Durante i 55 giorni di prigionia di Aldo Moro accadono episodi assurdi, uno su tutti quello della seduta spiritica che si realizza in provincia di Bologna. Durante tale presunto rituale, a Zappolino, frazione di Valsamoggia, nove professori universitari, cinque donne e quattro uomini, avrebbero invocato, a dispetto di ogni principio cattolico, gli spiriti di don Luigi Sturzo e di Giorgio La Pira (storico sindaco fiorentino), i quali avrebbero rivelato ai presenti che Moro era tenuto prigioniero a Gradoli, paesino vicino a Viterbo, precisamente verso il lago di Bolsena. Una delle tante controversie del caso Moro, un’azione di depistaggio o un qualcosa di più oscuro?
In tutto ciò sono due gli aspetti più strani: il primo è che questi quattro uomini sono poi diventati tutti Ministri della Repubblica: Prodi, Gobbo e Clò per il centro-sinistra e Baldassarre per il centro-destra. Ancor più strano però è il fatto che la Magistratura italiana, nella parte di chi ha ascoltato questi professori, ha creduto alla possibilità del piattino che si fosse mosso grazie alle anime invocate.
La seduta spiritica potrebbe essere un malcelato tentativo di coprire una fonte che non si vuol definire.
In ogni caso il sopralluogo a Gradoli dà esito negativo. Il colpo di scena arriva quando, due settimane dopo, a Roma, viene scoperto l’appartamento di Mario Moretti, fautore della strage di via Fani e carceriere di Aldo Moro. Ebbene, tale abitazione si trova in via Gradoli, sul tragitto che porta a Viterbo. Non si trattava quindi di Gradoli ma di una via con lo stesso nome della località.
Un altro mistero che aleggia intorno a questa via è dato dal fatto che quando la moglie di Moro chiese a Cossiga: “Ma scusa, Francesco, avete visto se sta sulle Pagine Gialle via Gradoli?”. Cossiga, Ministro degli Interni, rispose: “Non c’è”. Rivedendo le Pagine Gialle del 1978, via Gradoli c’era eccome, una strada sulla Cassia, ovviamente molto meno abitata di oggi. Ma non c’era bisogno di andare alle Pagine Gialle, perché in via Gradoli l’UCIGOS, che erano i Servizi segreti dell’epoca, aveva sei appartamenti di proprietà del Ministero degli Interni. Non era dunque un luogo sconosciuto.
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