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[documentario] Russia, Zar, spionaggio e sicurezza informatica: la vera storia dei servizi segreti

Cos’hanno in comune la polizia segreta degli zar, l’omicidio Moro, un ex hacker vietnamita e la sicurezza degli attivisti digitali nell’era di Assange? Cosa possiamo imparare da un uomo senza patria, braccato per la maggior parte dei suoi giorni, tradito dalla stessa rivoluzione per cui aveva lottato? Possibile che un libro pubblicato 100 anni fa in Francia, mai integralmente in Italia, possa essere in grado di aiutare chiunque abbia l’intenzione di lottare per la costruzione di un futuro più equo e più libero?

Cos’hanno in comune la polizia segreta degli zar, l’omicidio Moro, un ex hacker vietnamita e la sicurezza degli attivisti digitali nell’era di Assange? Cosa possiamo imparare da un uomo senza patria, braccato per la maggior parte dei suoi giorni, tradito dalla stessa rivoluzione per cui aveva lottato?

Possibile che un libro pubblicato 100 anni fa in Francia, mai integralmente in Italia, possa essere in grado di aiutare chiunque abbia l’intenzione di lottare per la costruzione di un futuro più equo e più libero? (Lo trovi qui: https://mmzero.it/prodotto/saper-tacere-victor-serge-ugo-mattei/)

Questa, è la storia che mette in collegamento alcuni tra gli uomini liberi, di ben tre differenti secoli, provocati, repressi e braccati quotidianamente dai cani da guardia del potere.

Ci troveremo a spasso tra l’Europa della Belle Époque, la Russia Zarista, l’Italia degli anni di piombo fino al mondo globalizzato tipico dell’era digitale contemporanea. Osserveremo la genesi del potere e della sovversione, della libertà e della repressione e della provocazione.

Victor Serge: un rivoluzionario di “razza”.

Nella storia degli ultimi secoli, in molti sono morti in esilio. Soprattutto, fra le schiere di uomini e donne che, nella propria vita, si sono battuti per qualcosa. Solo pochi di loro però, possono vantare un pedigree come quello di Victor Serge: nato in esilio e morto in esilio.

Già perché Victor Serge, pseudonimo di Viktor L’vovič Kibal’čič, in qualità di oppositore interno – da sinistra – a Stalin, in esilio non ci è solo morto, ma c’era anche nato in quanto figlio di “terroristi” russi

Suo padre: un ufficiale della Guardia Imperiale, fu prima membro del gruppo clandestino rivoluzionario russo chiamato Zemlja i Volja – di stampo populista – e poi dell’organizzazione rivoluzionaria russa Narodnaja volja, il cui maggiore successo fu l’assassinio dello zar Alessandro II, il 13 marzo del 1881. 

Victor Serge che, come avrai capito, è il protagonista della storia che ti stiamo raccontando, è doppiamente legato al gruppo Narodnaja volja, essendo Nikolaj Ivanovič Kibal’čič, parente di suo padre, uno degli attentatori direttamente responsabili dell’assassinio dello zar Alessandro II

Messo a segno l’attentato, Nikolaj viene impiccato il 15 aprile 1881, poco più di un mese dopo l’assassinio dello zar. L’esecuzione dei 5 zaricidi non placa la sete di vendetta dell’Impero. I parenti di Kibal’čič, soprattutto giovani di sesso maschile, subiscono varie forme accanite di persecuzione.

Alcuni vengono espulsi dalle scuole e costretti a entrare nell’esercito; altri dovettero emigrare all’estero come in Serbia, paese d’origine della famiglia; altri ancora, cui era stato chiesto di cambiare nome, si rifiutarono di rinnegare la propria storia e sopportarono pazientemente l’intolleranza dei cani da guardia del regime zarista. Fra quelli diretti all’estero figurava, come avrai intuito, il padre di Serge, Léon Ivanovitch, emigrato a Bruxelles dove, il 30 dicembre 1890 nacque Victor.

