Gero Grassi è un politico di lungo corso, ha ricoperto diversi incarichi, da Sindaco della sua città natale: Terlizzi, a deputato della Repubblica. Oggi si occupa di far conoscere Aldo Moro per conto del Consiglio Regionale della Puglia, è Presidente del “Consiglio di indirizzo e verifica” dell’Istituto Oncologico di Bari e Presidente degli ex-Parlamentari in Puglia. Nella Legislatura 2013-2018 è stato componente e tra i promotori della commissione “Moro 2” (la commissione di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro).
Gero Grassi ha rivelato di essere venuto a contatto, durante questa sua esperienza, con materiale segretato che non riguarda solo il caso Moro: “Queste carte, se rese note, consentirebbero di individuare i responsabili delle stragi.” sostiene Grassi in questa intervista di Eugenio Miccoli, a Bari, durante una delle tappe del MeTour2020. In esclusiva su MePiù, un tuffo nelle vicende, e nel mondo politico, che hanno segnato il passato del nostro paese. In questo articolo potete leggere la trascrizione completa dell’intervista a cura di Flavia Minorenti della redazione di MePiù.
Dopo che il 13 dicembre 2017, il Parlamento aveva approvato la relazione della commissione Moro 2, con la presentazione delle liste, l’onorevole Gero Grassi non è stato ricandidato. Come a dire che del caso Moro non bisogna parlare. Perché il caso Moro coinvolge pezzi autorevoli dello Stato di ieri e di oggi.
Quando parliamo di Stato, parliamo di Servizi Segreti, di Magistratura, di classe politica, di giornalismo, di persone interessate a che non venga trasferita la verità. La morte di Moro non è l’omicidio di una persona soltanto, è l’omicidio di un’idea di Stato e di mondo. Moro voleva che l’Europa fosse l’Europa dei popoli e non quella delle banche, ma per creare questa grande Europa bisognava cambiare l’accordo di Yalta. Moro viene ucciso per le convergenze parallele di tanti settori del mondo: dallo IOR, alla P2, al Mossad, al KGB, alla Cia, che sono tutti interessati a fermare questo uomo, amico, generoso, mite e buono che ha del mondo una idea diversa da quella dominante del tempo.
- Eugenio Miccoli: Gero Grassi, ben ritrovato. Sono passati poco più di due anni dal nostro ultimo incontro. Gennaio/Febbraio 2018: abbiamo fatto un doppio incontro nella fase in cui si stavano formando le liste per le nuove elezioni del 2018.
Gero Grassi: Eravamo a Roma alla Camera dei Deputati invece oggi siamo in Consiglio Regionale a Bari.
- Facendo una piccola ricerca in internet, l’articolo più recente che ho trovato è dell’8 agosto 2020. Parla della sua nomina a presidente del CIV (Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’Istituto Oncologico di Bari), lei dice in questo articolo che: “il presidente Emiliano, già nell’Aprile del 2018, le aveva proposto questa carica” su Facebook ha scritto che lei ha rifiutato la carica perché non voleva che passasse l’idea che potesse essere “un contentino ad un ex parlamentare” o “la riparazione di ingiustizie subite”. Quindi lei sostiene di aver subito delle ingiustizie?
Non stiamo sul piano del diritto, quindi non siamo nella vicenda giudiziaria, ma sul piano della politica. Mi hanno escluso dalle liste del PD e mi hanno escluso, cosa che io ho scritto il giorno dopo la certificazione dell’esclusione, 29-30 Gennaio 2018, esclusivamente per la vicenda Moro. Sono stato: Vicepresidente del gruppo PD alla Camera, uno dei Deputati più presenti, sempre sul fronte, ho girato l’Italia, ho fatto tante di quelle manifestazioni, ma mi rendo conto, oggi più di ieri, che, col caso Moro, ho fatto un casino di quelli infiniti (per usare un francesismo) ed, evidentemente, ho dato fastidio a tanta gente.
Però io questo lo mettevo in conto, tant’è che se voi andate a consultare il mio sito dove ci sono manifestazioni, riprese da televisioni o appassionati, degli anni 2015/2017, io ho sempre detto: “Guardate, la prima commissione Moro fu voluta da un Senatore: Vittorio Cervone, di Latina, che era un amico di Moro, che, come ricompensa, fu escluso dalle elezioni del 1979. Fu escluso dalla DC il suo partito. Io farò la stessa fine.” e così è stato.
Però non me ne dolgo. Sono contento. Per me è come una medaglia questa perchè, se qualcuno viene escluso perché è un tangentaro o un imbroglione allora è un problema, ma io, escluso perchè mi sono impegnato per la vita di Moro, è una medaglia. Tant’è che chi pensava di tapparmi la bocca con l’esclusione dalla Camera ha commesso un errore perché, devo dire grazie al Consiglio Regionale della Puglia e al presidente in carica: Mario Loizzo, del fatto che ho intrapreso qui un’attività, che mi porta in tutte le scuole di Puglia e d’Italia, nei comuni, nelle biblioteche, nelle associazioni e al centro del momento formativo, lì dove facciamo dei corsi di formazione per i docenti, perché questi ultimi conoscano la storia d’Italia e la possano trasferire agli studenti. Quindi a me è andata benissimo!
