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Referendum e regionali: Italia al voto. Eugenio Miccoli intervista Arnaldo Vitangeli.

Per MePiù, Eugenio Miccoli ha chiesto un’opinione sul referendum, e sullo scenario a contorno, a una delle menti più brillanti tra gli intellettuali non allineati al pensiero unico: Arnaldo Vitangeli, Editore della rivista “La Finanza”, scrittore, giornalista e videoblogger sul suo canale #Lafinanzasulweb.

Oggi, in tutta Italia, si vota per il referendum costituzionale indetto per approvare o respingere la legge di revisione costituzionale dal titolo “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari. Si tratta del quarto referendum costituzionale nella storia della Repubblica Italiana.
La riforma ha ottenuto una vastissima maggioranza ma la composizione dei fronti opposti è decisamente variegata. Nonostante questo, il dibattito sul “taglio dei parlamentari” si è acceso solo negli ultimi giorni, spesso senza entrare nel merito della questione e pare appassionare pochi. Ma la partita pare essere molto più grande di una semplice correzione a un paio di articoli della Costituzione.
Eugenio Miccoli ha chiesto un’opinione sul referendum, e sullo scenario a contorno, a una delle menti più brillanti tra gli intellettuali non allineati al pensiero unico: Arnaldo Vitangeli, Editore della rivista “La Finanza”, scrittore, giornalista e videoblogger sul suo canale #Lafinanzasulweb. Qui la trascrizione completa, a cura di Flavia Minorenti, dell’intervista disponibile anche a questo link: https://youtu.be/y3xqvki49D0

  • Arnaldo Vitangeli ben trovato su MePiù.

Grazie è un piacere stare qui con voi.

  • Oggi e domani si vota per il Referendum Costituzionale per decidere il numero dei parlamentari del futuro parlamento. In questo momento il parlamento è composto da circa 1.000 membri, se dovesse passare questa riforma si scende a circa 600 membri. Cosa ne pensi dell’oggetto del Referendum?

Sembra avere una grossa presa sul pubblico, sulla base di informazioni false, sulla base di una deformazione della realtà. In realtà noi abbiamo un numero di parlamentari che è del tutto in linea con quello degli altri paesi, anzi.
Io penso che se tu fermi qualcuno per la strada e gli chiedi qual è il paese con più parlamentari in Europa, ti dirà: l’Italia. Non è l’Italia. Non siamo il primo, non siamo il secondo, non siamo il terzo, siamo il 22° su 27.
In Italia ci sono 1,6 parlamentari ogni centomila abitanti, più in basso di noi c’è la Francia che ne ha 1,4 quindi siamo lì, ma la Francia è una Repubblica Presidenziale quindi gran parte del potere è in capo al Presidente della Repubblica che è eletto a suffragio universale. La Germania ha 0,8 parlamentari ogni centomila abitanti. Ma la Germania è una Federazione, è una Repubblica Federale, una parte del governo della cosa pubblica è in capo ai Land.
Più di noi ce l’hanno, per esempio, la Gran Bretagna: 2,4, e sostanzialmente tutti i paesi: la Finlandia 3,2(il doppio). Su, su, a salire, fino a Malta che ha dieci volte il nostro numero di parlamentari, ogni centomila abitanti. Quindi la questione che i parlamentari in Italia sono troppi è falsa.
La questione del risparmio. Si dice: “noi tagliamo i parlamentari perché in questo modo diminuiamo il costo della politica”. La verità è che il taglio dei parlamentari non porterà un risparmio, si è detto che avrebbe fatto risparmiare mezzo miliardo di euro, ma non è vero. Sono circa 250 milioni di euro a legislatura, ovvero ogni cinque anni, quindi poco più di 50 milioni di euro all’anno, pari allo 0,007 del bilancio dello Stato. Quindi il taglio non porta sostanzialmente nessun beneficio economico. I benefici economici sono veramente marginali.
Lo svantaggio però è che, innanzitutto scendiamo ulteriormente, cioè diventiamo ancora meno rappresentati in una situazione in cui già tra i paesi europei siamo tra i meno rappresentati a livello del parlamento. Ma soprattutto cambia a livello delle varie regioni la possibilità di eleggere deputati e senatori in regioni poco popolose, per esempio: nel Molise, Basilicata e Umbria, il numero di parlamentari eletto sarà bassissimo. In Umbria saranno nove. Tutti i cittadini umbri saranno rappresentati da nove persone.

