Poi il prof. Fusaro cita l’art. 1 della Costituzione italiana: “La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme previste dalla Costituzione”, sottolineando l’importanza del concetto di sovranità dello stato per una definizione autentica, e non soltanto nominale, della democrazia.
Il neoliberismo non è altro che un processo di de-sovranizzazione degli stati! L’unione europea ha come suo fondamento un mantra “bisogna cedere la sovranità nazionale” per recuperarla come sovranità del popolo europeo. Perché tale mantra ripetuto mille volte è di fatto una menzogna? La cessione della sovranità delle nazioni, coincide de facto, con una cessione della democrazia, o se volete un transito della decisione sovrana dai parlamenti nazionali a enti post- nazionali che democratici non sono, come la BCE, il parlamento europeo, etc… Si destruttura la sovranità dello stato per destrutturare dalle fondamenta la sovranità del popolo.
“Il valore di riconoscimento è l’unione europea, l’Euro è irreversibile e cessione di sovranità all’UE” sono i punti dell’agenda dell’ex banchiere di Goldman Sachs che oggi ricopre la carica di presidente del consiglio dei ministri italiano; non sarà difficile notare, dopo quanto finora esposto, la linea programmatica dell’attività politica di natura tecnica, del governo Draghi.
La sovranità popolare si raggiungerebbe a detta di Diego Fusaro attraverso il raggiungimento della sovranità monetaria, quindi indipendenza da Bruxelles, ma anche sovranità militare, quindi indipendenza da Washington. Dopo il 1989, i vincitori, ovvero i monarchi del dollaro, dichiarano guerra a tutti quelli che ancora non si sono piegati al suo dominio: Iraq 1991, Serbia 1999, Afghanistan, di nuovo Iraq, Libia, e mi permetto di aggiungere, le primavere arabe, la questione siriana, il bullismo odierno nei confronti dell’Iran, e come l’abbiamo definita in un precedente articolo la “Primavera Birmana”.
E’ chiaro ormai che chi non si piega alla globalizzazione della democrazia armata, diventa uno stato eversivo, uno stato dittatoriale, etc. Noi come Italia non possiamo partecipare a tutto questo, recuperare la sovranità militare, significa favorire un pluralismo di contro a questo globalismo omologante. “La globalizzazione non è altro che il nazionalismo statunitense nel mondo”.
La narrazione è sempre la stessa, vi sono dei popoli oppressi da un dittatore, un popolo che abbisogna la sua liberazione dal totalitarismo del dittatore di turno. Rigettando tale narrazione non possiamo accettare la globalizzazione, in quanto nazionalismo statunitense! La vera antitesi al globalismo è l’internazionalismo, per darsi internazionalismo occorre che vi siano le nazioni. Noi siamo contro i muri e lo sconfinamento, siamo contro il globalismo e i nazionalismi, siamo a favore delle sovranità delle nazioni e dell’internazionalismo, in quanto rapporto tra le nazioni. Poi passa all’analisi di uno dei più grandi paradossi del liberismo, per il quale esso sarebbe fondato ontologicamente su un errore macroscopico: l’individuo non esiste, nel neoliberismo esistono solo relazioni tra macrogruppi. Recuperare l’ individuo e i valori ad esso annessi in quanto persona è la mission culturale della filosofia del nostro partito.