- Quindi lei, sostiene che è stato escluso dalle liste del PD perché si è occupato del caso Moro e perché se ne è occupato in un certo modo.
Ma non c’è dubbio. Ho rotto le scatole a mezza Italia. E continuo. Ne sono convinto di questo. I’allora Segretario del PD e Presidente del Consiglio Renzi avrebbe dovuto, e potuto, sulla vicenda Moro, cavalcare l’onda e dire: “noi ci siamo occupati di Moro e siamo arrivati non al 100% della verità, ma all’80-90%”, nonché sollecitato non ha speso una parola. Perché, guardate, è riduttivo parlare del caso Moro. Il caso Moro è la Storia d’Italia della seconda metà del Novecento, parte della fine Seconda Guerra Mondiale, attraversa la Costituzione e contiene tutti i guai d’Italia: dal “Piano Solo”, all’Italicus, a Piazza Fontana, alla Strage di Bologna, all’annosa vicenda “Palestinesi/Israeliani”, alla P2…
E che cosa manca? È tutto qui.
Quindi, chi si occupa del caso Moro travalica il devastante episodio di via Fani e di via Gaetani e va al cuore dei problemi dell’Italia.
- Già prima della nostra intervista, lei ha sempre sostenuto, a seguito di quello che è uscito dalla Commissione Moro 2, che una delle prigioni di Moro fosse via Massimi 91. È stato querelato per questo, è corretto?
Non è esattamente così. Io sono stato querelato da due persone, ascoltate in Commissione, che ritengono che a seguito di una mia intervista a un’agenzia di stampa nazionale, loro siano riconoscibili. Siccome potrebbe dare sviluppi, abbiamo mandato alla Procura di Roma tutta la documentazione e non abbiamo scritto in Commissione, sulla relazione, i dati di queste due persone. Loro ritengono che da quella mia intervista siano riconoscibili, andremo a vedere se hanno ragione o meno. I due nomi furono secretati, chiaramente loro querelandomi hanno diffuso i nomi, perché…
- Si sono palesati loro, certo.
Appunto. La cosa strana è che noi, dopo 42 anni stiamo a discutere di una querela, perché secondo loro sarebbero riconoscibili, e non stiamo a discutere se quella è stato o meno la vera prigione di Moro.
Tra l’altro io non ho mai detto che quella è stata la prigione di Moro, invece ho detto che quella potrebbe essere stata la vera prigione di Moro, sulla base di alcuni elementi, e il caso non è chiuso, tant’è che abbiamo mandato alla Procura tutta la documentazione.
- Leggevo che la querela è stata sporta per eventuali reati relativi alla divulgazione del segreto, quindi non per diffamazione, come poi titolano i giornali.
Leggendo il testo dell’Agenzia di cui io sono in possesso si evince chiaramente che non fornisco nessun elemento che possa farli riconoscere. Certamente dico che uno dei due è un’uomo e che l’altra è una donna, che erano giovani all’epoca, che oggi quindi sono miei coetanei più o meno e che avevano delle amicizie nell’extra parlamentarismo di sinistra, ma non dico mai: nè il nome, né cognome, nè dove abitano, né la data di nascita.
Ad esempio dico : “era una donna dell’università”. Quante donne dell’università ci sono che oggi hanno 60-70 anni? ce ne sono tantissime, non una soltanto. Quindi sono loro che si sono riconosciuti, ma loro sanno che cosa hanno fatto. Il problema è che non hanno detto tutto.
- Allora mi spieghi un attimo questa contestazione che le fa il BR Persichetti, il quale fa una ricostruzione abbastanza accurata di quello che è successo in via dei Massimi, quale è stato l’andamento della frequentazione di quell’appartamento e il perché non potrebbe essere il covo di Moro e tira in causa due persone. Lei poi, nel nostro precedente incontro aveva parlato dell’ospitalità a Gallinari da parte di questa coppia, la coppia a cui si riferiva poco fa immagino, però Persichetti sostiene che non è possibile che ci sia questa commissione in questo coinvolgimento del Covo, parla di una frequentazione di quell’appartamento da parte di Piperno e della sua, allora compagna, Brigitte Kraatz. E che cosa c’entrano queste due persone?