La giovinezza, la fame e la consapevolezza

Primogenito, turbolento e sagace, già nella tenera età Victor patisce la fame insieme a suo fratello minore Raoul, finché il padre non ottiene la nomina all’Istituto di anatomia dell’Università di Bruxelles. È da quel momento che migliorando le condizioni economiche della famiglia. Ma la miseria e la povertà hanno segnato il destino del piccolo Raoul che morirà da lì a poco. 

A quindici anni Victor diventa apprendista fotografo, lavora dodici ore e mezzo al giorno. Scriverà di quei giorni nelle sue celebri memorie: Se, a dodici anni, mi avessero domandato: cos’è la vita? (e me lo chiedevo spesso), avrei risposto: non lo so, ma vedo che vuol dire: penserai, lotterai, avrai fame.

Nonostante un’infanzia così dura, Serge riceve l’educazione degli esuli russi temprati da decenni di resistenza alla repressione zarista. Questo, stando sempre alle sue memorie, imprime nella sua anima un’altra legge che lo accompagnerà per tutta la sua esistenza: la legge della resistenza senza tregua.

L’avvicinamento agli ambienti anarchici francesi

Serge si avvicina all’anarchismo già da giovanissimo. Si trasferisce nella Francia della Belle Époque: prima a Lille e poi a Parigi dove gli viene offerto di dirigere la rivista francese anarco-individualista, L’Anarchie. Da lì a poco, alcuni ex collaboratori della rivista, formeranno la Banda Bonnot. 

Devi sapere che la Banda Bonnot fu un gruppo anarchico individualista di inizio Novecento che, operando tra la Francia e il Belgio, scelse di intraprendere una lotta illegalista e consapevolmente suicida, contro il capitale e la società intera e operando sempre in pieno giorno, poiché lo scopo era proprio quello di terrorizzare la società capitalista, sorprendendo tutti per audacia e sfrontatezza.

Come puoi immaginare la Banda Bonnot non durò che qualche mese. I suoi membri furono tutti uccisi o imprigionati. Durante quelle settimane convulse, la polizia fece irruzione nella sede del giornale, arrestando Serge per poi interrogarlo. Lui si rifiuta di collaborare con le forze di polizia e, nonostante l’evidente innocenza, viene condannato a cinque anni di prigione

La prigionia e il ritorno in Russia

La Prima guerra mondiale prende il via proprio durante il primo soggiorno in carcere di Serge. Cinque anni di prigionia non bastano a spegnere la sua sete di giustizia sociale, e così, dopo essere stato scarcerato nel 1917, Victor Serge prende un treno espresso diretto a Barcellona per partecipare all’insurrezione, poi fallita, del 19 luglio 1917.

Rientra clandestinamente in Francia dove viene prima arrestato e poi mandato nel campo di concentramento Sarthe, come tutti i russi che, in quel frangente storico, vengono qualificati come bolscevichi. Successivamente, verrà l’armistizio che gli permetterà di riacquisire la libertà grazie ad uno scambio di prigionieri.

Dopo un lungo girovagare per l’Europa, Serge riesce, finalmente, a raggiungere Pietrogrado. È l’aprile del 1919 e la storia di Victor, quella che ti vogliamo raccontare oggi, è solo appena all’inizio.

Al fianco dei bolscevichi

Il pensiero di Serge si fonda su posizioni libertarie, contrarie all’autoritarismo. Se le porterà nella tomba, ma Victor non è una persona che ama stare con le mani in mano. Scriverà nelle sue memorie: «La mia decisione era presa; non sarei stato né contro i bolscevichi né neutrale, sarei stato con loro, ma liberamente, senza abdicare al pensiero né al senso critico

Sarei stato con i bolscevichi perché davano compimento con tenacia, senza scoraggiamenti, con ardore magnifico, con passione riflessa, alla necessità stessa; perché erano soli a darvi compimento, prendendo su di sé tutte le responsabilità e tutte le iniziative e dando prova di una stupefacente forza d’animo.

Essi erravano certo su parecchi punti essenziali: con la loro intolleranza, con la loro fede nella statizzazione, con la loro tendenza alla centralizzazione e alle misure amministrative. Ma, se bisognava combatterli con libertà di spirito e in spirito di libertà, era con loro, tra loro.»

