Se sentiamo parlare di “Porta dell’Inferno”, pensiamo immediatamente alla porta degli inferi di dantesca memoria oppure alla famosa scultura di Auguste Rodin, il cui modello di fusione è stato trasferito mesi fa presso le Scuderie del Quirinale, a Roma.
Satavolta però si tratta della celebre “Porta dell’Inferno” di Darvaza, un cratere gassoso in fiamme da 50 anni situato 260 km a Nord della capitale Ashgabat, nel deserto del Karakumm, nonché un’importante attrazione turistica. Il presidente turkmeno, Gurbanguly Berdimukhamedov, ha ordinato al governo di spegnerla. Il motivo? Il fuoco ha causato lo spreco di un’enorme quantità di gas, danneggiando l’ambiente e la salute delle comunità limitrofe.
Ad aprirlo furono i geologi sovietici che nel 1971 perforarono una sacca di gas naturale. Successivamente il crollo del terreno lasciò spazio ad un cratere largo circa 60 metri e profondo 20 metri. Alcuni scienziati decisero di incendiarlo per evitare che il metano finisse nell’atmosfera e avvelenasse l’aria. Il rogo si sarebbe dovuto spegnere in pochi giorni, ma le fiamme non hanno mai smesso di fuoriuscire.
Nonostante non sia la prima volta che Berdimukhamedov chiede lo spegnimento del cratere, le autorità non riuscirono a trovare una maniera per porre fine al suggestivo fenomeno.