Guardi, io non posso rispondere per Persichetti. Inquadrando il problema: Persichetti è stato un brigatista, pluricondannato. Quindi è un po’ difficile che la storia di questa vicenda me la debba contestare un brigatista, che voglio ricordare, ogni 15 giorni mi insulta sui media, anche se io non rispondo mai, ma è un brigatista che ha inneggiato pubblicamente quando il PD non mi ha ricandidato. Ultimamente ha detto che ero diventato il direttore del Manifesto, cosa non vera. Quindi io non ho da rispondere a Persichetti. Semmai Persichetti si rivolga alle due persone che hanno detto di aver ospitato Gallinari e glielo contesti. Anche perché io non ho le prove, attraverso la mia presenza in commissione abbiamo registrato che le due persone, separatamente, hanno detto di aver ospitato Gallinari. Se lui non è d’accordo, contesti le due persone, non me. Io ho riportato quello che i due hanno detto in commissione. Tutto qua.
- Prendo ora un altro articolo che ho trovato su sul web che la riguarda. Ovviamente tutti successivi al nostro incontro, lei ha detto fondamentalmente che conosce i nomi dei responsabili delle stragi. Questo è contenuto in un articolo se non sbaglio che lei ha scritto…
Questo l’ha scritto Pasolini. Il famoso articolo sul Corriere della Sera, l’aiuto a decifrare.
- Sì. Diciamo che sul Corriere della Sera era andato in prima pagina (nel ‘74) e questa sua dichiarazione è andata in ventesima pagina della Gazzetta del Mezzogiorno, ovviamente.
Ovviamente. Sulla Strage della Stazione di Bologna, avendo noi letto la documentazione tuttora secretata, non da me, ma per interesse della incolumità della popolazione italiana, io ho sostenuto che la lettura completa della documentazione della Strage di Bologna, secretata, dovrebbe indurre il popolo italiano a capire chi ha fatto la Strage di Bologna. Ho aggiunto, da quelle carte secretate, che abbiamo letto come commissione Moro, ho un’idea precisa, quindi conosco la vicenda, ma per il segreto di Stato che è stato imposto, non da me su quelle carte, non posso parlarne.
- Lei sempre in questo articolo sostiene che la arresterebbero se ne parlasse, insieme a lei però queste carte le hanno lette anche altri.
Certo, altri componenti della commissione Moro: Giovanardi, Gotor, Gasparri, Fioroni. Se va su “La Stampa” di 15 giorni fa, Fioroni dice che quelle carte hanno subìto un ulteriore prolungamento di segretezza e addirittura, sostiene, che saranno ancora segretate quando scadrà l’attuale segretazione. Conoscendole, noi tutti capiremmo tante cose, ma purtroppo nemmeno la magistratura ci può chiedere di svelare il segreto di Stato. Tant’è che al processo di Bologna un imputato ha chiesto che mi ascoltassero. Ma ho dovuto rispondere: “Guardate, io vengo, però vi devo dire che per il segreto di Stato non posso riferire”, quindi la magistratura di Bologna ha rifiutato la mia audizione. Quelle carte contengono elementi riconducibili alle vicende delle stragi degli anni ‘70 e ‘80 e implicano connivenze positive e negative di soggetti terzi rispetto allo Stato italiano. Sono stato chiaro? e quindi per evitare ritorsioni sulla popolazione, lo Stato, tramite chi ne è preposto come i Servizi Segreti e la presidenza del Consiglio dei Ministri, ha secretato quella documentazione.
Perché lo Stato italiano ritiene che ove si conoscano quelle carte, ci possano essere rappresaglie contro la popolazione italiana. Mi spiego, facciamo un esempio, se io dicessi che Alberto Sordi (parliamo di un morto) è quello che ha messo la bomba alla stazione di Bologna, i parenti di Alberto Sordi, per vendicarsi potrebbero fare qualcosa, sono stato chiaro? ovviamente non c’entra nulla Alberto Sordi.
- Certo, io vorrei sapere di più su questo ovviamente.
Eh ma io non posso dire. Ma ci arrestano a tutti e due. Attenzione.
- Va bene. Tornando a Moro invece, mi ha fatto sorridere una cosa, dopo che ci siamo incontrati, ho visto un’intervista di Marco Travaglio al presidente, in quel momento era ancora presidente al governo giallorosso, poi presidente attuale del Consiglio: Giuseppe Conte. Gli viene chiesto da Marco Travaglio chi fosse un politico al quale si ispirava, e lui ha risposto: “Aldo Moro”, ovviamente. Lei la vede una affinità tra queste due persone? tra Giuseppe Conte e Aldo Moro?
Se lui è affine ad Aldo Moro… io sono Totò! Io sono Totò!
La differenza sta nella diversità della società: Conte è figlio di questa società e Moro di quella. Io ho ascoltato avantieri in televisione, su un canale nazionale, un signore che quest’estate sulle spiagge italiane intervistava persone di varia età e di varia cultura. Alla domanda: “Chi è Giuseppe Conte?”, un signore di 40 anni ha risposto: “ l’allenatore dell’Inter”. Ma di che cosa stiamo parlando?
