Tra il 3 e il 4 ottobre 2021 i cittadini si sono recati alle urne in circa 1350 comuni. Il vero vincitore di questa tornata amministrativa è stato il crollo dei votanti, un’astensione al 54,69% degli aventi diritto. Dodici milioni di elettori si sono interessati al voto e un pò meno di sei milioni hanno deciso di non votare. Un dato che allarma, visti i tredici punti di distacco rispetto alla più o meno recente tornata del 2019 e gli undici rispetto a quella del 2020. A Torino e Milano è andato a votare soltanto un elettore su due. L’affluenza in questo caso si è fermata sotto al 50 per cento, minimo storico. Dieci anni fa invece a Torino l’affluenza finale era stata del 64%, vent’anni fa addirittura intorno all’80%. Questi i dati principali: a Milano la percentuale dei votanti è del 47,06%, simile lo scenario torinese con il 48,06% e quello napoletano con il 47,19% (più di 6 punti di percentuale in meno del 2016) che hanno visto la partecipazione al voto più bassa di sempre. Anche nella Capitale italiana si è sentito un grosso tonfo di dissenso dei cittadini, infatti solo il 48,83% dei cittadini si è recato alle urne. Tra i capoluoghi di regione soltanto Bologna ha retto lo sconforto generale, con un affluenza comunque bassa, chiudendo al 50%. Dai dati provenienti dalle diverse città in questione, si evince che a votare maggiormente sono i benestanti. Il sociologo Cristopher Cepernich ha infatti spiegato, nel corso della giornata di ieri, come nelle periferie a farla da padrone ci sia principalmente un aspetto delle persone, vale a dire un sentimento di totale sfiducia. Prevale un senso di non rappresentanza nei quartieri più popolari, che si è tradotto nel non voto.
Nonostante il chiaro risentimento popolare che ha comportato l’astensionismo, questi sono stati i risultati: a Milano, Napoli e Bologna hanno vinto al primo turno i candidati del centrosinistra. Sala (57,71%), Manfredi (63,16%) e Lepore (62,00%). Flop totale della Raggi a Roma e ballottaggio tra Michetti (30,44%) e Gualtieri (27,03%). Buono il risultato di Calenda che ha tenuto testa all’ex sindaco. A Torino rimane la sfida al ballottaggio tra Lo Russo (43,67%) e Damilano (38,92%). Vittoria netta del centrodestra nella Regione Calabria con Occhiuto al 54,41%, unico baluardo rimasto a Forza Italia. Le suppletive di Roma e Siena vedono la vittoria del centrosinistra e il ritorno del segretario del PD, Enrico Letta, in parlamento.
Non si può parlare di una vittoria di centrodestra, bensì di un segnale di indebolimento di quest’ultimo dovuto con probabilità alla virata ‘draghiana’ e filo-governativa. Se c’è stata una netta sconfitta, infatti, questa è da attribuire specialmente alla Lega e al leader Matteo Salvini. Sono ben lontani i tempi del 34,26% delle Europee del 2019, dove il Carroccio fece il boom di consensi. Pare che la perdita dell’essenza sovranista dell’ex partito del nord sia costata cara al ‘Capitano’ Salvini e la linea centrista di Giorgetti non appaghi le esigenze dell’elettorato leghista. Nel centrodestra vincitrice solo Giorgia Meloni con FdI. Sorte ben peggiore ha riguardato il Movimento 5 stelle, crollato definitivamente ovunque e a Milano collassato con il 2,7%, superato persino dalla coalizione di Gianluigi Paragone che con il 3% ha conquistato un terzo posto. Lontanissimi i tempi del 32,7% delle politiche del 2018. Seppur nei comuni i grillini non mai avuto particolare presa, a Torino, nonostante venissero dalla giunta Appendino hanno collezionato solo un 9%, esclusi così dal ballottaggio. I 5 stelle hanno rappresentato per anni quel forte malcontento verso la vecchia e tradizionale classe politica, dunque la loro giravolta governativa a sostegno dei classici schemi partitici è costata cara alla creatura di Beppe Grillo. Con molta probabilità costoro rappresentano il vero motivo di astensione totale, in quanto per molti cittadini hanno simboleggiato fino a qualche anno fa l’ultimo appiglio per far fronte alla vecchia partitocrazia contro le disuguaglianze e la casta, salvo rivelarsi oggi una normale forza governativa al fianco della stessa classe dirigente che per anni hanno aspramente criticato. Ecco una delle numerose motivazioni della non partecipazione ai seggi delle fasce più deboli della società. La classe politica italiana sembra non riuscire più a coincidere con le esigenze degli strati più sofferenti della nazione e questa è una constatazione certa. Tra una sinistra che da tempo ha rinunciato alla sua essenza sociale, un centrodestra poco capace di trovare candidati spendibili sui territori e il comune denominatore dell’appoggio al tecnocrate Draghi, si sta creando una de-ideologizzazione della politica, che è sempre più vicina ad una visione elitistica che popolare.
Francesco Mastrobattista per mepiù.it