Il presidente Trump dopo aver licenziato (il 9 novembre) il segretario alla Difesa Mark T. Esper con cui era già da mesi in cattivi rapporti, dopo che si era opposto all’idea di Trump di fare intervenire l’esercito per controllare le proteste iniziate dopo la morte di George Floyd, sostituendolo con Miller. Il 18 novembre ha sollevato dall’incarico anche il capo della sicurezza informatica Chris Krebs, direttore della Cybersecurity e Infrastructure Security Agency nonché responsabile della protezione delle elezioni presidenziali, con “un tweet a effetto immediato”, per non essersi ritenuto valido al compito e aver contraddetto sui brogli negandone l’esistenza. La risposta di Krebs, che si è detto “onorato di servire” il Paese, è arrivata sempre via Twitter in un post con l’hashtag #Protect2020.
In questo periodo, oltre che giocare a golf come sottolineano i media mainstream, Donald Trump ha dimesso:
– il segretario alla Difesa, Mark Esper, sostituito da Cristopher Miller;
– il capo di gabinetto, Jen Stewart, sostituito da Kash Patel;
– il direttore della politica della Difesa, James Anderson, sostituito da Anthony Tata;
– il sottosegretario alla Difesa per l’Intelligence e la Sicurezza, Joseph Kernan, sostituito da Ezra Cohen-Watnick;
– l’agente di collegamento con la NATO, Michael Ryan, sostituito da Andrew Winternitz.
QUESTIONE AFGHANISTAN E IRAQ
In Afghanistan che gli Stati Uniti hanno attaccato sotto la scia del terrorismo del 2001, l’esercito statunitense dimezzerà il numero di truppe che ha in Afghanistan entro i prossimi due mesi. Questo è quanto è stato detto martedì da funzionari del Pentagono, mentre il presidente Trump cerca di avvicinarsi al mantenimento della promessa di porre fine alle guerre all’estero nonostante i timori che la decisione possa minare i negoziati con i talebani.
Miller ha detto che i militari eseguiranno gli ordini di Trump in entrambi i paesi entro il 15 gennaio, con un numero di truppe ridotto da circa 5.000 a 2.500 in Afghanistan e da circa 3.000 a 2.500 in Iraq. Le guerre in Iraq e Afghanistan, sottolinea Miller, hanno avuto sulle famiglie dei militari, tra cui 6.900 membri del servizio morti, 52.000 feriti in più e altri che portano cicatrici “visibili e invisibili”, come riporta il Washington Post. Secondo Trump le truppe statunitensi in Afghanistan dovrebbero essere “a casa entro Natale!” in modo da cominciare a mettere in atto il processo di porre fine alla guerra americana di 19 anni, la più lunga nella storia degli Stati Uniti. Ora con questa operazione è stato fatto un passo in più verso l’obiettivo.
La questione è però abbastanza controversa in quanto l’ultimo rapporto del controllo del governo afferma che gli attacchi dei talebani e di altri gruppi antigovernativi sono recentemente aumentati del 50%. Nelle regioni più colpite, i funzionari locali avvertono che se la tempistica del ritiro viene accelerata, le forze governative potrebbero non essere in grado di difendersi. La mossa sembra segnare una via di mezzo tra l’impulso di Trump a rimuovere tutte le truppe americane e le raccomandazioni degli alti funzionari militari statunitensi per mantenere i numeri attuali.
L’accordo tra Stati Uniti e talebani promette il completo ritiro degli Stati Uniti entro la fine di aprile se le sue condizioni, compresi i negoziati talebani con il governo afghano e una riduzione della violenza, saranno state soddisfatte. Biden dal canto suo non si esprime sulla questione sembra aver stabilito un ampio programma straniero nel corso della campagna impaziente di consegnarlo una volta in carica visto che secondo lui delle questioni estere deve occuparsi un Presidente solo, così ha riportato il suo portavoce Zalmay Khalilzad.