E alla domanda: “qual’è la differenza tra le regioni a statuto speciale e quelle ordinarie?” un’altra persona, una ragazza ha detto: “Le speciali sono quelle del Nord e le ordinarie sono quelle del Sud”, poi ancora, “che cosa significa INPS?” Non lo sapevano, “che cosa significa PSI?” Non lo sapevano. Un popolo di ignoranti. Tutti bravi a fare “i leoni da tastiera” su Facebook, a criticare tutto e tutti, pochi a capire e a studiare.
Non voglio generalizzare, ma la società di Moro era più ignorante di quella attuale, perché la società di Moro, nel ‘46-’47, era quella figlia del fascismo e della guerra. Al Sud il 40% non sapeva leggere e scrivere, si può non saper leggere e scrivere ma si può comunque avere l’intelligenza d’imparare. Oggi pochi hanno l’intelligenza d’imparare, tutti discutono di tutto, siamo tutti virologi, costituzionalisti, scienziati ed il risultato è questo. Quindi, non esasperi la differenza Moro/Conte. Conte ha sbagliato, non a citare Moro,ma a ricondursi a Moro. Moro era amato, voi in questo momento siete a Bari: fino a pochi anni fa (perché purtroppo poi le persone muoiono), ma a Bari Vecchia, sugli altari degli anziani insieme a San Nicola che è il patrono di Bari, c’era l’immagine di Moro e non perché gli avesse fatto un piacere, ma perché era visto come il corregionale diventato presidente del Consiglio dei Ministri che non si tirava mai indietro, nemmeno ad una parola di speranza. In questa città, c’erano centinaia di ragazzi, oggi settantenni, ottantenni che sono stati mantenuti agli studi da Moro, perché Moro, all’epoca si poteva fare, insegnava e faceva il parlamentare. Lui viveva dello stipendio di professore e lo stipendio di parlamentare lo destinava ai bisogni di quelli che gli chiedevano soldi per studiare.
- Lei come ha cominciato a fare politica?
Io ho cominciato a fare politica perché mi appassionai a vedere mia nonna che cuciva le lenzuola, nella campagna elettorale del ‘63 e scriveva Aldo Moro con il cotone rosso.
Quindi cercavo di capire, avevo 5 anni, chi fosse questo Aldo Moro e pretesi che mio padre mi portasse a un suo comizio.
Aprile ‘63, a Terlizzi la mia città. Moro invece che alle 9 arrivò alle 12, ed io che avevo 5 anni, mi addormentai. Non potè parlare sul palco perché l’orario era scaduto quindi parlò vicino al tavolino, io mi addormentai sui suoi piedi e probabilmente gli disturbavo il comizio così lui mi prese in braccio. Non capii niente di che cosa stesse succedendo e continuò il comizio. E mi ricordo, nonostante i 5 anni, che mi colpì che lui parlò molto della scuola in quel comizio perché era quello che precedette la sua elezione a Presidente del Consiglio dei Ministri e mi ricordo che parlando della scuola diceva che non si sarebbe potuta basare sul reddito, ma anzi, che si sarebbe dovuta basare sul merito. Attenzione, oggi siamo tutti d’accordo, ma nel ‘63 non era così, in quanto nel ‘63 avevamo una società ancora classista, elitaria, con grande rigurgito fascista.
Mi sono appassionato a Moro che ovviamente non sapevo fosse democristiano, come facevo a saperlo, avevo 5 anni! poi attraverso l’Azione Cattolica sono stato indotto all’impegno politico, ma non di un partito, quello lo scelsi io. La mia Azione Cattolica negli anni ‘70 induceva a considerare che nei nostri paesi ci sono tante cose non vanno. Le possiamo cambiare se ognuno di noi si impegna a cambiarle ma per poterlo fare ci vuole l’impegno politico. Ci si può anche dedicare a fare sport, ma si potrà al massimo battere il record di Mennea ma non si potrà certo rimuove le cause ostative a una disoccupazione, una criminalità, a una corruzione che questo paese ha. Così iniziai il movimento giovanile della DC facendo tutta la trafila nel partito, poi consiglio comunale, in seguito Sindaco(di Terlizzi) e presidente della ASL.
- Quando ha cominciato a fare politica lei si cominciava da organismi giovanili , per quanto riguarda oggi invece, secondo lei è ancora possibile fare politica veramente?
No. Per un motivo molto semplice: perché non ci sono i soggetti attuatori della politica, non ci sono più i partiti.
Oggi i partiti sono americanizzati in negativo. Perché dico in negativo? In quanto in America ce ne sono due: Democratici e Repubblicani, qui invece ognuno si fa il suo partito. Prenda l’esempio del Consiglio Regionale della Puglia, si vota per 20 giorni e ci sono quasi 30 liste. Ma questi non sono partiti sono contenitori elettorali, funzionali ad un obiettivo: le elezioni.
