Centinaia di migliaia (secondo i media main stream) di persone in Myanmar avrebbero aderito ad uno sciopero generale e avrebbero sfilato per le strade di molte città del paese in una manifestazione contro la giunta militare, che ha preso il potere con quello che i media ufficiali avrebbero definito, colpo di stato, avvenuto lo scorso primo febbraio, in seguito alle discusse elezioni “democratiche” in Birmania. La democratica neoliberale Aung San Suu Kyi sostenuta da tutte le forze internazionali “democratiche” presumibilmente non avrebbe avuto bisogno di alcuna alterazione del procedimento elettorale, come, invece, sarebbe accaduto lo scorso Novembre in occasione delle più discusse elezioni presidenziali della storia degli USA. Ma a quanto pare, quando il consenso popolare vacilla, l’instaurazione della democrazia neoliberale ricorre a Dominio, e non solo negli Usa, a quanto pare. Sulle reazioni delle milizie dell’esercito birmano e altro ancora rinvio al mio precedente articolo nel quale ho cercato di fare un resoconto storico di quella che ho definito “la primavera birmana”
Ci sono state grandi manifestazioni a Yangon, Naypydaw e Mandalay, tra le altre; il numero dei partecipanti è stato molto alto e le “proteste sono state prevalentemente pacifiche nonostante la giunta militare avesse minacciato di usare la violenza contro i manifestanti”.
Nella giornata del 28 Febbraio, pare vi siano stati colpi d’arma da fuoco sui manifestanti a Yangon, Mandalay, Dawei ed altre città. Numerosi morti e feriti. salito a diciotto il bilancio dei morti nelle proteste in Myanmar, secondo quanto riporta l’ufficio dei diritti umani dell’Onu. Fra queste, 3 persone sono morte a Yangon, 2 a Mandalay e -a sentire la tv dei militari Myawady – sono morte 4 persone a Dawei, nel sud dell’ex Birmania, dove era in corso una marcia ed e’ intervenuta la polizia anti-sommossa. Ritirato intanto l’incarico all’ambasciatore birmano all’ONU, che aveva denunciato la giunta. Gli avvenimenti si susseguono in maniera caotica e risulta difficile tenere il conteggio delle vittime.
A un mese dal golpe in Myanmar e dalla sua scomparsa in pubblico, la leader San Suu Kyi è comparsa in collegamento video al processo a suo carico per “importazione illegale di walkie-talkie” e “per aver organizzato una protesta NEOLIBERAL durante la pandemia”.
Quindi quando le manifestazioni sono NO GLOBAL sono manifestazioni violente, come quelle di Capitol Hill; quando sono manifestazioni colorate finanziate dai big neoliberal “democratici” non possono essere che pacifiche! Non leggete una certa forzatura stonata in questo stile narrativo, è evidente che l’informazione ufficiale sia orientata! Di seguito proverò a spiegarvi le ragioni ermeneutiche di quanto appena affermato.
L’ 8 marzo ci sarà uno special in onda sulle nostre reti nazionali, riguardante le donne al potere, in cui le leaders neoliberal kabbala Herris e Aung San Suu Kyi saranno date in pasto alle masse neo-primitive in versione “paladine della democrazia”.
Apriamo gli occhi – cerchiamo di capire che i mezzi di comunicazione sono proprietà dei neoliberisti globalisti ed epistemocrati. Per cui la narrazione ufficiale non può fornirci una narrazione oggettiva dei fatti, ma una narrazione orientata a favore dei padroni neoliberal di cui è emanazione diretta.
Capito questo piccolo punto comprenderemo di seguito tutto il resto… Lo scolapasta in testa, la terra piatta, le etichette di sorta “complottista” “negazionista” etc, sono necessarie agli alfieri di questa narrazione orientata, poiché questi non possiedono dei controargomenti per confutare le accuse volte a ledere la plausibilità delle affermazioni propagandistiche dell’oligarchia globalista. Il loro compito non è quello di informare sui fatti, ma di ricamare una coperta che li copra, no capra, copra!