L’accesso ai documenti secretati del Ministero dell’Interno zarista

Victor Serge ha 29 anni e una biografia personale, così densa di azione, che parecchi intellettuali “impegnati” del Novecento non otterranno nemmeno a fine carriera. È deciso a collaborare con i bolscevichi senza immolare la propria individualità all’autorità del partito. Prima di diventare bersaglio di Stalin per via delle sue critiche all’autoritarismo, diventa commissario degli ex archivi del Ministro dell’Interno. Con questo incarico inizia a studiare i documenti che trovava negli uffici dell’Ochrana

L’Ochrana: la polizia segreta più avanzata d’Europa

Che cos’era l’Ochrana? Ora ci arriviamo. Ti ricordi Nikolaj Kibal’čič, quel parente di Serge che partecipò all’assassinio dello zar Alessandro II? Bene, correva l’anno 1881, già da diversi decenni numerosi gruppi armati cospiravano per rovesciare il regime zarista. L’assassinio di Alessandro II indusse il nuovo zar, Alessandro III, ad intraprendere una politica reazionaria ancora più feroce. Nello stesso anno, trasformò la Terza Sezione, la polizia politica russa istituita già nel lontano 1826, nella più potente Ochrana.

Posta alle dirette dipendenze del Ministero degli Affari Interni, l’Ochrana è a tutti gli effetti la polizia segreta della Russia zarista: una delle macchine repressive più potenti di tutta l’Europa dell’epoca, forse, la prima ad utilizzare con successo alcune dinamiche moderne di repressione come la provocazione e l’infiltrazione. Dotata di ampi poteri discrezionali circa i reati concernenti l’eversione politica, l’Ochrana esercitava un ampio controllo su scuole, università, stampa e giustizia. 

Oltre ad essere sospetta di un ruolo assai incisivo nella diffusione dei pogrom antiebraici in Russia, è nota per aver infiltrato pesantemente i movimenti di opposizione antizarista. Gli agenti dell’Ochrana potevano incarcerare, e condannare all’esilio, chiunque fosse anche solo sospettato di svolgere attività sovversiva. Non vi era la necessità che tali provvedimenti fossero ufficializzati da alcun tribunale. Nonostante alcune riforme di facciata, l’utilizzo della tortura non fece altro che aumentare durante il periodo di attività di questa forza speciale.

L’Ochrana operò per 36 anni fino a quando, a seguito della rivoluzione Russa, vennero soppresse le sue attività. È proprio in questo punto cruciale del ‘900 che la biografia di Victor Serge si incrocia con uno dei momenti chiave nella Storia della lotta alla repressione.

Rivoluzione e rivelazioni

Quando i rivoluzionari russi assunsero il controllo dei luoghi del potere nel morente impero zarista, si verificò un evento unico nella storia contemporanea: i sorvegliati e i ricercati di tutte le Russie entrarono da vincitori nei palazzi e negli uffici controllati da chi per decenni li aveva infiltrati, divisi e colpiti

Si trattava di un’occasione d’oro per i braccati di tutto il mondo: l’Ochrana zarista era infatti una delle polizie segrete più all’avanguardia tra le forze al servizio delle cancellerie europee, avere accesso agli archivi significava poter finalmente diffondere informazioni essenziali sul funzionamento segreto della macchina repressiva più sofisticata d’Europa.

L’Ochrana aveva accumulato un’enorme mole di materiale e documentazione investigativa, non solo sui rivoluzionari, ma anche sugli informatori al soldo dell’organizzazione stessa. La documentazione non si limitava al periodo di attività dell’Ochrana: sommata a quella della Terza Sezione, raccontava quasi un secolo di repressione, sorveglianza, spionaggio e provocazione.

Un’infiltrazione capillare

Il materiale su cui Serge stava mettendo le mani era altamente incendiario. Giusto per darti un’idea della potenza e dell’efficienza di quella polizia segreta presa a modello da tutte le cancellerie d’Europa di quel periodo. Roman Malinovsky, eletto nel Comitato Centrale e scelto per rappresentare i bolscevichi nelle imminenti elezioni della Duma, venne eletto nel 1912 come deputato più importante della classe operaia.