Tenga presente che in Puglia abbiamo candidati, consiglieri comunali di un paese del centrodestra che si candidano in lista con il centrosinistra alla Regione o viceversa.
Allora, le liste sono strumenti per essere eletti, non sono partiti. Il partito dovrebbe essere innanzitutto formazione, cultura, educazione. Non sto parlando del partito A,B,C, i partiti in generale. Nella storia d’Italia, dal Movimento Sociale, al PSU, PSI, Lotta Continua, PLI, PRI, PSDI, PSI, DC e PC, tutti questi partiti seppur in maniera diversa, in base alla loro entità, avevano un pensiero. Per alcuni il pensiero era corto, per altri era lungo, per altri era lunghissimo, ma lo avevano! Oggi questo pensiero non c’è più, per cui ognuno è legittimato a stare nel partito A oggi e nel partito B domani, tanto sono tutti uguali, in più i partiti di una volta facevano soprattutto formazione politica.
Oggi la formazione politica si fa su Facebook e il risultato è quello che vediamo. In Parlamento arrivano illustri sconosciuti che non sanno nemmeno quale sia la sua funzione, tant’è che quando le Iene si divertono a intervistare qualcuno, nonostante poi facciano anche qualche cosa di poco nobile, il risultato è che dimostrano che c’è una massa di ignoranti, non si può mai generalizzare, ma gli ignoranti si vedono. Invece prima non era così, perché chi arrivava in Parlamento aveva dietro le “frattocchie” del PC, aveva dietro Palazzo Sturzo dell’Eur sede della DC, aveva, prima ancora, Camaldoli, cioè aveva dietro grandi contenitori culturali che rendevano l’obiettivo finalizzato a migliorare le condizioni della popolazione. Le racconto un episodio: c’è da poco il fascismo, quindi primi anni ‘20, nella mia città, in una vecchia cantina dove si beve il vino stanno cenando, da una parte quattro sacerdoti e dall’altra quattro contadini, nessuno di loro conosce l’altro perché non c’erano a quei tempi le televisioni, i giornali ecc. Al tavolo dei contadini vi è seduto un contadino illuminato che si chiama Giuseppe Di Vittorio, sindacalista di Cerignola che sta con altri tre comunisti di Terlizzi. Sente il vociare dei sacerdoti e riconosce una cadenza siciliana in uno di questi, si avvicina e gli chiede: “Scusi ma lei chi è?” e lui risponde : “Io sono Don Luigi Sturzo, sto con questi tre confratelli a mangiare la carne arrostita nella tradizione di Terlizzi in punto avanzato.” Tutt’oggi la carne arrostita è buona perché i nostri macellai la sanno tagliare. Parlo di un blocco di popolari e un blocco di comunisti, uniscono i due tavoli, discutono, e segnano su una tovaglia di carta alcuni punti. Il primo punto è che la proprietà privata è giusta ma deve avere una finalizzazione pubblica. L’altro punto è che non si possono tenere terre incolte, perché le terre incolte non producono benessere alla società e se qualcuno le tiene incolte lo Stato gliele deve espropriare e consegnare ai braccianti che le devono coltivare, dalle quali devono mangiare e produrre benessere. Questi due passaggi, sanciti su codesta tovaglia, che oggi si trova a Palazzo Sturzo, donata da Gabriele De Rosa alla fondazione Sturzo di Roma, furono poi sanciti nella Costituzione.
Sturzo e Di Vittorio questo lo dissero all’inizio degli anni ‘20, comunisti e democristiani l’hanno studiata per tanti anni e poi l’hanno sancita nella Costruzione. Il diritto sanitario italiano cioè la legge che attua l’articolo 32 della Costituzione, parliamo della legge numero 833 datata 23 dicembre ‘78, sancita dal primo grande Ministro donna della Repubblica Italiana: Tina Anselmi. Il diritto alla salute fu concepito prima in Veneto negli anni ‘30 , poi venne sancito nella Costituzione nell’articolo 32.
Faccio questi esempi per dire: “ma esiste oggi qualcuno che sta studiando che cosa fare in italia nei prossimi 40 anni? C’è qualcuno che sta pensando a come risolvere il problema dell’occupazione giovanile nel prossimo ventennio? C’è qualcuno che si chiede di ridurre l’edificabilità in questo paese e di incentivare la ristrutturazione?” Non ci pensa nessuno. Oggi la politica è gestione del quotidiano, quindi come puoi pretendere dai giovani che si affacciano a questo problema che da soli trovino un contenitore. Non esistono più! Né i contenitori politici, né quelli pre-politici, e quindi il giovane dove fa politica? Su Facebook e a chi la spara più grossa.
- Secondo Lei questo passaggio quando è avvenuto poi nel concreto?
Questo passaggio è avvenuto alla fine di quella che volgarmente si chiama prima Repubblica.
