“In realtà la paura non esiste, esiste solo come momento in cui noi vediamo l’universo sotto forma di un universo diviso. Io sono separato, la vita e la morte sono due cose diverse. Allora è chiaro che io, siccome credo di vivere, ho paura di morire perché, nel morire, ho paura di perdere la mia identità. Ma la vita e la morte non sono due cose diverse, perché la morte non esiste e, quindi, la vita e la morte sono due aspetti di un processo di acquisizione di consapevolezza.” Estratto dall’intervista di Eugenio Miccoli a Corrado Malanga.
Trascrizione dell’estratto :
Quindi, in questo contesto, la paura si vive solo perché io credo di vivere in un mondo duale separato da qualcosa, separato da… non so… ho paura di invecchiare, ho paura che il mio amore mi lasci, ho paura di non riuscire a studiare questa cosa, ho paura di prendere un brutto voto.
– Ho paura che mi chiudano il canale dopo questa intervista.
– Certo! Questo è vedere l’universo, con l’altro, in modo separato e allora, la paura è una misura della separazione dall’altro. Nell’istante in cui io capisco che non c’è nessuna separazione, che noi purtroppo, o per fortuna, noi siamo tutti una cosa sola, Io non posso aver paura di perdere niente perché l’altro che sto credendo di perdere sono sempre io. Io non posso perdere la mia consapevolezza: sono io. E’ impossibile fare questo! La paura nasce dall’idea che io sia separato, che a me manchi qualcosa. Ma l’idea fondamentale, alla fine di tutto questo discorso che è forse la cosa più tremenda, è che noi siamo i creatori del nostro universo! Noi siamo la coscienza, noi siamo quei pezzettini di coscienza primordiale che si sono divisi in tante coscienze più piccole. Noi quindi siamo la creazione: noi creiamo le cose. Non lo sappiamo. Non ce lo ricordiamo. Non ne abbiamo consapevolezza. Ma è giusto che sia così perché, per fare l’esperienza, io mi devo dimenticare chi sono sennò l’esperienza non ha nessun valore. Ammettiamo che io sia il ricco del film americano a New York che vuol fare l’esperienza di essere povero nel Bronx: per una settimana, questa esperienza te la puoi fare, solo se ti dimentichi totalmente che fra una settimana tornerai ad essere ricco. Sennò non la puoi fare quest’esperienza, la vivi in un altro modo. Quindi noi siamo venuti qui a fare l’esperienza della divisione e della inconsapevolezza ma, una volta che cominciamo a comprendere e ci ricordiamo che le tre sfere, le tre parti luminose, le tre essenze (anima, mente, spirito), le abbiamo chiamate così, che hanno tre coscienze separate, si possono riunificare, noi torniamo a essere i creatori dell’universo. In questo contesto noi abbiamo paura di non esserlo, il creatore dell’universo, perché siamo separati. Dov’è la paura dell’alieno?
La paura dell’alieno è una paura superiore la nostra un milione di volte, perché l’alieno, invece di avere tre pezzi (un’anima, una mente, uno spirito), da un punto di vista vettoriale, tutte le componenti, a loro gliene manca una. Vivono questo rapporto di separazione con la parte animica, con questo che è l’universo archetipale femminile direbbe uno psicanalista come Jung o come Hillman, per venire a tempi ancora più moderni: il non riconoscersi totalmente nella parte femminile. Tremenda la paura che questo pezzo, che gli manchi, non gli permetta di comprendere che la morte non esiste neanche per loro. Perché dico questo? Perché mentre la parte animica è sostanzialmente immortale, cioè non ha l’asse del tempo, la parte spirituale e la parte mentale nostra e anche dell’alieno ha comunque una coscienza, che non è immortale ma è eterna.
– Quindi fuori dal tempo.
– Fuori dal tempo! Assolutamente noi tutti, anche l’alieno fa parte di una cosmogonia in cui questo uomo cosmogonico è una cosa sola. Solo che l’alieno non lo sa, non ne ha consapevolezza. Noi non ne abbiamo consapevolezza ma, avendo le tre parti, riusciamo ad avere una coscienza superiore e comprende… superiore vuol dire più allargata… e comprendere cose che l’alieno non può capire. L’alieno ha la tecnologia, l’alieno è nato milioni di anni prima di noi…
– Però secondo quello che mi dice l’alieno queste cose le ha capite.