Contemporaneamente era l’agente meglio pagato dell’Ochrana, con ben 8.000 rubli all’anno, 1.000 in più del Direttore della Polizia Imperiale. Malinovsky: vice presidente dei socialdemocratici alla Duma e alla guida del gruppo bolscevico di sei membri, non era certo l’unico infiltrato di alto livello della polizia politica.

Un’altra storia

C’è infatti un’altra storia che dimostra il livello del potere di infiltrazione e di provocazione a cui poteva arrivare quella incredibile macchina repressiva che era l’Ochrana. Dmitry Grigoriyevich Bogrov, che il 18 settembre 1911 riuscì ad assassinare del primo ministro russo Pëtr Stolypin, risultò poi, anch’egli, un agente provocatore dell’Ochrana. So cosa ti stai chiedendo, la risposta è sì: copione già sentito.

Già nel 1911 esistevano apparati segreti che, per ragion di stato, erano disposti a sacrificare la vita di un primo ministro. Le indagini giudiziarie sui retroscena dell’assassinio si protrassero per oltre un anno per poi essere interrotte per ordine diretto dello zar. Erano diversi gli indizi che evidenziavano come l’assassinio non fosse stato pianificato in ambienti di sinistra estrema, ma da monarchici conservatori che avevano paura delle riforme di Stolypin e della sua influenza sullo zar. 

Un altro nome

Un altro nome che è impossibile non citare è quello di Evno Azef, la cui storia personale è, se vogliamo, ancora più intricata e oscura. A soli 24 anni Azef propone all’Ochrana di fornire informazioni sui suoi compagni studenti, in cambio di denaro.

Dopo aver militato in organizzazioni socialiste in Bielorussia, in Germania e in Svizzera, Azef entra in Russia e scala i ranghi proletari fino a diventare, tra il 1904 e il 1908, il leader del ramo terroristico del Partito socialista rivoluzionario, l’Organizzazione di combattimento SR.

Azef ottiene così due cariche record: è il principale terrorista russo, coinvolto negli omicidi di diversi alti funzionari imperiali tra 1904 e il 1905, e l’informatore della polizia più pagato dall’Ochrana in quel momento. Da quella particolare posizione organizza l’assassinio di Vjačeslav Pleve nel 1904.

Pleve, in qualità di Ministro degli Interni, era formalmente il datore di lavoro nominale di Azef e la persona che alla fine lo aveva autorizzato a infiltrarsi nel Partito socialista rivoluzionario. E l’elenco non finisce certo qui: lo stesso assassinio del Granduca Sergei Alexandrovich di Russia, zio dello Zar, sembrerebbe portare la firma di Azef

La pubblicazione dei documenti in Francia

Come puoi immaginare, quando Victor Serge entra negli archivi dell’Ochrana e capisce la portata dei fatti che sta portando a galla, non si fa certo sfuggire l’occasione: come commissario degli ex archivi del Ministro dell’Interno scandaglia la documentazione relativa alle tecniche di repressione che, fino a quel momento, aveva colpito tutti i movimenti sovversivi russi.

Pubblica, attraverso dei giornali francesi, un compendio di informazioni, storie e considerazioni affinché i rivoluzionari di tutto il mondo potessero trarne beneficio. 

Mai nella storia tradimento, confessione, provocazione e delazione sono stati trasportati sul tavolo chirurgico e vivisezionati con distacco scientifico prima che Serge pubblicasse questo libro, oggi finalmente disponibile anche in italiano e nella sua versione integrale, dopo quasi 100 anni.

Ancora oggi non sono in molti, né in Europa né tantomeno nel resto del mondo, gli storici della provocazione e del tradimento che hanno dedicato tempo ed energie a spiegare, con fatti e documenti alla mano, le cause e gli effetti dell’infiltrazione nella Storia.

Il testo di Serge continua ad essere un documento essenziale, di una lucidità unica, attuale anche nell’era della repressione digitale. Ma di questo parleremo più avanti.