- ‘91-’92 quindi.
Sì, gli anni ‘90. Quella politica delegittimata da Tangentopoli reagisce. Ma c’è chi pensa che oggi Tangentopoli non esiste più. Oggi è più raffinata. Ma non è che non esiste più.
- Che intende per più raffinata?
È più raffinata perché non ci si presenta più con le mazzette delle centomila lire, ma attraverso le consulenze o con operazioni di alta finanza si arriva allo stesso obiettivo. E quindi è più raffinata.
- Tornando al discorso del fare politica, guardando la situazione attuale lei che tendenza vede? senza fare gli stregoni ovviamente.
Un caos. Nella situazione della politica attuale si discute anche in maniera esacerbata, e io contesto questi toni, nel 5 Stelle, nel centrodestra o nel centrosinistra, volano parole pesanti, che offendono. Ma veramente pensate che se vince Tizio, se vince Caio, se vince Sempronio, cambia il paese?
No. Perché il substrato è identico. Questo paese avrebbe bisogno di riscoprire la stagione dei doveri, non soltanto quella dei diritti. Ma qui ci si accapiglia, non per un progetto strategico. Negli anni ‘40, comunisti e democristiani lottavano anche aspramente, per due idee di mondo diverse, quelli che volevano andare con gli americani: la libertà, la democrazia e il piano Marshall e poi gli altri che ritenevano il Grande Fratello Russo, il socialismo, il proletariato unito e il comunismo come risolutori dei problemi del mondo. Possiamo condividerli o meno, erano però due progetti mondiali. Oggi di che cosa stiamo a discutere? Di chi fa il sindaco di Roma?
- Beh, ci sono anche altre cose di cui si discute.
Certo, certo. Del Mes. Sì, sì ma anche cose molto più importanti: del protocollo di Kyoto e di tante altre…
Ma guardate, che se ne discute a livello di vertice, di potere. Prima del Piano Marshall si discuteva nella sezione di Poggiorsini che è un comune di 1000 abitanti della provincia di Bari, perché era importante educare le persone e quindi nella sezione della DC e nella sezione del PC discutevano del Piano Marshall. Oggi di Kyoto si parla in Parlamento, del Mes si discute in Parlamento. Ma se tu vai sulla spiaggia, come sono andati quelli della televisione l’altro giorno e dici “che cos’è il Mes?” non lo sanno.
- “Messi è forte” gli ha risposto.
“Messi è forte.” Ah quindi l’hai visto…
- Sì, certo che l’ho visto.
L’intervistato dice: “Messi è forte”. Che è una bella risposta e dà l’idea di un paese che vive solo di calcio. Discutendo di Ronaldo che prende 10 milioni di euro l’anno e intanto il medico ne prende al massimo €3000. Così non funziona.
È un problema di cultura, capisco che su Ronaldo ci sia la regola del mercato, degli sponsor, delle provvigioni, del marketing, capisco tutto! Ci mancherebbe altro, mica vivo in Africa. Ma noi abbiamo delle persone che guadagnano molto poco rispetto a quello che producono. In più non è vero che un professore non produce nulla, in quanto il professore produce la coscienza, la cultura di un ragazzo che a quell’età capisce se deve stare con lo Stato o contro lo Stato, con la legge o con la criminalità, con la Costituzione o contro la Costituzione e se non glielo dice il professore a questo ragazzo, chi glielo dice? La famiglia? che spesso non è in grado? Ecco perché dovremmo incentivare il recupero di queste grandi professionalità. Stiamo parlando di scuola che si riapre fra dieci giorni.
- Forse.
Forse, hai ragione. Stiamo parlando di sanità per la quale questo paese ha bisogno di un progetto strategico. C’è un partito, iniziando da quello più vicino a me, che sta progettando i prossimi cinquant’anni d’Italia? Non credo. Non si governa pensando all’oggi, si governa creando oggi le condizioni di benessere futuro. Ma se vuoi il benessere fra vent’anni devi iniziare oggi a fare le cose. Se io, per esempio, volessi dei pomodori li dovrei piantare a marzo per poterli raccogliere ad agosto. Se io volessi delle palme, alte oltre 30 metri, le dovrò piantare oggi perché mi arrivino a quell’altezza nei prossimi trent’anni. Sto parlando di palme, figuriamoci la trasformazione di un paese. Ad agosto il mese caldo degli italiani, non c’è un’autostrada dove ci siano 10 km di continuo senza lavori in corso, le grandi opere strategiche, abbiamo il problema delle ferrovie nel mezzogiorno d’Italia ecc…
- Lei come la vede questa trasformazione che c’è in questo momento? ad esempio sulla didattica a distanza, lo smart working, parlando di scuola, parlando di formazione, parlando di cultura.
La didattica a distanza è un pugno nello stomaco, perché la scuola presuppone il contatto fisico tra professore e alunni. Quando dico contatto fisico intendo dire: la mimica, la gestualità, gli occhi, la smorfia, il rimprovero con la faccia truce, la spiegazione che ti viene col cuore. Ma la didattica a distanza tutte queste cose non le può fare, l’abbiamo dovuta fare per un motivo. Lo smart working va regolamentato, perché è inutile nasconderci, per alcuni smart working significa ferie prolungate. Va regolamentato, perché poi ha anche delle cose positive: un risparmio energetico, una minore presenza negli uffici, un minore consumo, minore spostamento. Non può essere però che qualcuno sta a casa da quattro mesi e non fa niente.
- Ora, ho una curiosità, a me rimane difficile pensare, che una persona come lei che si è occupata con passione di determinati argomenti possa ad esempio, essere iscritto a un’associazione massonica.
E infatti lungi da me.
- infatti Lei so che non è stato mai iscritto.
E mai sia. Rispetto, perché attenzione, ci sono delle logge massoniche lecite e
logge massoniche illecite, ma per quanto mi riguarda: “ Forza Milan”, lì mi posso iscrivere, al club Forza Milan, perché sono per Gianni Rivera e quindi sono del Milan.
- Però mi rimane altrettanto difficile pensare che, soprattutto negli anni ‘70-’80-’90, si potesse riuscire a fare politica non essendo iscritti ad una associazione massonica.
No, si faceva benissimo. La DC per esempio, non era un partito massone, e devo dire che in tanti anni di Democrazia Cristiana, nessuno mi ha mai posto il problema della massoneria, onestamente. Mentre ho capito che in qualche luogo si imbrogliava.
- Qualche luogo intende altri partiti?
No, no. Intendo in qualche luogo fisico, in qualche amministrazione, c’era quello che faceva l’imbroglio o c’era quello che si prendeva la tangente. Ma io in tanti anni di politica, la massoneria, non l’ho mai vista.
- Non l’ha mai vista?
Mai nessuno si è avvicinato a me per chiedermi l’iscrizione o per parlarmi di massoneria. Né nel periodo in cui ero della DC, né in quelli che sono stati i partiti successivi. Sono stato, dopo la DC, nel Partito Popolare, poi nella Margherita, poi nel PD.
Assolutamente no. Non era la massoneria il problema della prima Repubblica, ma era quello della corsa al consenso, che fu determinata da una esasperazione dello scontro De Mita/Craxi. Il problema era la corsa a questo consenso che in un certo momento più che cercarlo, formarlo, lo si comprava. Sempre senza generalizzare, per esempio dalla mia esperienza nel partito da cui provengo: la DC, che aveva personaggi come Gava, ma anche come Martinazzoli. Ora, se dovessi pensare ad un’immagine negativa penserei a Gava ma se volessi pensare ad un’immagine positiva penserei a Martinazzoli, quindi i partiti che si fondavano “sull’anti”, quindi anti-comunismo o anti-democristiano, avevano al loro interno tutto il contrario di tutto. Quindi si trovava nello stesso partito una persona come Gava, che absit iniuria verbis, è stato Ministro degli Interni, ma è finito male, e una come Martinazzoli. Qualcuno diceva: “la mattina commentavamo le encicliche, la sera contavamo le tessere”. Per spiegare un mondo tenuto insieme da soggetti contrapposti. Ma questo non era un problema solo della DC, nel Partito Comunista c’erano anche persone di grande etica, come Enrico Berlinguer.
- E c’era anche Napolitano.
C’era anche Napolitano.
- Per esempio.
Per esempio.
- Abbiamo preso un nome a caso, ovviamente.
Abbiamo preso un nome a caso, al quale non abbiamo da abbinarlo a illeciti o reati, però diciamo che, i suoi atti politici, oggi più di ieri, studiati, destano in noi notevoli preoccupazioni.
E lo dice uno che l’ha anche votato due volte. Ma quando l’ho votato non sapevo, quello che ho scoperto dopo.
- Neanche la seconda volta, nel 2016?
Neanche la seconda volta.
- Non l’avrebbe ri-votato.
Ma assolutamente no! assolutamente no. La commissione Moro a me è servita per conoscere un mondo, anche quello politico, che prima conoscevo solo dall’esterno. Ma questo non riguarda Napolitano, riguarda la politica in generale.
- Abbiamo precedentemente fatto una domanda su quale vede possa essere la prospettiva. Invece secondo Lei quali possono essere delle soluzioni a queste carenze? Proprio sul piano politico però, perché capisco che il problema fondamentale sia l’interesse del cittadino, quindi la volontà reale del cittadino di informarsi, di istruirsi e quindi di partecipare in seguito alla vita politica, però c’è anche da dire che in passato c’erano degli organismi che incentivano questi aspetti qui. Oggi, Lei vede delle possibili soluzioni oppure no?
