La polizia di Hong Kong ha accusato 47 attivisti pro democrazia di reati contro la sicurezza nazionale. Il gruppo è sospettato di “cospirazione per commettere eversione”. È la prima volta che la nuova legge sulla sicurezza imposta da Pechino viene applicata in modo così esteso contro il movimento pro democrazia dell’ex colonia.
Lun. 1 Marzo, nuove proteste contro il processo a 47 attivisti pro-democrazia, accusati di avere cospirato contro il governo. Circa mille persone si sono riunite davanti al tribunale di Hong Kong per protestare contro il processo a 47 attivisti a favore della democrazia. Le accuse sono state formulate sulla base della controversa legge sulla sicurezza nazionale, che da più di un anno e mezzo sta provocando grandi proteste a Hong Kong. Molte persone hanno provato a entrare nel tribunale per assistere al processo, formando una coda di centinaia di metri, mentre intonavano cori a favore dell’indipendenza di Hong Kong dalla Cina. La legge sulla sicurezza nazionale, che dà alle autorità cinesi margini per arrestare i sospettati di “sedizione” e “terrorismo”, è stata usata finora dal governo di Pechino come strumento di repressione contro gli oppositori a Hong Kong.
I 47 attivisti sono accusati di aver organizzato un’elezione non ufficiale a luglio 2020 per scegliere i candidati che si sarebbero dovuti presentare alle successive elezioni del consiglio legislativo, il parlamento di Hong Kong. Queste elezioni si sarebbero dovute tenere lo scorso settembre, ma il governo di Hong Kong le aveva poi posticipate a causa del coronavirus, provocando la rabbia degli attivisti.
Ricapitolando questi attivisti pro-democrazia, quindi neoliberal o proglobal, che dir si voglia, vanno in piazza a manifestare, fomentanti da un non meglio noto, volto democratico che diffonde idee democratiche nei paesi dove vige il totalitarismo dei dittatori più spietati; sembra la stessa narrazione che avvenne in Iraq, in Siria, in Afghanistan, in Iran, o in Birmania. Singolare che la stampa mediatica ufficiale presenti all’opinione pubblica una narrazione sempre uguale! Sembra che in questi paesi il popolo affamato di “democrazia” abbisogni sempre dell’intervento della democrazia del dollaro per la soddisfazione di questa presunta fame di democrazia neoliberale, o di globalizzazione di massa.
Dopo la primavera birmana, scongiuriamo, una primavera di Hong Kong, poiché difficilmente Pechino sarebbe disposto a cedere sovranità al processo di globalizzazione di massa neoliberista statunitense. Restate connessi per ulteriori aggiornamenti sulla vicenda.