Situazione complessa, quella Europea, che inaugura il periodo di novembre con migliaia di migranti che, incoraggiati dal regime di Alexander Lukashenko, si sono radunati sul lato bielorusso del confine con la Polonia, tentando di attraversarlo per entrare nell’Unione Europea. D’altra parte c’è il ‘giro di boa’, che potrebbe riplasmare tutto il Parlamento, e il Patto di Stabilità.
La Polonia in queste ore ha dispiegato circa 12000 soldati, ha costruito una recinzione di filo spinato e ha approvato la costruzione di un muro, imponendo addirittura lo stato di emergenza nella regione. L’esercito polacco, affiancato dalla polizia, sta rispondendo ai tentativi di passaggio degli immigrati con gas lacrimogeni e con idranti. Gli immigrati, in gran parte iracheni e siriani si sono armati e stanno opponendo resistenza. La situazione ad altissima tensione.
“La Bielorussia vuole causare un grave incidente, preferibilmente con spari e vittime”, così ha dichiarato alla radio il vice ministro degli Esteri, Piotr Wawrzyk. “La crisi dei migranti rappresenta “una minaccia alla stabilità e alla sicurezza di tutta l’Ue”, Questo l’appello lanciato dal premier polacco Mateusz Morawiecki su Twitter. “Questo attacco ibrido del regime Lukashenko ci riguarda tutti, non ci lasceremo intimidire e difenderemo la pace con i nostri alleati della Nato e dell’Ue”.
Bruxelles ha accusato il presidente bielorusso Lukashenko di aver orchestrato l’arrivo di questa ondata di migranti per destabilizzare l’Europa. In merito alla pericolosa deriva che si sta prendendo è intervenuta anche la Presidente della commissione Europea, Ursula Von der Leyen: “Chiedo agli Stati della Ue che approvino finalmente un regime ampliato di sanzioni contro le autorità bielorusse responsabili di questo attacco ibrido”. Ha poi aggiunto: “In particolare la Ue sta esplorando come sanzionare, anche attraverso l’inserimento in black list, compagnie aeree di Paesi terzi coinvolte nel traffico di esseri umani”.
Anche il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha espresso preoccupazione su Twitter per la situazione che sta precipitando: “L’uso dei migranti da parte della Bielorussia come tattica ibrida è inaccettabile. La Nato è solidale con la Polonia e tutti gli alleati nella regione”.
La Lituania ha introdotto lo stato di emergenza nelle regioni al confine con la Bielorussia, dopo che nella giornata dell’8 novembre, migliaia di profughi sono stati indirizzati dalle autorità bielorusse al confine con la Polonia.
Spostandoci sul fronte amministrativo Ue, lo scenario del Parlamento europeo potrebbe essere riplasmato in vista del ‘giro di boa’ di metà legislatura Ue, ovvero il momento in cui vengono rinnovati tutti gli incarichi dell’Europarlamento. Un cambiamento che vede protagonista l’Italia e i suoi esponenti politici.
David Sassoli, dal 3 luglio 2019 Presidente del Parlamento Europeo, si ricandida alla presidenza dell’Aula e rischia di spezzare il patto di inizio legislatura tra i due principali gruppi: Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (PSE), al quale appartiene, e il Partito Popolare Europeo (PPE). Sembra infatti che questa ricandidatura possa comportare un’apertura di S&d agli otto eurodeputati del Movimento cinque stelle, confinati tra i non iscritti dopo aver abbandonato l’alleanza con il gruppo EFDD di Nigel Farage ex leader del ‘Brexit Party’. Un battesimo, tale unione, che vedrebbe una coerenza con l’alleanza italiana fin dai tempi del governo Conte bis.
Tra i vertici del M5S ci sarebbe chi nutre qualche dubbio, poiché il rischio è quello di perdere la propria vicepresidenza del Parlamento Ue, ovvero quella di Fabio Massimo Castaldo. Spiega il capo delegazione del Pd nell’Aula di Strasburgo, Brando Benifei: “Avvicinandosi la metà della legislatura e quindi un momento importante per la vita delle istituzioni comunitarie ci stiamo confrontando con i 5 stelle su tutte le questioni politiche e organizzative”. Questa settimana proseguiremo le discussioni, non ho nuove notizie particolari da dare”.
Tale dichiarazione fa comprendere che l’ipotesi di un’unione non sia in alto mare, bensì tangibile. Non a caso anche il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, nei giorni scorsi aveva accennato al Mattino che “si sta lavorando a una coalizione progressista e anche in Europa, nel Parlamento europeo, dobbiamo guardare a quell’area, aderendo all’S&D”. Dunque, il medesimo atto trasformista di quella forza politica che rappresentò un voto di protesta per molti italiani.
Nel 2019 il M5s aveva eletto quattordici europarlamentari, ma sei di loro hanno poi abbandonato la delegazione. Gli otto eurodeputati grillini rimasti si trovano isolati. Il gruppo misto del Parlamento europeo comporta però tempi di parola ridotti, esclusione dagli incarichi di rilievo (come dalle presidenze di commissioni parlamentari) ed un minor budget a disposizione. Proprio per questo c’è chi punta ad entrare nella grande famiglia progressista.
Sull’altro fronte sembra doversi attuare un altro grande blocco, a destra del PPE. Esperimento ampiamente appoggiato da Matteo Salvini, seppur non in linea con l’area moderata del Carroccio capitanata da Giorgetti. I leader di partito e di Governo, che sembrano interessati a tale idea sono il polacco Mateusz Morawiecki, in rottura con i conservatori di ECR, e l’ungherese Viktor Orban, il cui partito “Fidesz” è finito nel limbo dei non iscritti dopo l’espulsione dal Ppe. Un blocco che vedrebbe aderire tutti i membri di ID (Identità e Democrazia). Restano dubbi sul fronte francese di Rassemblement National di Marine Le Pen.
Restando sul fronte di Bruxelles: la discussione all’Eurogruppo sulla revisione del Patto di Stabilità è iniziata con le domande poste dalla Commissione sulla necessità di alcuni punti: garantire gli investimenti pubblici necessari alla transizione, sul dato di fatto del forte aumento del debito degli Stati causato dalla pandemia, che ora bisognerà ridurre senza ostacolare la crescita, e sulla necessità di semplificare le regole e gli indicatori della ‘governance economica’. Ciò è quanto illustrato nella conferenza stampa, al termine della riunione dell’Eurogruppo a Bruxelles, dal commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni.
“Solo per la transizione verde serviranno 520 miliardi di euro all’anno per il prossimo decennio”, ha avvertito il commissario.