  • Deputati e senatori o solo senatori?

Deputati e senatori insieme: nove. Ora, come possono nove persone racchiudere per un’intera regione tutte le posizioni politiche, tutti gli interessi delle varie parti sociali, tutte le visioni del mondo? Perché quelli sono i rappresentanti del popolo in Parlamento. Quindi a fronte di meno di un caffè all’anno, a cittadino, che risparmiamo: 80 centesimi, ci troviamo in una situazione in cui c’è ancora meno democrazia, ma la cosa gravissima è che questo viene veicolato all’opinione pubblica come un vantaggio: hai tagliato le poltrone!

  • Sì, viene proposta, in questo momento, questa soluzione come chiave per snellire i lavori parlamentari…

Snellire i lavori parlamentari?!? Noi abbiamo il problema opposto. Nel senso che questa è un’altra idiozia…

  • Per inciso: i nostri padri costituenti, almeno per quello che ne so, hanno pensato ad un sistema “lento” di proposito per far sì che ogni atto normativo potesse essere sottoposto a tutta una serie di esami e di verifiche.

Giustamente soppesato anche in base agli interessi dei vari corpi sociali.
Ma lento in che senso? Noi abbiamo il problema opposto. Abbiamo un’enorme quantità, una selva di leggi, molto spesso in contrasto l’una con l’altra. Per cui il problema non è fare più leggi in maniera più rapida, il problema è fare leggi migliori ed evitare di tornare cento volte sulla stessa questione peggiorando, continuamente, la situazione.
Questa questione dell’”essere veloci”, lo ricorderai benissimo, era il mantra di Renzi sul Referendum, in quel caso fallito, per la riforma renziana della Costituzione. “Dobbiamo correre”, ma correre dove?
Facciamo un esempio: al di là di quello che ognuno può pensare sul conflitto interno che oppone Israele e la Palestina, se c’è un paese che si trova in una situazione in cui l’azione è indispensabile in tempi brevi è Israele.
Israele ha un sistema molto simile a quello dell’Italia dei padri costituenti. Un proporzionale puro in cui ci sono governi che per governare devono mettere insieme le varie forze, le varie componenti della società israeliana, in cui ci sono: gli Haredim che pregano cinquanta volte, hanno le treccine e non possono neanche suonare al campanello di sabato, c’è la ultramoderna Tel Aviv che è paragonabile a una metropoli nord europea e Israele non solo sopravvive, ma prospera con un sistema che a noi dicono non può funzionare perché devi essere rapido.
Le scelte devono essere tolte al dibattito politico, quindi al dibattito democratico e devono essere sempre più portate sul piano tecnico verso cui il parlamento, mortificato, tagliato, ridotto, nominato, deve soltanto essere quello che convalida le decisioni e le scelte portate avanti dai tecnici. Questa è la negazione della Democrazia.

  • Ecco, hai toccato un punto essenziale: questo Parlamento rimarrebbe un Parlamento di nominati, con una soglia di sbarramento, probabilmente anche più alta di quella che abbiamo adesso e senza una legge elettorale chiara, perché in questo momento quella che c’è non è applicabile perché bisognerebbe rifare tutti i collegi e altri correttivi, ma comunque con un parlamento composto da nominati.

C’è una coerenza in tutto questo programma. Oltretutto non è nuovo. Questa proposta di Referendum non nasce con i 5 Stelle, nasce nel 1985 in un documento, che non è di un partito ma è della P2, è di Licio Gelli e tra i vari punti: l’abolizione dell’articolo 18, la riduzione del ruolo dei sindacati, eccetera, si proponeva di ridurre il numero dei parlamentari e dei partiti, portando a un sistema bipolare o bipartitico, centrodestra, centrosinistra progressisti e conservatori, democratici e repubblicani. Due soggetti identici con pochi parlamentari che devono semplicemente schiacciare il bottone per dire sì alle decisioni che vengono prese altrove.
Il fatto che, in un documento di una loggia massonica deviata come era la P2, ci sia a riforma costituzionale che ci vengono a proporre, ci dovrebbe far capire in che direzione stiamo andando. La questione delle nomine dei parlamentari è la stessa cosa.
Parliamoci in maniera chiara: noi siamo persone che sono impegnate in politica, non nel senso di politica attiva, ma nel cambiamento della società. Noi non abbiamo nessuna possibilità di farlo dentro un partito, magari non noi che contiamo poco, ma Diego Fusaro ad esempio, si potrebbe presentare nella Lega, nel PD o nel Movimento 5 Stelle e prendere 350 mila preferenze, vincendo di gran lunga su eventuali altri candidati.