La soluzione è nei giovani. Il giovane non deve stare ad aspettare che gli aprono la porta. Se la porta è chiusa la abbatte. I giovani dovrebbero impegnarsi, non nella corsa alla successione dei meno giovani, ma ad ideare un mondo migliore di quello attuale e poi a vedere di costruirlo.
Quando parlo di giovani, intendo dire i trentenni, i quarantenni. Ma questi non possono rifugiarsi nel privato e aspettare che altri diano le soluzioni. Io ho 62 anni, non sarò più candidato a nulla. Faccio l’allenatore, posso fare il consulente gratuito, ma non vedo tanti giovani preparati che si accapigliano, spesso poi quelli che si presentano sono i peggiori. E noi paghiamo la fuga dei cervelli all’estero, la depauperazione del Sud, di alcune città perché i giovani migliori se ne vanno, o come succede, penso per i miei figli che non è che se ne sono andati, ma si sono rifugiati nel privato perché il pubblico è deprimente. E io continuerò sempre a dirgli che: “voi il mondo non lo cambiate stando a casa, dovete sporcarvi le mani”. Questo non significa aderire a questo o a quel partito, aderite ai partiti che volete ma costruite una speranza per il futuro.
- Grazie mille della disponibilità, come al solito.
Grazie a voi.
- Vuole aggiungere qualcosa?
Voglio aggiungere soltanto una cosa: lunga vita a voi per quello che fate, perchè dopo quelle splendide puntate del caso Moro, ho girato tutta l’Italia, in tante scuole, le ho messe sul sito mio, le hanno viste migliaia di persone. E voi fate una informazione che non è filtrata. Io non conoscevo le tue domande, non ho concordato nulla con te, tu hai dimostrato che quando tagli non tagli per prevenzione, lo posso testimoniare, per cui, continuare a fare questo lavoro perché è di grande supporto alla crescita della persona.
- Grazie mille, le confesso che quello è stato il mio esordio. Fondamentalmente, è stata la prima volta in cui mi sono preso veramente la responsabilità di dire al mio editore, che era Claudio Messora, persona lungimirante, evidentemente, di dirgli: “ho studiato il caso, ho osservato tutta una serie di cose, ho visto come espone la situazione l’onorevole Grassi. Vorrei fare questo tipo di lavoro” e lui mi ha lasciato per un mese, mezzi e tempo per poter fare questa cosa. In totale libertà vorrei aggiungere.
Avete fatto un’operazione brillante, in totale libertà e dicendo anche quello che tutt’oggi alcuni tentano a sottacere, cioè nelle puntate di “The Moro Files” noi abbiamo detto per esempio che Cossiga ha partecipato alla stesura del memoriale Morucci/Faranda, non perché l’abbiamo scoperto noi, ma perché è scritto nella relazione e Cossiga era Presidente della Repubblica, e voi l’avete detto, non perché io abbia una propensione anti-Cossiga, ma perché se l’ha fatto, perché non dobbiamo dirlo? Se l’ha fatto, perché non dobbiamo dirlo.
- E insieme a lui, dobbiamo dire onestamente, che si parlava anche del Giudice Imposimato. Persona stimatissima anche da parte mia.
E certo. Imposimato era un mio amico, fui profondamente addolorato. Mi dispiace. Non capisco ancora le motivazioni, ma non capisco nemmeno perché i primi ad arrivare sulla strage di via D’Amelio sono stati i servizi segreti che si sono anche appropriati dell’agenda rossa. Come dice la commissione antimafia.
Ma se noi non continuiamo, da tutte le parti, a fare queste cose, cala il silenzio.
E invece voi continuate a fare la vostra parte e io mi auguro di fare sempre più la mia e qui dico : “CONTE INVECE DI PARAGONARSI A MORO, FACCIA MORO! Faccia Moro, abbia il coraggio di farlo”, allora sì, ma non che si paragona a Moro, altrimenti io sono Totò.
- Lui le risponderebbe probabilmente: “sì ma Moro l’hanno ammazzato”.
Eh appunto. Appunto. Corri il rischio, non che ti ammazzino per carità, non voglio la morte di nessuno. Ma sii audace, non fare il mediatore. Assurgi a leader, assumiti la responsabilità, su che cosa? Sulla giustizia, sui bisogni, sulla povertà. Assumiti la responsabilità e corri il rischio pure che qualcuno ti mandi a casa, sia Di Maio o Zingaretti, e chi se ne importa se vai a casa! Se dovessi andare a casa per un fine nobile sarebbe un fatto positivo, una scintilla. Invece la politica è spesso troppo mediazione e Conte fa il mediatore. E questo non va bene. Moro non era un mediatore, Moro cercava di assumere una posizione che tenesse dentro il meglio delle diverse posizioni, di conseguenza era una mediazione a rialzo, Conte fa la mediazione a ribasso.
- Grazie.
Buonasera.