Un’altra settimana di fuoco che ha visto il ritorno di misure di restrizione della libertà. In Italia e in molti Paesi europei, ma insieme alle limitazioni crescono le proteste dei cittadini che non credono al racconto dei media, nel frattempo negli Usa già si pensa a come privatizzare l’acqua e in Francia, dopo l’orrendo omicidio del professore parigino che aveva mostrato le vignette su Maometto, Macron dichiara guerra all’islam radicale e certifica il fallimento del modello multiculturale.
settimanale SETTE+ live – EDIZIONE pilota
CON eugenio miccoli
settimanale SETTE+ EDIZIONE pilota
CON IL COMMENTO DI ARNALDO VITANGELI
SETTE+ IN COMPRESSE
Covid: tornano le chiusure, ma in tanti protestano e non credono ai media
Con l’arrivo dell’autunno assistiamo a un’impennata, tutto sommato prevedibile, del numero dei positivi. I governi parlano di seconda ondata, nonostante il numero dei morti e dei ricoverati in condizioni gravi sia enormemente inferiore rispetto alla prima fase dell’epidemia, e tornano blocchi e chiusure parziali, con lo spettro di un nuovo lock down che aleggia sull’Italia e su molti Paesi europei. Ma le opinioni pubbliche non credono più al racconto dei media e si moltiplicano le proteste contro le nuove restrizioni.
Mentre i media diffondono in maniera ossessiva notizie sul presunto arrivo di una seconda ondata dell’epidemia di Covid, e tornano restrizioni e coprifuoco, si moltiplicano le proteste dei cittadini in tutta Europa. In Italia dopo la decisione del governatore della Campania, Vincenzo de Luca, di chiudere le scuole, e dopo la bocciatura da parte del TAR campano del ricorso presentato contro l’ordinanza, continua la protesta delle mamme. La ragione delle contestazioni è che le mamme campane ritengono privo di senso impedire ai ragazzi di andare a scuola, visto anche che bar e ristoranti restano, per fortuna, aperti e i mezzi pubblici circolano regolarmente.
Sempre in Campania, ad Arzano di Napoli, i commercianti hanno bloccato il traffico lungo la circonvallazione esterna per il secondo giorno consecutivo affermando di essere «Costretti a farlo per avere visibilità». Protestano contro il lockdown deciso dalla Commissione prefettizia che amministra il Comune per arginare il contagio da Coronavirus. Uno dei commercianti che animano la protesta, Gennaro Cataneo, ha lanciato un appello: «Al popolo di Arzano dico di venire qua, non servono solo le condivisioni. Il problema è anche vostro, perché forse tra 10 giorni le serrande che adesso ci hanno fatto abbassare non riapriranno più! Venite qua e dateci una mano».
Ma la lotta di tanti cittadini contro le misure restrittive giustificate con la presunta crescita dei contagiati non riguarda solo l’Italia e va avanti ormai da tempo. Dopo l’estate, tra fine agosto e inizio settembre con l’arrivo di nuove restrizioni e con gli effetti economici dei passati lock down ormai palesi, in tutto il vecchio continente, e in molti altri Paesi del mondo, sono iniziate le proteste. il 29 agosto a Berlino in particolare la protesta ha avuto un’enorme partecipazione popolare, ma anche a Londra e Parigi migliaia di cittadini sono scesi in piazza. Il 5 settembre la manifestazione di Roma, alla bocca della verità, ha visto la partecipazione di migliaia di italiani. In Spagna il 20 settembre i manifestanti, che si sono radunati in varie zone di Madrid, hanno intonato cori contro Abel Diaz Ayus, (Diaz Aius) invitandola a dimettersi. Altre manifestazioni si sono susseguite nei giorni successivi, il primo ottobre, quando la Spagna ha attuato un nuovo lock down parziale e poi il 12 ottobre, quando centinaia di auto hanno sfilato suonando il clacson e sventolando bandiere dai finestrini per le vie di Madrid in segno di protesta contro il governo, nel giorno della festa nazionale.
Il 18 ottobre è stata la piazza della città vecchia di Praga a trasformarsi in un campo di battaglia, quando la polizia è intervenuta per disperdere una manifestazione di tifosi di squadre di calcio e hockey che protestavano contro il divieto di eventi sportivi. I manifestanti hanno lanciato sassi e petardi, mentre la polizia usava gas lacrimogeni e cannoni ad acqua. Una manifestazione simile si era svolta ieri anche a Bratislava. Insomma gli europei, e non solo loro, non credono che le misure restrittive varate dai governi per il Covid siano prese per il loro bene, e la rabbia di un numero crescente di cittadini continua a montare.
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Le mani della finanza sull’acqua: arrivano i future sull’oro blu.
