Le indagini sulla morte dell’ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, uccisi insieme al loro autista Mustapha Milambo in un agguato nella Repubblica democratica del Congo il 22 febbraio, si macchiano di sangue. Dopo i buchi nelle procedure di sicurezza e i punti di domanda sollevati dal documento dell’Ambasciata italiana – che smentiva la versione del ministero congolese dell’Interno secondo cui né i servizi di sicurezza né le autorità locali sarebbero state a conoscenza della trasferta di Attanasio a Goma e dintorni – dal Congo arriva una nuova notizia che inquieta ancora: il procuratore che indagava sulla morte dell’ambasciatore è stato ucciso.
Secondo padre Filippo Ivardi Ganapini, direttore di Nigrizia, l’omicidio in Repubblica Democratica del Congo dell’ambasciatore italiano, del fuciliere Iacovacci e dell’autista Baguna, avvenuto senza scorta su una jeep del PAM (Programma alimentare mondiale), può essere attribuito a qualcosa di ben più complesso e mirato. Avrebbe a che fare con il controllo del Ruanda su un territorio (congolese) ricco di minerali. Troppo in questo agguato avvenuto sulla strada Goma-Rutshuru, una delle più pericolose del Paese, non torna. Dove è stato ucciso anche il magistrato militare congolese (incaricato di indagare sulla morte di Attanasio) Williams Mulahya Hassan Hussein, e dove continuano i massacri: altri 32 civili uccisi solo la scorsa settimana.
Scrive il missionario: “Fonti ruandesi, verificate nei dettagli e confermate da diversi congolesi contattati, ci invitano a guardare oltre il confine, verso il Ruanda e ci conducono fino ad affermare che l’ambasciatore italiano in RD Congo è stato assassinato nell’operazione Milano” preparato nella guarnigione marittima di Butotori dal colonnello Jean Claude Rusimbi, ex soldato della rivolta guidata da Laurent Nkunda, signore della guerra indagato dal tribunale internazionale per crimini contro l’umanità, oggi uno dei capi dei servizi segreti ruandesi nella regione militare del Nord Kivu.
Il procuratore, riportano i media congolesi Mwilanya Asani William è stato assassinato martedì 2 marzo in un’imboscata a Katale, nel Nord Kivu, mentre faceva ritorno da un vertice sulla sicurezza a Goma. Raggiunto da colpi di arma da fuoco, il maggiore è morto sul colpo. Il convoglio su cui viaggiava percorreva la strada nazionale numero 2, la stessa sulla quale era stato attaccato l’ambasciatore italiano. La missione del Programma alimentare mondiale dell’Onu (Pam) a cui aveva partecipato Attanasio era diretta al villaggio di Rutshuru, territorio di cui era procuratore capo Asani William.
I missionari dicono che Luca Attanasio era un uomo retto insoddisfatto del lavoro diplomatico e che sostenitore di progetti umanitari e di sviluppo legati al mondo missionario e alle organizzazioni umanitarie. Luca non piaceva perché voleva andare a fondo, soprattutto quando si trattava di solidarietà con chi soffre di più. Voleva vedere in prima persona le destinazioni dei fondi degli aiuti umanitari, spesso dirottati per altri scopi da Ong e organizzazioni internazionali e soprattutto era in possesso di informazioni scomode sulle stragi nella regione, scrive padre Filippo.
Le sue visite regolari al Panzi Hospital per incontrare il dottor Mukwege – il premio Nobel per la pace 2018 che ha chiesto l’istituzione di un tribunale penale internazionale per la Repubblica Democratica del Congo – hanno sollevato sospetti ad alti livelli. Il mensile Nigrizia ipotizza che forse Attanasio sia stato ucciso anche per “timore che rilevasse ciò che aveva trovato e visto con i suoi occhi; qualcosa di ombroso che gli chiudeva la bocca come hanno fatto con Mons. Munzihirwa, i sacerdoti canadesi Simard e Pinard e con tanti altri scomodi testimoni del verità “
L’intera regione di Goma, la capitale del Nord Kivu, è infatti illegalmente territorio ruandese. L’attuale presidente Paul Kagame è indicato dai missionari come il braccio lungo sui minerali congolesi, di Stati Uniti, Inghilterra e Canada. Una situazione che facilita lo “scandalo geologico” del Congo e della divisione mineraria.
“Minerali in cambio di kalashnikov: chi vive nella regione sa benissimo come funziona. Più caos, meglio si procede. Quasi 90 multinazionali sono coinvolte nell’estrazione di cobalto, coltan, oro, diamanti, stagno e gas. E ci sono innumerevoli siti informali in cui molti minatori scavano con le mani. C’è anche l’olio da estrarre in questo parco Virunga, noto per gli ultimi esemplari di gorilla di montagna, in cui i ranger corsero a difendere Luca Attanasio dopo aver sentito gli spari ”. Le autorità congolesi hanno subito accusato le FDLR del massacro, ma secondo Nigrizia la pista non sembra quella giusta.
Secondo le fonti dei missionari comboniani, quando Jean Claude Rusimbi, membro del Rwandan Patriotic Front (RPF, il partito-stato che governa il Ruanda), apprese che l’ambasciatore conosceva molte informazioni sui massacri nella Repubblica Democratica del Congo e voleva visitare i siti sospetti (fosse comuni) dove erano state sepolte vittime innocenti, progettò di eliminarlo e mandò il tenente “Didier” vicino a Goma. Secondo quanto riferito, quest’ultimo è arrivato sulla scena domenica 21 febbraio con altri 4 soldati addestrati all’assassinio. Una volta commesso l’omicidio, gli assassini sono tornati a Rubavu in Ruanda via Kanyarucinya per fare rapporto alle autorità competenti. A capo dell’operazione: Paul Kagame, presidente del Rwanda da più di 25 anni nonché deus ex machina che controlla per conto terzi la regione dei Grandi Laghi. La notizia è stata confermata in una nota delle forze armate, nella quale si attribuisce la responsabilità a militari ribelli del 3416 esimo reggimento. Come riporta invece La Repubblica, l’imboscata ai danni del procuratore sarebbe stata tesa da militari «che stavano vessando la popolazione innalzando barricate lungo la strada per razziare i villaggi indisturbati». Nel caso dell’omicidio di Attanasio invece il ministro dell’Interno congolese aveva imputato l’attacco a una milizia hutu, le così dette Forze democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR).