Il più grande giacimento europeo di terre rare è stato scoperto nell’area di Kiruna, in Svezia. Ad annuncialo è la compagnia mineraria svedese LKAB, che in una nota quantifica in “oltre un milione di tonnellate” l’entità della scoperta, ricordando come si tratti di metalli essenziali per la produzione di veicoli elettrici e turbine eoliche.
L’annuncio trionfale
“L’elettrificazione, l’autosufficienza dell’UE e l’indipendenza da Russia e Cina inizieranno nella miniera“, ha dichiarato a commento della notizia la ministra per l’energia, le imprese e l’industria svedese, Ebba Busch. “Dobbiamo rafforzare le catene del valore industriale in Europa – ha proseguito – e creare opportunità reali per l’elettrificazione delle nostre società“.
Perché bisognerebbe spegnere l’entusiasmo attorno allo scoperta del maxi giacimento di terre rare rinvenuto in Svezia?
Oltre la facile retorica
Recentemente la società mineraria svedese LKAB, il più grande estrattore di minerale di ferro d’Europa, ha annunciato di aver scoperto un importante giacimento di ossidi di terre rare nell’area di Kiruna, estremo nord del Paese.
La notizia è stata accolta con un incessante enfasi perché significherebbe (per l’Europa) ridurre la dipendenza dall’approvvigionamento cinese, ma la realtà è un po’ più diversa.
Storia delle terre rare in Occidente
La Svezia non è nuova a questi tipi di giacimenti perché essa viene definita “la patria delle terre rare” e soprattutto fino agli anni ’90 era al centro dell’attenzione mondiale.
Negli anni ’80 con il boom dei consumi elettronici, gli Stati Uniti, sotto l’egida direzione della società Molycorp, guidavano l’estrazione delle terre rare presenti esclusivamente a Mountain Pass, miniera che poteva fornire fino a 50.000 tonnellate annue di minerali.
Allo stesso tempo, attraverso gli impianti della società Rhône-Poulenc (oggi Solvay) situati a La Rochelle, la Francia guidava la raffinazione di suddetti minerali, arrivando a detenere fino al 50% della quota globale di tale processo e rifornendosi principalmente da paesi come Norvegia e Svezia.
Cosa successe dopo?
Ambientalismo europeo e monopolio cinese
La raffinazione delle terre rare è un processo altamente inquinante è associato all’estrazione di torio e uranio come sottoprodotti e va trattato con acidi e altri reagenti chimici in un processo a forte impatto ambientale.
A la Rochelle, erano continue le proteste degli ambientalisti e nel tempo la legislazione ambientale si fece sempre più pressante ma non solo, all’epoca la Cina grazie a Xiaoping, si stava aprendo al mondo sviluppato e già allora estraeva e raffinava tali minerali principalmente a Baotou dove si stima che risieda il 70% del totale delle riserve di terre rare ma che oggi, a causa di questa produzione e della continua domanda è anche una delle aree più inquinate del pianeta.
Sia la Molycorp che la Rhône-Poulenc in pochi anni, a causa delle pressioni delle leggi ambientali e degli attivisti nonché della concorrenza cinese che forniva minerali a basso prezzo, vennero costrette a chiudere e a trasferire parte dei loro brevetti, tecnologie e sapere proprio in Cina, ponendo definitivamente fine alla produzione di terre rare di USA e Europa nonchè la chiusura delle miniere divenute antieconomiche.
Tornando al giacimento scoperto in Svezia, oltre al fatto che ci vorranno almeno dieci, quindici anni prima di potere iniziare a estrarre i minerali, LKAB sarebbe poi costretta a vendere gli ossidi a paesi proprio come la Cina che possiede l’87% degli impianti globali di raffinazione di terre rare. (IEA).
La Cina non arretrerà
Di conseguenza vien da sé che anche se abbiamo scoperto questo maxi giacimento di terre rare, non avendo in Europa o USA impianti di raffinazione, poco ridurremo la dipendenza dalla Cina che nel frattempo continuerà ad espandere il monopolio su questi minerali.
[Fonte Linkedin News]
Approfondimento
Di terre rare e conseguenze geopolitiche abbiamo parlato, mesi fa nel servizio Uranio e Litio: perché l’UCRAINA deve essere CANCELLATA. I reali motivi che nessuno vuole vedere.
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