  • Creando una serie di fastidi ai vertici di quei movimenti.

Non solo. Portando in parlamento, forte di 300 mila voti, delle istanze e un rappresentante del popolo. Viceversa con il parlamento di nominati, un qualunque Diego Fusaro, ma vale per chiunque, può andare da Salvini, da Di Maio, da Zingaretti o dalla Bonino, da chi ti pare e dire: “mettimi lista”. Se il leader del partito accetta di metterti in lista, ok. Ma da quel momento tu rispondi a lui, non al popolo, perché tu vai lì perché è lui a volerlo. Non il popolo. E nel momento in cui Di Maio, Zingaretti, Salvini o Meloni dicono: “sì vieni” a quel punto se resti, sarà sempre ed esclusivamente per volontà del leader di turno ma se tu non piaci al popolo non fa niente, perché tanto ti mettono in un collegio bloccato e ti eleggono.
Come tutti quei personaggi che non hanno nessuna presa sulla gente, ma che sono in Parlamento da vent’anni perché vengono nominati, fanno il lavoro che il capo gli chiede e vengono rinominati al giro successivo.
Ma questo è assolutamente opposto al concetto sostanziale della Democrazia in cui il popolo decide il proprio destino e non fa solo un rito vuoto di andare a mettere una crocetta.

  • Cosa ne pensi di questo consenso che si sta radunando intorno al No come “strumento di lotta all’attuale governo”. Partiamo dal presupposto che il 97% del Parlamento ha votato favorevolmente questa riforma costituzionale. Quindi in teoria tutte le forze politiche sono unite intorno al Sì. Invece nella pratica, ci sono molte fazioni della “sinistra”, se possiamo chiamarla “sinistra”. Con uno sforzo di fantasia enorme. Bisogna schematizzare in qualche modo. Da Milano (giornalista), ad esempio, si è dichiarato per il No. Alcuni personaggi del centrodestra, ad esempio Giorgia Meloni, ha fotografato la situazione del centrodestra, come una situazione nella quale si voterebbe tutti per il Sì, se non fosse che la vittoria del No potrebbe creare grossi problemi al governo attuale cambiando gli equilibri.
    Quindi le domande sono due: cosa ne pensi di questa possibilità, se potrebbe incidere sul risultato del referendum? E se, secondo te un eventuale vittoria del No potrebbe effettivamente incidere sulla vita del governo in carica.

Partiamo da quest’ultima domanda: nel caso di un No il governo salterebbe come il tappo di una bottiglia 15 minuti dopo.

  • Ne sei sicuro?

Oddio… il Movimento 5 stelle veramente ci ha abituato all’inverosimile, tale è l’attaccamento alla poltrona che magari sarebbero addirittura… però neppure Renzi ha avuto il coraggio di rimanere al governo dopo il fallimento della riforma costituzionale. Nel caso dei 5 Stelle sarebbe madornale.

  • Però è anche vero che Renzi aveva puntato tutto, compreso la sopravvivenza del suo governo su quel referendum invece a livello comunicativo le forze di governo si sono comportate in maniera molto diversa.

Ma i cinque stelle, nella fattispecie, mettono come unico elemento di continuità con il voto anti-casta, anti-sistema. Anche se non è vero per le ragioni che abbiamo spiegato. L’unico elemento che lui (il Movimento) pone per poter dire io sono ancora il Movimento 5 stelle è: ” vedi sto tagliando le poltrone”. In realtà stanno tagliando la Democrazia. Se gli dicono “no” anche a quello, diventa veramente difficile sostenere il governo, ma anche da parte del PD!
Detto questo non ci dimentichiamo che ci sono le regionali, per cui lì la questione è anche il combinato tra il risultato referendario e il risultato delle regionali.

  • Abbiamo un “combinato disposto” anche questa volta?