– L’alieno un conto è capirla, un conto è fare l’esperienza. L’esperienza è una cosa fondamentale perché, attraverso la comprensione, si comprende che le cose stanno in un certo modo. E io ti posso dire, ti racconto che cosa vuol dire aver preso una martellata sul piede ma, per quanto te lo racconti, non ha niente a che fare con “l’ho presa veramente la martellata sul piede”.
– Non sentire il dolore.
– Bisogna sentire il dolore! Allora l’alieno ha compreso questa cosa, ma ha il terrore di morire, ha il terrore di soffrire, ha il terrore di fare l’esperienza della vita. Non vuole farla, non vuole perciò morire e, non volendo morire, si preclude l’esperienza di una eternità: perché solo attraverso l’esperienza della morte capisci che la morte non c’è. L’alieno, quindi, si castra con le proprie mani. Invece di scegliere un percorso di acquisizione di consapevolezza differente, decidendo di morire e quindi di fare il suo percorso, la sua esperienza, ha deciso di prendere la parte animica a noi. Nel mito questo c’è scritto: i demoni vogliono la tua anima. Questo è in tutte le storie del mito del mondo, c’è questo tipo di situazione. E qui va sottolineata una cosa importante: nel mito c’è scritto tutto. Perché nel mito c’è scritto tutto? Il mito non è la storia. La storia è storicistica cioè, a secondo di chi va al governo, ti scrive un libro e ti cambia i parametri della storia. Il mito è un solo fotogramma: un fotogramma quindi aspaziale e atemporale. Un fotogramma che riflette la fisica quantistica: nel mito c’è il passato, il presente, il futuro. C’è già scritto tutto, anche come andrà a finire questa storia. E perché in tutti i miti del mondo, per esempio i miti della creazione, sono tutti uguali? Tutti uguali. Perché noi siamo i creatori dell’universo e noi, del tutto inconsapevolmente quando scriviamo una storia, la proiettiamo fuori questa storia; perché non conosciamo la realtà di questa storia, e solo estroiettandola fuori possiamo avere la possibilità di guardarla da fuori, e di renderci conto che la storia che abbiamo creato, che chiamiamo mito, è quella vera. Quindi nel mito c’è l’idea che noi siamo i creatori dell’universo. Nel mito c’è la fondamentale idea, da Platone in giù ma anche prima di Platone, che gli dèi hanno fatto qualcosa per separarci, per staccarci, per dividerci. Perché l’essere umano, cioè la coscienza totale, era troppo potente, non si poteva manipolare. Capisci cosa vuol dire questo?
Vuol dire che se io ho, oggi come oggi, se tutto questo per un solo istante, per un solo secondo è vero, io comprendo, ricordo, capisco che sono una coscienza fatta di un’anima, una mente, uno spirito, che ci sono divisi per fare l’esperienza della divisione. Ora sai cosa si fa? Si ritorna tutti e tre insieme. Vuoi vedere che sono in grado di tornare quella che era la coscienza che era prima? Però con pieni poteri, avendo acquisito la consapevolezza di chi sono. Sapendo che cos’è la separazione. Questo l’alieno non lo può fare perché il suo percorso di acquisizione di consapevolezza è un percorso differente: non può venire l’alieno e prendermi la mia coscienza, la mia consapevolezza e usarla. Non può rubarmi la mia esperienza. Questo, sostanzialmente, era quello che voleva fare l’alieno. Che poi lo fa stragiandoti la vita, cioè non chiedendoti il permesso, trattandoti come una specie di fattoria, la Terra, in cui noi saremmo delle mucche che gli stiamo dando il buon latte. Perché queste mucche cosa fanno? Gli danno la possibilità di sopravvivere, perché noi, in qualche modo attraverso il nostro materiale biogenetico, facciamo in modo che la loro vita fisica, virtuale continui. In più ci succhiano questa parte dell’energia fondamentale, che è la parte animica di coscienza, dove si prendono l’esperienza della vita nel tentativo disperato di non morire. Mentre è proprio la direzione sbagliata che loro stanno prendendo. Qui si capisce anche una cosa fondamentale: che differenza c’è tra l’alieno che viene e noi. Chi è l’essere più evoluto? L’essere più evoluto siamo noi.