Dalla fine di quest’anno sarà possibile negoziare contratti future sull’acqua sulla piattaforma Globex. Ad annunciarlo il gruppo americano CME, proprietario della piattaforma, recentemente molto chiacchierata per alcuni movimenti speculativi anomali. L’annuncio ha destato preoccupazione e scandalo perché l’acqua, bene primario indispensabile e diritto umano inalienabile, verrà di fatto trasformata in merce soggetta ai movimenti speculativi e alle leggi del mercato.
Il Gruppo americano CME ha annunciato che entro la fine di quest’anno sulla sua piattaforma di negoziazioni Globex, in collaborazione col NASDAQ (uno dei maggiori listini di Borsa degli Sati Uniti) sarà possibile negoziare contratti “future” sull’acqua.
Il “sottostante” (cioè l’oggetto delle “scommesse”) sarà infatti il Nasdaq Veles California Water Index, che registra i prezzi dei diritti di concessione dell’acqua in California, che nei solo territorio di Los Angeles e San Francisco valgono più di un miliardo di dollari. La piattaforma di contrattazioni Globex in questi ultimi tempi è stata , diciamo così, alquanto chiacchierata. E’ su di essa infatti che il petrolio alcuni mesi fa ha registrato addirittura quotazioni negative. I venditori cioè dovevano pagare i compratori per poter disfarsi del petrolio. Ed anche sul prezzo dell’oro su Globex si sono registrati movimenti anomali. Ma non è questo il punto. A suscitare polemiche e scandalo è il fatto che l’acqua, bene primario indispensabile alla vita, da sempre considerato bene comune gestito da istituzioni pubbliche, dopo essere stato affidato ora a gestioni private, tende a diventare sempre più una “merce” normale, cioè un bene di mercato sottoposto quindi alle leggi, e alle speculazioni, del mercato.
Naturalmente il CME Group sostiene che i “future” sull’acqua hanno lo scopo di gestire meglio il “risk management” cioè il rischio che i gestori delle imprese (agricole, industriali) grandi consumatrici di acqua vadano incontro a rimbalzi dei prezzi conseguenti a carenze idriche.. Ma è noto che a livello mondiale da anni solo il 10% dei contratti derivati è stipulato per coprirsi da rischi, mentre il 90%, cioè la quasi totalità, ha scopi speculativi.
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“Future”: le “armi di distruzione di massa” della finanza internazionale
Ne sentiamo spesso parlare nei tg o nei talk show, ma in pochi sanno cosa siano davvero i “future“. Proviamo a spiegarlo per capire come funzionano e perché sono stati definiti “armi di distruzione di massa”.
Ne sentiamo parlare spesso, ma che cos’è esattamente un future? Il contratto “future” è un contratto derivato con il quale l’acquirente ed il venditore si impegnano a scambiarsi un bene reale o un’attività finanziaria ad un prezzo prefissato in un tempo futuro prestabilito. Se l’oggetto dello scambio è una materia prima, come petrolio, grano, ecc., si parla di “commodity future”.
I “future” nascono come strumento di copertura dal rischio di fluttuazione dei prezzi, ma in realtà sono usati prevalentemente per fini speculativi, poiché in sostanza sono scommesse che consentono l’uso di una fortissima leva finanziaria. Un esempio chiarisce queste possibilità speculative meglio di tante parole. Poniamo che io preveda che entro un mese il prezzo dell’oro salga del 30% ed abbia mille dollari da investire. L’operazione più semplice è che io compri oro per mille dollari. Se la mia previsione era esatta, avrò guadagnato in un mese il 30%, cioè trecento dollari. Naturalmente se il prezzo dell’oro resta fermo, non avrò guadagnato niente, e se cala, avrò perduto proporzionalmente alla percentuale di ribasso. Ma con gli stessi mille dollari, se utilizzo la leva finanziaria, posso guadagnare (e perdere…) molto di più. Potrei, in prima battuta, chiedere denaro in prestito ed usarlo per tentare la speculazione.
Ma ancora di più posso rischiare ricorrendo ai derivati. Poniamo che da una banca io possa acquistare per mille dollari un contratto “future” che mi consenta di acquistare un mese dopo un chilo di oro, a cinquantamila dollari, ma io penso che entro un mese la quotazione dell’oro possa salire del 10%. A quel punto, se ho viso giusto, il mio oro vale 55.000 dollari. Con i miei mille euro che ho speso per acquistare il derivato, ne ho guadagnati 5.000, cioè il 400%. Ma se il prezzo dell’oro scende invece del 10%, ne perdo altrettanti. E magari io non li ho neppure. Quelle che abbiamo citato come esempio sono piccole cifre. Ma i fondi d’investimento, le banche, i grandi speculatori, gli stessi ministeri del tesoro stipulano contratti derivati per miliardi. E si capisce a questo punto perché il famoso finanziere Warren Buffet abbia definito i contratti derivati “armi di distruzione di massa”.
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Professore decapitato: ora la Francia è in guerra con l’Islam radicale
Dopo la brutale esecuzione del professore parigino Samuel Paty,‘ per mano di Abdullakh Anzorov un giovanissimo islamista radicale, la Francia torna a fare i conti con l’incubo dell’islam radicale, presente in massa nelle banlieue di tutte le principali città francesi. Macron promette il pugno duro e le forze dell’ordine intervengono in massa con arresti ed espulsioni, ma il problema è destinato ad aggravarsi.
Domenica 18 ottobre all’alba, uomini dei servizi, polizia e gendarmi, hanno fatto irruzione nella banlieue nord di Parigi dove era stata emessa “una fatwa” contro Samuel Paty, il professore barbaramente decapitato da un giovanissimo integralista di nome Abdullakh Anzorov, fuori dalla scuola di Conflans Sainte-Honorine. A pronunciare la fatwa, equivalente a una condanna a morte è stato ll’islamista radicale Abdelhakim Sefrioui, fondatore del collettivo ‘Cheikh Yassine, che in precedenza aveva accompagnato il padre di un’allieva del prof. Paty a protestare e chiedere alla preside il licenziamento dell’insegnate, reo di aver mostrato in classe le caricature di Maometto durante una lezione sulla libertà di espressione. Le forze dell’ordine hanno bussato alla porta degli 80 che hanno reagito con esultanza o soddisfazione alla feroce esecuzione di Paty, hanno aggiunto agli undici in stato di fermo i quattro studenti che avrebbero “venduto” informazioni sul loro prof al suo carnefice, in cambio di 300 euro. Dopo il pronunciamento della fatwa i servizi di informazione si erano allertati, segnalarono il clima che si era creato attorno all’insegnante, ma non sono stati presi provvedimenti concreti. Ora Macron – dopo una riunione durata 2 ore e mezzo ieri all’Eliseo – ha detto ai suoi ministri e al procuratore antiterrorismo di voler fare: “azioni concrete, senza dare più neppure un istante di respiro” agli integralisti ed ha annunciato che 231 integralisti islamici immigrati in Francia saranno espulsi nelle prossime ore affermando che: “Gli integralisti islamici non dormiranno più sonni tranquilli, la paura ora ce l’avranno loro“. Il killer era noto alle forze dell’ordine per reati comuni che però non gli erano costati il carcere. Resta in stato di fermo il genitore della studentessa che aveva iniziato la protesta e che aveva messo on line nome e numero di telefono del prof.
Nonostante i toni bellicosi di Macron la verità è che intere parti della Francia sono di fatto in mano degli islamisti. Il Dgsi, l’intelligence interna francese, ha mappato almeno 150 banlieue che sarebbero attualmente in mano all’islam radicale. Non soltanto nelle principali città come Parigi, Lione, e Marsiglia , ma anche in quelle più piccole, un segnale chiaro che indica un fenomeno in espansione. Si tratta di quartieri in prevalenza abitati da immigrati provenienti dal Nord Africa e da quella sub-sahariana, molti dei quali di terza o quarta generazione. Sono quartieri in cui la polizia cerca di entrare il meno possibile per evitare di scatenare violente rivolte come è successo nel 2005 e del 2017. Perfino la Ratp, l’azienda dei trasporti pubblici, ha dovuto assumere tra autisti legati ad ambienti islamisti e comunque provenienti dalle banlieue, anche perché erano in molti a non voler guidare i mezzi in queste zone per paura di essere presi a sassate.
L’islamismo è ormai largamente diffuso nelle banlieue francesi e basta fare in giro in quelle zone per vedere un numero sempre maggiore di donne con il velo integrale, visto che, le donne vestite in maniera “non adeguata” ai canoni islamisti vengono insultate e aggredite.
In questa fase storica il sistema mediatico sta velocemente passando da una propaganda sottile e mascherata, con il rispetto almeno formale dei principi di neutralità e pluralismo, a una propaganda violenta e martellante, unita a una sistematica censura. Tutto questo è in linea con l’evoluzione politica di un regime prima occulto e ora sempre più palese. Per questo abbiamo deciso di intensificare gli sforzi per resistere e per ribaltare una narrazione falsa e funzionale agli interessi dei pochi.
Un nuovo format, basato sul precedente Sette+, in cui analizziamo tutti i principali eventi della settimana. Sette+ raccoglie le principali notizie della settimana, in piccoli servizi e nel formato settimanale commentato da Arnaldo Vitangeli che ci aiuterà come sempre a fare chiarezza sulla situazione. La voce narrante è quella del nostro Eugenio Miccoli mentre le musiche e grafiche sono tutte autoprodotte da Dagon Lorai.