Sì abbiamo un “combinato disposto” anche questa volta. Ah ah. Io però ritengo che non si devono mescolare le due cose dal punto di vista dell’elettore, cioè: quando tu sei chiamato a rispondere su una riforma costituzionale non puoi decidere sulla base del governo, perché le regole della partita non si fissano sulla base di chi è in vantaggio in quel momento. Anche perché il momento dopo può cambiare la situazione. Le regole sono una cosa fondamentale. Secondo me è sbagliato anche dire: “io vado a votare No perché così, se vince il No, cade il governo”. Sì è vero, chi vota No, come io voterò No, penso si sia è capito, lo deve fare per tutelare la Democrazia. Non sulla base di questo momentaneo governo che durerà chissà ancora per quanto. Comunque la legislatura sta per finire in ogni caso.
Per quello che riguarda le elezioni, potrebbe esserci comunque una situazione in cui il governo sarà colpito in maniera molto dura dalle urne, cioè nelle regionali il centrosinistra ha perso tutto da Renzi in poi. Se perdesse anche, dico per dire, la Toscana, le Marche… è difficile, soprattutto perché l’alleanza è anomala. Ma non è tanto il destino del governo quello che c’è in ballo ma è qualcosa di molto, molto più importante. C’è il futuro della Democrazia italiana. Questo governo, tra qualche anno, non ci ricorderemo neanche che c’è stato, sarà una delle parentesi “horror” della politica italiana recente, ma una riforma di questo tipo secondo me, pone un problema molto serio per quelle che saranno le successive elezioni e per quello che sarà proprio la possibilità dei cittadini italiani di avere una rappresentanza democratica.

  • Chiuderei su una cosa: ieri sera mi sono imbattuto, sfortunatamente, in una trasmissione di la7 condotta da una certa Lilli Gruber, mi pare che si chiami così, – Vitangeli: non conosco – c’era ospite un editore, si chiama De Benedetti, anche lui dichiaratamente per il no. Secondo te come mai?

Lo sai che me la sono posta anche io la questione. Prima facevi riferimento anche a Da Milano.

  • Ti voglio dire una cosa prima che mi rispondi. Su Da Milano, io ieri sera ho notato, l’ho osservato da Floris in un confronto con Travaglio che invece è per il Sì. Ho notato che c’è un vero e proprio gioco delle parti, probabilmente anche suffragato da delle convinzioni però ieri sera era evidente il gioco delle parti, cioè Da Milano faceva la parte del No, anche in maniera non esageratamente efficace, e Travaglio faceva la stessa cosa però sulla parte opposta. Entrambi in maniera estremamente poco efficace. Questa è una cosa che mi ha fatto un po storcere il naso. Ti devo dire la verità.

Il fatto è che noi non siamo in Democrazia. Noi siamo in una rappresentazione della democrazia.

  • Io lo chiamo “il reality della politica”.

Noi siamo in un reality in cui si fa finta, come in quei reality dove fanno finta di stare, non so, in una fattoria, noi facciamo finta di avere la Democrazia, ma non ce l’abbiamo.
Non ce l’abbiamo perché le decisioni non le prendiamo noi. Perché le persone che vanno in parlamento non le decidiamo noi. Quindi di fatto non incidiamo nelle scelte fondamentali. Quindi probabilmente il fatto di schierarsi per il No o per il Sì è anche funzionale.
La stessa cosa è successa con il referendum di Renzi, dove c’era Bersani che era per il No e la renziana per il Sì. Secondo me anche lo scopo, proprio, di creare questa situazione, un po’ la stessa cosa che avviene con Salvini e con Zingaretti, cioè si crea, si polarizza l’opinione pubblica sulla base molto spesso di contrapposizioni che non esistono. In questo modo il reality del della Democrazia sembra più reale. Esattamente per lo stesso motivo per cui in questi reality la gente strilla, si accapiglia, si lancia le cose contro, si prende a parolacce, eccetera. Nonostante la vita non sia così nella realtà, però devono enfatizzarla per creare attenzione. La stessa cosa avviene in politica, siccome non succede nulla, siccome non cambia nulla, siccome le elezioni non contano nulla, si deve creare un’enorme bolla di tensione emotiva, di modo che c’è chi dice: “sì ho vinto”, chi dice: “no ho perso, mi impegno per vincere la prossima volta” e tutti siamo in questa giostra.

  • Grazie Arnaldo!

Grazie a te.

  • E che il Daje sia con te.

Ah ah, sempre.

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