Un esercito di agenti segreti

Gli infiltrati ed i provocatori russi al soldo dell’Ochrana erano più di quarantamila. Non è una cifra da poco, soprattutto se consideriamo che stiamo parlando di un istituto di polizia del primissimo ‘900, che agiva contro un movimento rivoluzionario circoscritto alle grandi città russe e qualche capitale straniera.

Ma il dato assume un rilievo ancora maggiore se consideriamo un altro fatto: questo esercito di spie e delatori doveva essere pagato, ad ogni categoria di infiltrazione corrispondevano differenti salari, mansioni e privilegi. Essere una spia significava essere un funzionario molto particolare dello stato autocratico, al servizio dello zar in persona.

Quello che potremmo chiamare “ufficio provocatori e spie” rappresentava una vera e propria branca dell’apparato burocratico più importante e nascosto dello Stato, ovvero quello che ne doveva preservare lo status quo. Essere una spia non era un lavoro qualunque, non lo è mai stato e di certo non lo è oggi. Per questo veniva e viene ben retribuito, a suon di denaro e immunità varie.

Il lavoro di Serge ha un’importanza fondamentale non solo come documento storico sulla Russia pre rivoluzionaria, ma anche per noi contemporanei. Ci consegna una spiegazione cristallina e lineare del funzionamento della macchina repressiva più moderna, più potente, più agguerrita dell’epoca. Costruita in oltre cinquanta anni di lotte contro le avanguardie di un popolo tenace e determinato a riscattarsi dalla miseria.

Conoscere l’Ochrana per capire gli strumenti di controllo di oggi

Conoscere i metodi e i modi di agire di questa polizia è di immediato interesse pratico per chiunque aspiri a definirsi libero. Questo per tre differenti motivi. Il primo è che la difesa delle posizioni di potere, dello status quo e dei capitali, impiega ovunque gli stessi mezzi, il più delle volte ereditati da antenati comuni.

Antenati fra cui l’Ochrana assume un posto di rilievo. Il secondo è che tutte le polizie ed i sistemi di controllo, sempre più interconnessi fra loro, si somigliano nonostante i confini storici e territoriali. Il terzo è ancora più semplice: caduto lo Zar, la scienza della polizia segreta dell’Ochrana non fu certo dimenticata, né in area socialista né in quella capitalista. E questo a dispetto della retorica sulla “legalità” tipica dei sistemi democratici.

Per la prima volta in italiano

Per tutti questi motivi, Ibex Edizioni, a quasi 100 anni di distanza dalla prima pubblicazione, ha scelto di ripubblicare questo libro di Serge in edizione integrale, cosa che non era mai avvenuta prima in Italia.

Non solo, per dare ancora più continuità storica al provvidenziale lavoro di Serge, oltre alla traduzione curata da Giò Fumagalli sono state inserite due nuove componenti fondamentali del saggio: la prima è una guida pratica alla sicurezza digitale degli attivisti che oggi si battono per la creazione di un mondo migliore, e la seconda è un saggio inedito del professor Ugo Mattei, avente per oggetto la genealogia della provocazione. Ma andiamo con ordine e partiamo dalla fine.

“Per una genealogia della provocazione” di Ugo Mattei

Il celebre giurista Ugo Mattei, professore di diritto internazionale e comparato all’Università della California a San Francisco e di diritto civile all’Università di Torino, è stato vicepresidente della Commissione Rodotà presso il Ministero della Giustizia nel 2007, ed ha spesso assunto il ruolo di consulente giuridico per molte iniziative del movimento che si oppone al neoliberismo. È sua la firma del saggio inedito conclusivo dell’edizione italiana integrale del libro di Serge, che Ibex Edizioni ha deciso di intitolare Saper Tacere: tutto quello che un attivista deve sapere su repressione, sorveglianza, spionaggio e provocazione, dalla russia degli Zar al mondo digitale.

