San Didero (TO), notte tra il 12 e il 13 Aprile, ennesimo presidio No Tav in difesa del territorio dove dovrebbe sorgere l’autoporto dell’autostrada A32 Torino-Bardonecchia. Più di 1000 poliziotti intervengono per sgomberare il presidio e permettere alle ditte incaricate da Telt (azienda che si occupa di realizzare l’opera) di recintare l’intera zona tra l’autostrada e la Statale 25 del Moncenisio.
A riportarlo è il sito Notav.info, da cui si apprende che le forze dell’ordine hanno lanciato lacrimogeni ad altezza d’uomo ferendo alcuni dei manifestanti. Nello scontro è stata gravemente ferita l’attivista Giovanna Saraceno, successivamente ricoverata al Molinette di Torino con, a proprio carico, due emorragie cerebrali e fratture plurime al volto, per le quali sarà sottoposta ad intervento maxillo-facciale.
Secondo il comunicato rilasciato dal movimento No Tav, la Saraceno sarebbe stata colpita in pieno volto da un lacrimogeno lanciato dalla polizia. Secondo la questura di Torino, invece, «si è trattato di trauma da corpo contundente, non provocato da un lacrimogeno».
Una ricostruzione, quella della questura, messa in discussione da due video diffusi in queste ore e riguardanti la giornata di proteste in questione. Nel primo video si vede dettagliatamente un agente di polizia puntare il lancia lacrimogeni e sparare volontariamente ad altezza d’uomo. Nel secondo video, diffuso nelle ultime ore, si può sentire la dichiarazione di un agente ai suoi colleghi: «Sì, gliene ho tirati due in faccia sulla strada».
In sostanza, quella che avrebbe dovuto essere una manifestazione pacifica, diventa un bagno di sangue, cui segue il consueto bagno di notizie strampalate a carico dei media, che affibbiano aggettivi e mal raccontano i fatti.
Quando si parla di Tav e No Tav, non si intende solamente la linea ferroviaria ad alta velocità, ma si parla di persone, a volte con sdegno, a volte con evidenti inganni linguistici volti a suscitare una presa di posizione nel lettore per via di un giudizio indotto, un giudizio superficiale e discriminante, che fa, diciamolo pure, di tutta l’erba il fascio di un “No-Qualcosa”.
Quello NO TAV è palesemente un movimento di protesta, sorto negli anni Novanta e ostinatamente volto a contestare discutibili decisioni calate dall’alto.
Sulla faccenda relativa al Treno ad Alta Velocità, che nel 2030 dovrebbe riuscire a collegare Torino a Lione, è da anni in corso una polemica, tra chi vuole ad ogni costo la realizzazione di quest’opera controversa e chi invece vuole, altrettanto ad ogni costo, ma non con le stesse armi, proteggere il territorio e interrogarsi sull’effettiva utilità di un’opera del genere.
Le principali contestazioni da parte del movimento No Tav fanno leva su due ragioni principali: la prima di ordine economico, l’eccessivo costo necessario a realizzarla (da una previsione di 24,7 miliardi, si è arrivati a ipotizzarne fino a 40); la seconda di ordine ambientale, nelle aree di scavo del tunnel Moncenisio, infatti, sarebbero presenti uranio, radon e amianto, inoltre, deviare corsi d’acqua e intervenire su terreni franosi potrebbe portare a conseguenze negative impreviste col rischio di compromettere pericolosamente la Val di Susa… e tra noi c’è ancora chi si ricorda del Vajont.