Perché il saggio di Mattei sarebbe un tassello fondamentale di questa nuova pubblicazione? In queste pagine intitolate: Per una genealogia della provocazione: attualizzando Victor Serge, Mattei ricostruisce la storia recente e contemporanea della provocazione evidenziando come esista un sottile filo conduttore che congiunge l’Ochrana zarista al caso Moro, agli anni di piombo, ad eventi come l’11 settembre, per arrivare infine alla violentissima reazione del potere costituito contro il giornalista Julian Assange

Il trait d’union tra la Russia zarista, Moro, l’11 settembre e Julian Assange

Studiare questo testo senza conferirgli la giusta prospettiva storica significa perdersi un pezzo fondamentale: delazione, infiltrazione e repressione sono fenomeni oggi più vivi che mai. Il saggio di Mattei è una sintesi brillante che aiuta ad unire i puntini di un problema lungo quanto la storia del potere.

Diversi fatti storici si allineano, come era prevedibile, utilizzando la lente della repressione e della provocazione. Fenomeni come il terrorismo jihadista, gli anni di piombo e le torbide figure a libro paga degli zar assumono significati coerenti e contigui se osservati sotto la lente proposta da Mattei. Ne emerge il quadro di un potere disposto a sacrificare qualunque cosa pur di sopravvivere.

Il destino in serbo per Assange ha a che vedere con la repressione zarista pre rivoluzionaria più di quanto si pensi, con le implicazioni che esso porta nell’era della digitalizzazione, il libro di Serge diventa un manuale imprescindibile. È proprio in questo contesto che si inserisce la seconda parte del libro curata da Giò Fumagalli.

Trovato il filo conduttore fra i grandi eventi che hanno oppresso la vita dei popoli negli ultimi due secoli di storia, bisogna anche comprendere che tipologia di anticorpi possiamo sviluppare per difendere la nostra libertà. Giò Fumagalli suggerisce, una volta compresa la prospettiva storica, di focalizzarsi su piccole cose che, come spesso accade, possono avere un grande impatto.

Difendersi nel mondo digitale, consigli pratici di Giò Fumagalli

La repressione oggi non opera più con un esercito di quarantamila spie sparpagliate per i gruppi socialisti di mezzo continente. No. L’armata a disposizione della repressione è l’esercito di dispositivi tecnologici “intelligenti” che utilizziamo ogni giorno. Attraverso questi, l’infiltrazione è a portata di click e diventa responsabilità di ogni cittadino imparare a difendersi.

Così Fumagalli, riprende e amplia i comandamenti di un celebre ex hacker vietnamita condannato a 13 anni di prigione federale negli Stati Uniti, attualizza i concetti di sicurezza personale e li trasforma in sicurezza digitale. Fornisce al cittadino che aspira a definirsi libero, strumenti che diventano, giorno dopo giorno, sempre più necessari.

Creare un mondo più giusto e più equo, nell’attuale contesto socio economico, significa anche scontrarsi con un potere sempre più invadente e tentacolare, iperconnesso ad ognuno di noi. Sta a noi essere smart, ovvero essere vigili, mettere a nudo i moderni meccanismi inquisitori e contestare i processi di inquinamento dei rapporti sociali che da esso derivano.

“Saper Tacere” per vincere un nemico invisibile conoscendone i metodi

La rivoluzione russa riuscì a mettere le mani sul funzionamento segreto dell’apparato repressivo zarista perché entrò fisicamente negli edifici del potere costituito del tempo. Se noi, uomini liberi vogliamo fare lo stesso oggi, se vogliamo sul serio smascherare e sconfiggere la società autoritaria che, sotto mentite spoglie, utilizza ancora quelle antiche tecniche di infiltrazione e di controllo, allora dobbiamo comprendere che molta della nostra libertà dipende da piccole scelte individuali. Una di queste è leggere un libro. Per acquistare Saper Tacere clicca qui o sulla copertina più in basso, un’altra è incrementare la sicurezza di una password, ad esempio, aumentandone i caratteri.

I quarantamila informatori al soldo dello zar non riuscirono a prevenire la fine dei Romanov. Nonostante un impiego così imponente di capitale – economico ed umano – la repressione dello zar alla fine capitolò sotto i colpi travolgenti della storia che avanzava. Oggi la scelta sta a noi: per vincere un nemico quasi invisibile, conoscere i suoi metodi è un passaggio fondamentale.

continua…

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